Clinton rende la terra al Mississippi di Franco Pantarelli

La gente dovrà trasferirsi, per la prima volta l'America vuol cedere un'area alla natura La gente dovrà trasferirsi, per la prima volta l'America vuol cedere un'area alla natura Clinton rende la terra al Mississippi «Inutile ricostruire le case distrutte dalla piena» DOPO L'ALLUVIONE DEL MIDWEST NEW YORK NOSTRO SERVIZIO SARANNO davvero riparati i danni enormi provocati dall'alluvione nel MidWest americano? Nei giorni tremendi in cui il Mississippi e i suoi affluenti straripavano e sommergevano tutto, e soprattutto nei giorni immediatamente successivi quando si contavano le ferite (70.000 persone rimaste senza casa, milioni di ettari di terra trasformati in paludi, intere cittadine spazzate via, una ricchezza di 12 miliardi di dollari perduta), la parola d'ordine era una sola: ricostruire. Veniva pronunciata come una sorta di rito consolatorio, quasi a riaffermare la volontà di lotta contro la furia degli elementi, ed anche come una specie di abitudine mentale: che altro si può fare, di fronte al disastro, se non rimboccarsi le maniche e ricostruire? E il problema da discutere, semmai, era l'entità del contributo del governo federale, la partecipazione dei singoli Stati, la funzionalità delle leggi esistenti sulle emergenze nazionali e così via. Ma adesso, a mente fredda e soprattutto al momento di fare i conti veri sui costi che l'opera di ricostruzione comporterebbe, si sta facendo strada l'idea di cambiare completamente rotta e di restituire alle zone alluvionate la loro natura di «wetlands», cioè terre destinate a vivere in uno stato semipaludoso. Invece di continuare a contendere alle forze della natura quelle terre, si sta considerando l'idea di lasciargliele, senza «interferenze». Una decisione vera non è stata ancora presa, i molti prò e gli altrettanti contro sono attualmente al vaglio delle varie agenzie governative competenti e vengono discussi nelle tese assemblee che si tengono nelle città che più sono state colpite dall'alluvione: l'altro giorno ne ha parlato a Des Moines, nell'Iowa, il segretario all'Agricoltura Mike Espy, lunedì se ne parlerà a Saint Louis. Ma intanto, il fatto stesso che quest'idea sia stata presa in considerazione ha suscitato entusiasmo fra gli ambientalisti. «Tradizionalmente dice Scott Faber, direttore dell'associazione American Rivers nel recupero dai disastri naturali c'è la tendenza a ripristinare la situazione esistente prima. L'amministrazione Clinton ha invece compiuto un primo passo verso il riconoscimento del fatto che il basarsi sulla pura ingegne- ria può perfino peggiorare le cose. Credo che lo si possa definire un cambiamento rivoluzionario». Il termine «rivoluzione» aleggia parecchio, nelle discussioni. Ma in che consisterebbe? In sostanza, il governo dovrebbe acquistare in blocco inte- re cittadine e affittare per i classici 99 anni grosse parti delle fattorie danneggiate, e abbandonarle al loro destino, nel senso che non dovrebbe ricostruire tutte le dighe e gli argini distrutti dall'alluvione. Questo vorrebbe dire che se e quando quelle zone saranno di nuovo inondate, o quando saranno inaridite dalla siccità, cosa che accade anch'essa ciclicamente, nessuno sarà costretto ad abbandonare la propria casa e nessuno avrà subito danni economici, per il semplice fatto che le zone saranno deser- te. I proprietari delle case e delle terre, con i soldi ottenuti dal governo, saranno andati a «rifarsi una vita» altrove, in zone più sicure. Questo naturalmente non riguarderebbe le città importanti, come appunto Des Moines o Saint Louis, dove la ricostruzione degli argini e delle dighe è già cominciata, ma delle zone molto vaste del Mid-West, che nel giro di qualche anno, dopo che ai fiumi sarà stato consentito di riprendere il loro corso spontaneo, quasi come accadeva secoli fa, si saranno trasformate in immensi parchi naturali. L'idea per il momento ò a livello di dibattito, si diceva, ma il fatto stesso che questo dibattito ci sia, dicono i suoi sostenitori, è indicativo di quanto la «vecchia politica» del porsi come «antagonisti della natura» non costituisca più una certezza assiomatica. La vista delle città sepolte dall'acqua, gli 800 argini su 1400 che sono stati scavalcati, spazzati via o sfondati hanno incrinato parecchio il senso di sicurezza che da essi le popolazioni del luogo ricevevano. Lo spazio per «ripensare tutto» si è creato ed è il momento di rivedere l'intera storia di quelle terre. Nel corso di questo secolo, è stato calcolato, per mettere in gabbia i fiumi del Mid-West sono stati spesi 25 miliardi di dollari. Una spesa enorme che oltretutto non teneva conto dell'effetto secondario, e cioè che proprio perché ingabbiate le acque finivano per acquistare sempre più forza man mano che scendevano a valle, e che quindi gli argini successivi dovevano essere sempre più forti e arditi di quelli precedenti, in una spirale che con l'alluvione di aprile, la più grave nella storia degli Stati Uniti, ha raggiunto drammaticamente il punto di rottura. Naturalmente c'è chi contesta. Grazie agli argini e alle dighe, dice un altro calcolo, sono stati evitati danni per almeno 250 miliardi, quindi per ogni dollaro speso se ne sono guadagnati 10, un ottimo investimento. E poi il Genio militare dice che quelli che hanno ceduto sono stati in gran parte gli argini costruiti e gestiti dai consorzi privati o dalle autorità locali. Dei 275 «curati» direttamente dal Genio, solo 31 sono stati scavalcati, 8 sono stati erosi e 3 sono stati sfondati. Se si deciderà di affidarli tutti a noi, è il sottinteso, le cose andranno molto meglio. Franco Pantarelli I terribili giorni dell'inondazione: siamo alla confluenza del Mississippi con l'Illinois [foto reuterj

Persone citate: Clinton, Mike Espy, Rivers, Scott Faber

Luoghi citati: America, Des Moines, Illinois, Iowa, New York, Stati Uniti