«Ecco come uscire da Tangentopoli»

«Ecco come uscire da Tangentopoli» «Solo sanzioni amministrative a chi ha commesso reati finanziari e rende dettagliata confessione» «Ecco come uscire da Tangentopoli» Il fiscalista propone un «condóno condizionato» QUEI NODI DELL'INCHIESTA INFINITA Icittadini onesti ritengono che siano da condannare penalmente quanti hanno infranto le regole dettate per il finanziamento dei partiti. E ciò anche per il convincimento che sotto l'etichetta «partito» stavano spesso sporchi interessi personali. Purtroppo molti sono stati i cattivi esempi: proprio un martire della democrazia, coinvolto con i traffici petroliferi, aveva destinato somme «politiche» per l'acquisto di aziende agricole e per la costituzione di fondi all'estero. La legge 1979, n. 135 commina «per chiunque corrisponde o riceve» finanziamenti o contributi sotto qualsiasi forma in violazione alle norme dettate dalla stessa legge «la reclusione da sei mesi a quattro anni» e la «multa fino al triplo delle somme versate in violazione della presente legge». Da notare che la sanzione è prevista quando i finanziamenti o contributi sono destinati «a partiti o loro articolazioni politico organizzative o gruppi parlamentari» ed è facile prevedere che nei processi sorgeranno molte contestazioni quando i destinatari siano coloro che non rientrano specificatamente fra i raggruppamenti previsti dalla legge. Si dovranno così individuare altre ipotesi di reato specialmente quando i singoli politici, i loro «portaborse» o faccendieri abbiano ricevuto somme non pervenute - sia pure per una «distrazione» - ai raggruppamenti. Da più parti, compresi i magistrati che tanto si sono impegnati nell'inchiesta «Mani Pulite», sono invocate soluzioni anche attraverso modifiche legislative, purché non si compia un «colpo di spugna» sul passato. Anche se è comprensibile l'auspicio espresso dai più di vedere concretamente applicate le sanzioni previste dalla legge, ci troviamo ad affrontare una serie di ostacoli per negare l'opportunità di modifiche (ed evitare quindi il rischio che tutto finisca, more italico, nel nulla) 1°. La vastità del fenomeno delinquenziale, il che talvolta ricordo i reati annonari, quelli valutari e quelli fiscali - ha già indotto il legislatore a misure attenuate rispetto a quelle edittali. Secondo notizie di stampa gli inquisiti sono circa 200 parlamen- tari e 2000 amministratori locali, ai quali vanno aggiunti (con un coefficiente di almeno tre volte) imprenditori, «portaborse» e faccendieri. Quindi allo stato attuale i coinvolti sono oltre sei mila. E le indagini non sono finite. 2°. Alcune procure, ad incominciare da quella di Milano, sono state molto attive; altre sembrano dormienti ed altre ancora assenti: il rischio è che si determinino gravi ingiustizie a seconda della giurisdizione nella quale ha operato l'incriminato. 3°. Come può l'autorità giudiziaria, che notoriamente non è in grado di svolgere la sua attività ordinaria, affrontare anche i gravosi compiti derivanti da «Tangentopoli», e tutto entro il termine di prescrizione? E allora che fare? Taluno ha prospettato una soluzione «fiscale» e cioè introdurre la espressa previsione della tassabilità dei proventi illeciti fra cui le «tangenti». Forse tale integrazione non è necessaria giacché di recente la Cassazione ha aperto una breccia alla tesi della tassazione e più precisamente qualora la confisca non sia stata effettuata. Sono fiducioso che tale proposta (che equivale a un «colpo di spugna») non sia portata avanti.A parte l'ingiustizia di lasciar beneficiare gli «intrallazzatori» della differenza fra quanto percepito e quanto dovessero versare all'Erario (grosso modo il 50%) l'Amministrazione finanziaria non avrebbe la capacità ed i mezzi per procedere agli accertamenti. Ben altra portata ha invece il disegno di legge proposto dal ministro Conso che si inserisce in una precedente proposta di revisione del «pattegiamento» con l'inclusione dei reati punibili con la reclusione sino a quattro anni (e quindi vi rientrerebbero i reati connessi con «Tangentopoli») e con il beneficio del dimezzamento della pena a favore di chiunque «si adopera per aiutare concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti ovvero per la individuazione e la cattura degli autori dei reati ovvero per la individuazione delle cose che costituiscono il prezzo dei reati o che ne sono il profitto o il prodotto». Con il «patteggiamento» si può ottenere la riduzione della pena detentiva e di quella pecuniaria «fino ad un terzo». Mi sembra che questa proposta conceda a chi ha concorso a determinare la rovina, sotto ogni profilo, del Paese, mentre il lavoro della magistratura sarebbe ben poco alleviato. Mi permetto di riproporre la proposta che avanzai quando si intrawide la vastità del fenomeno criminoso, incoraggiato poi da un riferimento del procuratore dott. Colombo, con l'introduzione di una sorta di condono condizionato, e cioè: a) prevedere che quanti hanno commesso reati connessi a finanziamenti in violazione della legge 1974, n. 135, entro un determinato termine facciano dettagliata, circostanziata confessione alla procura della Repubblica; b) in questo modo le sanzioni penali sarebbero convertite in sanzioni amministrative con interdizione per un certo periodo dall'accesso a cariche politiche elettive nazionali e locali, da pubblici uffici nonché da cariche in organi societari. Se la confessione è omessa, incompleta o falsa, restano applicabili le norme penali vigenti. Per la riscossione delle sanzioni dovrebbero essere prontamente adottate misure cautelari. Così, attraverso una «mappa dei misfatti», accessibile via computer alle procure, sarebbe notevolmente agevolato il compito di individuazione dei colpevoli, sgravato l'impegno dei magistrati più solerti, sollecitato quello dei magistrati meno solerti, e riattivati settori di lavoro oggi paralizzati dalle inchieste. Non è una soluzione ottimale, ma potrebbe contribuire a superare la situazione di stallo attuale. Victor Uckmar Una scritta inneggiante a Di Pietro Il ministro Conso propone una revisione del cosiddetto patteggiamento

Persone citate: Conso, Di Pietro, Victor Uckmar

Luoghi citati: Milano, Tangentopoli