Un museo dell'Olocausto, antidoto al razzismo

Un museo dell'Olocausto, antidoto al razzismo «Dobbiamo documentare i nostri crimini, è un debito ancora aperto nei confronti delle vittime» Un museo dell'Olocausto, antidoto al razzismo Appello al governo di Bonn da intellettuali e politici tedeschi BONN NOSTRO SERVIZIO Numerose personalità del mondo della cultura tedesca, hanno lanciato un appello al governo di Bonn per l'istituzione di un Museo dell'Olocausto in Germania, come segnale contro la violenza neonazista. Lo scrittore Guenter Grass ha commentato, «è una vergogna che una simile iniziativa riesca a prendere forma solo ora, dopo numerosi e inutil dibattiti su vari memoriali». In Germania non esite infatti un luogo centrale di commemorazione e di ricerca sull'Olocausto. Negli Stati Uniti in aprile è stato inaugurato il 60° «Holocaust Museum». «Cinquantanni dopo la liberazione della Germania e dell'Europa dal terrore nazista - si legge nell'appello - è arrivato il momento di documentare l'inconcepibile». E' un «debito ancora aperto» della Repubblica Federale nei confronti delle vittime dell'Olocausto, soprattutto gli ebrei, ma anche i Sinti e i Rom, i perseguitati politici, gli omosessuali e le vittime dell'eutanasia. Bonn deve «riconoscere questi crimini orribili» e allo stesso tempo porre un monito di fronte alla crescente violenza razzista in Germania. Hanno firmato in molti. Gli scrittori Christa Wolf, Christoph Hein, Volker Braun, Johannes Mario Simmel, il giornalista Guenter Wallraff, la regista Margarethe von Trotta, i politici socialdemocratici Bjorn Engholm e Wolfgang Thierse, e altre personalità famose in Germania, teologi, attori, musicisti, Kurt Bachmann e Jurek Becker, superstiti dell'Olocausto. Mentre giorno dopo giorno «si moltiplicano gli attacchi ai concittadini stranieri», scrivono, si nota sul lato ideologico «un'inaccettabile offensiva per relativizzare i crimini nazisti». Sempre più numerosi sono i tentativi da parte dell'estrema destra di infondere dubbi ai giovani, adducendo prove pseudoscientifiche. A Washington nell'aprile scorso venne aperto l'«Holocaust Memorial Museum». Un brutto ricordo per il governo di Bonn. Inutilmente i tedeschi avevano cercato (anche in cambio di cospicui finanziamenti) di aggiungere al susseguirsi degli orrori, una sezione finale in cui si parlasse della democratica Repubblica Federale tedesca di oggi. I curatori avevano rifiutato. Come commentava il «Washington Post», per i tedeschi «il rifiuto di mitigare le immagini dei campi di concentramento con un'immagine della Germania democratica era stato considerato uno schiaffo ad un alleato fedele». All'inaugurazione sia il Cancelliere che il Presidente della Repubblica tedesca avevano brillato per la loro assenza. L'ingrato compito di rappresen¬ tare la Germania toccò al neoministro degli Esteri (e viceCancelliere), Klaus Kinkel, che con la testa affossata nel bavero dell'impermeabile era riuscito a passare più o meno inosservato. Persino Henryk M. Broder giornalista impegnato da decenni nella denuncia dei nuovi e vecchi nazisti in Germania aveva criticato sullo «Spiegel», l'Olocausto come «business». Negli Stati Uniti, scrive Broder, «si contano sull'Olocausto 20 musei locali, 75 centri di ricerca, 34 archivi, 12 monumenti, 5 librerie e tre riviste. Ma gli americani hanno tre scheletri nell'armadio: un milione di morti in Vietnam (di cui 58.000 americani), il genocidio degli indiani e la schiavitù dei neri». Il Museo tedesco, avevano proposto inizialmente i firmatari, dovrebbe essere situato a Weimar, città che simbolicamente ricorda il meglio e il peggio di quanto abbia dato la Ger¬ mania: Schiller, Goethe, la Repubblica di Weimar, il campo di concentramento di Buchenwald. Ultimamente però si sono moltiplicate le voci a favore di Berlino. Secondo il socialdemocratico Guenter Verheugen, il Museo deve «cercare la vicinanza con i governi passati e presenti», idealmente nel pieno centro del futuro quartiere governativo che nascerà a Berlino. Secondo Verheugen non solo l'estremismo di destra, ma anche l'attuale ricerca di un nuovo ruolo in politica estera da parte della Germania sono un motivo per «confrontarsi anche con i capitoli più oscuri della storia». Bisognerà attendere per vedere se l'appello troverà ascolto a Bonn. Ha scritto Simon Wiesenthal: «Chi o quale istituzione informerà le generazioni a venire quando sarà morto l'ultimo sopravvissuto?». Francesca Predazzi Firmato da Grass von Trotta, Wallraff Sede proposta Weimar o Berlino Il cancelliere tedesco Kohl L'appello di intellettuali e politici per la creazione di un museo dell'Olocausto in Germania gli creerà non poco imbarazzo dopo le polemiche con gli Usa sul «Memorial» di Washington GERMANIA