Bassanini: c'è chi sbaglia ma il partito è onesto

Bassanini: c'è chi sbaglia ma il partito è onesto Bassanini: c'è chi sbaglia ma il partito è onesto QUERCIA E TANGENTE OBOLOGNA NOREVOLE Bassanini, lei che fa parte della direzione pds ha sempre detto che se il partito ha qualche colpa da confessare lo deve fare. Che cosa dice adesso, dopo il caso Stefanini? «Guardi, io ho sempre detto che bisogna dire la verità. Vuol dire che se c'è un fatto scorretto e illegale, noi abbiamo il dovere di dirlo ai giudici. Ma questo non significa confessare ciò che non si è fatto». Che succede? Anche voi parlate di complotto? «Ma nemmeno per sogno. Il sistema di corruzione era questa sorta di cancro che ha infettato anche alcuni esponenti del pds a livello locale, questo è vero, ma non mi pare che allo stato ci siano elementi per fare quella pubblica confessione o ammissione che alcuni ci chiedono, perché questo sarebbe il regalo più grosso a Craxi e Pomicino. Loro dicono: erano tutti così, c'era dentro anche il partito d'opposizione. E puntano a un'assoluzione generale». Qualche tempo fa lei non parlava così. Che cos'è cambiato da allora a oggi? «Senta. Alcuni di noi, Lama, io, e altri, quando cominciarono le inchieste e le voci, qualche mese fa, andammo da Stefanini e gli chiedemmo di fare le indagini opportune, siccome lui era subentrato a Pollini e poteva pure non sapere. Gli chiedemmo di accertare quel che era successo». E lui? «Ci ha fornito risposte chiare e convincenti, almeno per que) che mi riguarda. Ha detto che quel miliardo e 50 milioni sono stati il frutto della vendita di una società nell'ambito di un programma di smobilizzo che il partito sta facendo da tempo, perché diminuendo i voti sono diminuiti i finanziamenti pubblici ed è calato pure il gettito dei parlamentari. Ecco, in quest'ambito è stata venduta questa società. E su questa vicenda, vede, la Parenti scopre l'acqua calda e mi sorprende. Sin dall'inizio Stefanini ha detto: quei soldi mi sono arrivati da Berlino Est tramite la Svizzera e sono il frutto di quella vendita. Se la Parenti è convinta di altre cose deve dirlo chiaro». E i 621 milioni di Greganti, invece? «Stefanini sostiene di aver fatto tutte le verifiche: non sono mai arrivati al pei. A questo punto, possono essere vere varie versioni. E' vera la versione di Greganti, che dice che sono frutto della sua attività di consulenza. Può essere vera la versione di Panzavolta: Balzamo mi ha detto che quella era la quota per il pei e io ho pensato che Greganti fosse il collettore del partito. Il punto è che questi quattrini non sono mai arrivati». E allora? Voi cosa dite? Che è colpa di un giudice? «La Parenti indaga e fa benissimo a farlo. Ha tenuto in prigione Greganti, Brilli. Ma siamo allo stesso punto. Non ha trovato nessun elemento che ha consentito di smentire la veridicità delle due posizioni. E la versione di Panzavolta non è sufficiente a stabilire le responsabilità di Stefanini o di qualcun altro. E poi, è un po' singolare che per tutti i partiti siano emersi casi di corruzione enormi, mentre per il pds, meglio il pei, ci sia solo questa ipotesi». C'è anche l'ultima inchiesta di Di Pietro, sulle tangenti nelle Ferrovie... «Vedremo. Quest'inchiesta è ancora tutta da vedere. Per il momento, l'unico caso di cui si può parlare ha questi dati certi, che non ci sono prove, neppure logiche. Un partito che sta dentro al sistema, invece, è coinvolto in molti episodi». Ci sono, però, i 109 amministratori del vostro partito sotto inchiesta. Non è vero? «Ma lei ha verificato la loro posizione?» Ovviamente no. «C'è qualche suo collega che ha messo in fila tutti gli amministratori del pds con un avviso di garanzia. Così, in quei 109 c'è l'ex sindaco di Grosseto già prosciolto, ce ne sono altri indagati per blocco stradale o per diffamazione». Non vorrà dire adesso che non ce n'è nessuno coinvolto in Tangentopoli? «Ma certo. Mai negato. Quando scoppiò il caso Milano, io scrissi sull'Unità di non nascondersi dietro al meccanismo delle piccole mele marce. Da allora, le cose sono andate evolvendosi. Nella stessa vicenda milanese, alla fine siamo rimasti coinvolti in un solo episodio». Voi siete diversi, non avete nulla da confessare. E' questo che vuole dire? «Io credo che tutti devono ammettere quel che c'è da ammettere. E il pds deve ammettere che qualche esponente locale, anche rilevante, è finito in Tangentopoli. A Milano, Varese, Pavia. Non sono 109, ma molti meno. Però, ce ne sono. E il fatto è grave. Ma non c'è nessuna ragione al mondo per dire che questo partito era in mezzo al meccanismo delle tangenti». Detto questo, era il caso di applaudire Stefanini alla festa dell'Unità di Bologna? «Bisogna inquadrare questa vicenda. Se il caso Greganti fosse cominciato in questi giorni, Stefanini avrebbe fatto meglio a non andare a Bologna e comunque avrebbero fatto meglio a non applaudire. Ma questa storia è sul tappeto da sei mesi, i militanti del pds vogliono che venga smentita da prove. Che non ci sono». Pierangelo Sa pegno «Stefanini mi garantì che il miliardo di Berlino era il frutto di un pagamento regolare E i soldi del signor G non ci riguardano» Il sostituto procuratore Tiziana Parenti titolare dell'inchiesta sulle tangenti rosse sta indagando sulla pista dei finanziamenti al pei provenienti dalla vecchia Ddr A sinistra. Franco Bassanini, della segreteria pds A destra, Marcello Stefanini tesoriere della Quercia