Bosnia serbi e croati dicono «sì» alla pace

«No» dei musulmani: ma trattiamo «No» dei musulmani: ma trattiamo Bosnia, serbi e croati dicono «sì» alla pace A Mostar riparte il convoglio Onu ma i Caschi blu restano in ostaggio ZAGABRIA NOSTRO SERVIZIO Due sì e un no possibilista danno al piano di pace in Bosnia una prospettiva meno drammatica. I primi a dire sì al piano di pace di Ginevra sono stati i croati bosniaci. Riuniti a Grude, in Erzegovina, dove hanno ufficialmente proclamato la costituzione della Repubblica croata dell'Erzeg-Bosnia che farà parte della futura unione delle Repubbliche bosniache, i rappresentanti di tutte le regioni croate della Bosnia si sono dichiarati pronti ad accettare l'accordo di Ginevra. «La parte croata accetta il pacchetto completo proposto nelle trattative di Ginevra, comprese le mappe geografiche, ma questa volta saremo i terzi a firmare», ha detto il leader croato Mate Boban, spiegando che il documento prima dovrà essere sottoscritto da serbi e musulmani. «Il popolo croato dell'Erzeg-Bosnia accetta il pacchetto completo perché vuole una pace definitiva, anche se le mappe proposte sono fatte a suo danno e se per i croati non sono stati rispettati gli stessi criteri usati per gli altri due popoli», ha detto Boban che ha annunciato che a Ginevra la delegazione croata chiederà delle correzioni delle mappe geografiche che riguardano la regione della Posavina, la Bosnia centrale e la città di Mostar, capitale della Repubblica croata dell'Erzeg-Bosnia. Ieri a Grude i croati bosniaci hanno costituito il loro Parlamento e hanno nominato Boban Presidente provvisorio della Repubblica. Un no (che però è stato accompagnato a un invito a riprendere la trattativa) al piano di Ginevra è arrivato dai parlamentari bosniaci riuniti a Sarajevo. Si tratta in realtà dei rappresentanti del popolo musulmano, membri dell'ex Parlamento della Repubblica. Malgrado le numerose critiche al piano di Ginevra la volontà di proseguire con le trattative per fermare la guerra è stata espressa dalla maggioranza dei presenti. Ma i musulmani non sono pronti ad accettare le mappe geografiche proposte da Lord Owen e Thorvald Stoltenberg. Oltre al problema della Bosnia orientale e delle enclavi musulmane assediate dai serbi, reclamano uno sbocco sul mare per la loro futura Repubblica. Anche i serbi della Bosnia, come i croati, hanno votato il loro sì alla pace. La riunione del loro Parlamento a Pale, interrotta venerdì a mezzanotte su richiesta del capo Radovan Karadzic è ripresa ieri a porte chiuse. Karadzic ha rimproverato i suoi uomini di «spaccare il capello in due per quanto riguarda le regioni che i serbi dovrebbero restituire, mentre stanno per avere un loro Stato». E ha ottenuto un sì. Intanto a Mostar i musulmani hanno rilasciato il personale civile dell'Alto commissariato per i profughi e i 19 camion del convoglio umanitario bloccato da giovedì. Ma hanno trattenuto «in ostaggio» i caschi blu spagnoli e le autoblindo militari che scortavano i soccorsi. Nella parte musulmana della città è rimasto bloccato anche Cedric Thornberry, direttore del settore civile delle forze di pace dell'Onu nella ex Jugoslavia, che ha voluto essere di persona al capo del convoglio umanitario destinato ai musulmani di Mostar. Dopo mesi di interruzione tre convogli dell'Alto commissariato per i profughi sono partiti ieri verso le enclavi croate assediate dai musulmani in Bosnia centrale. I soccorsi arriveranno a Vares, Busovaca e all'ospedale di Nova Bila, vicino a Travnik, dove 160 feriti gravi aspettano di essere evacuati. Arrivato nel Kosovo per accertarsi delle violazioni dei diritti umani degli albanesi da parte dei serbi, il senatore americano Kaverdel è stato arrestato ieri dalla polizia serba a Kosovska Mitrovica. Kaverdel è stato rilasciato poche ore dopo. Ingrid Badurina

Persone citate: Cedric Thornberry, Ingrid Badurina, Karadzic, Lord Owen, Mate Boban, Radovan Karadzic, Thorvald Stoltenberg