Poker d'assi e Bugno cerca il tris

tè) A2zurri favoriti nel Mondiale di Oslo, ma le gambe non bastano: si deve correre con la testa Poker d'assi, e Bugno cerca il tris Sarebbe il suo 3° trionfo consecutivo Con lui Fondriest, Chiappucci, Argentin OSLO DAL NOSTRO INVIATO Accadono cose strane nello squadrone italiano che oggi a Oslo va alla conquista della maglia iridata. Gianni Bugno, campione del mondo uscente, non sorride, addirittura ride. Claudio Chiappucci, in piena seduta tattica, si rivolge a Moreno Argentin e rispettosamente gli dice: «Tu che sei il più saggio, suggeriscimi il momento della fuga e io, te lo giuro, obbedisco». Fondriest chiede la parola: «Posso? Non desiderò nessun favore, dimenticate che ho vinto da marzo a oggi diciassette volte, sono uno come gli altri». Il et Martini è sul punto di commuoversi, poi è colto da un dubbio: dove cavolo siamo, a una riunione di rudi ciclisti o' a un tè delle cinque organizzato dalle dame della San Vincenzo? Ragazzi, 'un vi sarete mica rammolliti? Quindi, affinché non sussistano equivoci, chiarisce: «Mi fa tanto piacere che invece di mordervi vi accarezziate, sono contento di vedervi sereni e gentili, ma in corsa voglio tredici lupi, voglio che v'arrabbiate da fare spavento, dovete azzannare gli avversari. Perché, mettetevelo in testa: gli avversari sono neri, furibondi, gelosi dei vostri successi. Vi fanno a pezzi se non siete più neri di loro. Dovete convincervi di non aver vinto nulla, d'essere poveri e velenosi. Tu, Fondriest, quanto hai vinto?». «Niente, non ho vinto niente e mi girano le scatole». Interviene Bugno: «Io, cittì non ho vinto niente per davvero, il primo che mi capita sotto l'ammazzo. La maglia che ancora indosso, non uscirà di qui». Martini è soddisfatto. Si comincia. I tredici rappresentanti del più forte ciclismo in linea del mondo (quattro capitani come Bugno, Chiappucci, Fondriest e Argentin non li ha nessuno e nessuno ha un reparto gregari come quello azzurro) seguiranno direttive semplificate al massimo. Nella prima parte della corsa, si osserva. Chi, che cosa? Si osserva come girano le gambe dei rivali. Si osserva il belga Museeuw che ha resistenza e velocità e il percorso sembra disegnato per lui. Se le gambe gli girano bene (inutile fingere, Argentin se ne accorgerebbe subito, è quello che pesca i finti tonti della compagnia), si dà battaglia subito, lo si spolpa, perché ritrovarselo giulivo al fianco negli ultimi chilometri equivarrebbe a buscarle: non c'è azzurro che lo valga allo sprint. Da metà corsa, Museeuw funzionante e no, fuoco nelle caldaie. Chiappucci stia pronto al tuffo, è il prescelto ai lanci lunghi. Bugno e Fondriest, gli azzurri più veloci, si tengano freschi per il finale, è obbligatoria la presenza dell'uno o dell'altro, meglio se di tutt'e due, in un'eventuale pattuglia da sbarco. E se in questa pattuglia ci fosse, invece di Bugno o di Fondriest, Chiappucci? Va bene lo stesso se manca un velocista. Va male se gli capita nei paraggi Museeuw o una qualsivoglia ruota tonante. E Argentin? Consigliere speciale e se, oltre a consigliare, pedala, tanto meglio. Un suo intervento alla conclusione dei 256 chilometri sarebbe molto gradito. Indispensabile la rapida analisi di ogni azione. Dati il numero e la qualità dei rivali, gli azzurri sono tenuti a rispondere in numero e qualità adeguati. In una fuga di serie B entreranno gli azzurri da sfacchinamento; in una fuga di seria A entreranno, a seconda della distanza dal traguardo, Chiappucci, Argentin, Fondriest o Bugno. Le fughe di serie A sono quelle che contemplano la presenza di corridori considerati dagli azzurri ad alto tasso di pericolosità: oltre a Museeuw, il belga Bruyneel, i danesi Skibby e Sorensen, Indurain ad honorem, i francesi Jalabert e Mottet, l'olandese Maassen, il russo Konichev, l'americano Armstrong. La serie B ve la condoniamo, comprende in pratica tutti i partenti. Bella tattica. Le tattiche stabilite a tavolino hanno una cosa di pregevole: vanno sempre a buon fine. I dolori di solito cominciano quando ci si alza e si monta in bicicletta. Ma i nomi sono questi ed è giusto che gli azzurri non battano sin dal via sul tamburo, si trasformerebbero in una carrozza per il nemico. E' giusto che da metà gara assumano il comando: più è ridotto il gruppo all'arrivo e più crescono le loro possibilità di vittoria. E' giusta la teoria delle proporzioni. Esempio: in una fuga a sette ci debbono essere almeno tre italiani. Cassani terrà i contatti corsa-auto ammiraglia, è la voce di papà Martini in campo e dove non arriverà lui, arriverà l'esperienza, il fiuto di papà Argentin. E' un mondiale non facile da vincere, il percorso privo di asprezze favorisce tanti, si offre alla sarabanda, ma gli azzurri hanno i mezzi per farcela: se si arrabbiano come impone Martini e randellano il gruppo riducendolo, al momento dell'affondo, a un esiguo, tenero boccone. La gara di ieri, fallita ma combattuta dai dilettanti italiani, ha confermato la morbidezza del tracciato, è una parola spazzolare il plotone. Martini è sicuro che lo sfoltimento, dai e ridai, ci sarà e Bugno è dello stesso parere (bene: sente aria di tris). Nella squadra manca lo sprinter in grado di suonarle a un Museeuw (dove sei, balneare Cipollini?), ma al et, che fortemente crede in un'ultima ora di fuoco, in un 14° giro per pochi intimi, bastano le doti di Bugno e di Fondriest. Gianni Ranieri tè) A Bugno cerca di entrare nella storia Fondriest, quest'anno già 17 vittorie Chiappucci, il guerriero del club Ital Argentin, regista con spunto vincente

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