Il trionfo delle schiave

Aperta un'inchiesta sulla prostituzione forzata delle donne nei Paesi occupati dai giapponesi Aperta un'inchiesta sulla prostituzione forzata delle donne nei Paesi occupati dai giapponesi Il trionfo delle schiave Bordelli di guerra, Onu contro Tokyo LE ATROCITÀ' DIMENTICATE Amezzo secolo di distanza e dopo che solo recentemente lo stesso governo giapponese ha dovuto ammettere le proprie responsabilità, anche le Nazioni Unite si sono mosse per un'inchiesta su uno degli aspetti meno noti delle brutalità nipponiche durante la guerra: le forzate del sesso, cioè le donne rastrellate nei paesi invasi e messe al sesso forzato nei bordelli speciali per i militari del Sol Levante. Il comitato Onu per i diritti umani basato a Ginevra ha costituito una commissione d'inchiesta capeggiata da una donna, Linda Chavez, la quale dovrà accertare e ricostruire i fatti, presentando un rapporto con le «raccomandazioni». L'iniziativa Onu giunge mentre una pioggia di richieste di risarcimenti sta cadendo su Tokyo da vari paesi asiatici dopo le solenni ammissioni da parte del nuovo premier Morihiro Hosokawa sulle responsabilità nelle aggressioni militari e sulle brutalità delle armate nipponiche nelle zone occupate. Il Giappone dovrebbe sborsare circa mille miliardi di yen, pari a oltre 15 mila miliardi di lire. A muoversi non sono gli Stati in quanto tali, ma le vittime sopravvissute: decine di migliaia di donne in Corea, Cina, Malesia, Hong Kong, Filippine. Eufemisticamente chiamate «donne di conforto» in giapponese, in realtà schiave del sesso: rastrellate per ordine dei comandi imperiali del Sol Levante nei campi e nelle città di mezza Asia e messe al sesso forzato nei bordelli riservati alle truppe, organizzati dallo Stato Maggiore in tutte le re¬ gioni occupate, dalla Manciuria all'Equatore. Alle giovani asiatiche furono affiancate anche molte europee, specialmente olandesi, dopo l'occupazione dell'Indonesia, allora colonia dell'Olanda. Su questa pagina poco nota degli orrori della guerra in Asia di cui si è parlato solo negli ultimi anni, si è infine mossa adesso anche l'Onu. E' la prima volta che il Giappone è oggetto di un'inchiesta relativa a diritti umani. Il delegato di Tokyo si è vanamente opposto, dicendo che gli eventi sono accaduti prima che si costituissero le Nazioni Unite, e che la questione degli indennizzi è chiusa: il Giappone ha infatti risarcito i danni di guerra a tutti gli Stati interessati, salvo la Corea del Nord, con la quale solo due anni fa sono stati avviati contatti non ufficiali. In realtà gli indennizzi non vengono chiesti dagli Stati, ma dalle vittime che fino a ieri per comprensibili ragioni avevano taciuto o rimosso le loro tragedie. La loro storia è quella di una violenza burocratica e fisica su larga scala, pianificata e organizzata con nippponica meticolosità dagli alti comandi, che mandavano in giro reparti speciali, cacciatori di bellezze, a far rastrellamenti. Un olocausto morale per circa 200 mila giovani di vari paesi, secondo gli storici. Condannate al bordello forzato per conforto e sollazzo degli invasori. La questione è rimasta sepolta per decenni, con l'involontario favore del silenzio delle vittime. Solo negli ultimi anni si è cominciato a parlarne in Corea del Sud e altrove, col sostegno di alcuni isolati stori¬ ci giapponesi. Molte sopravvissute, superando l'imbarazzo e il senso di vergogna, si sono fatte avanti, hanno costituito comitati e associazioni, e se ne è parlato sia pur con cautela anche sulla stampa giapponese. Tokyo ha prima cercato di ignorare il problema, poi ha minimizzato: se si erano avuti dei casi le responsabilità erano solo individuali o al più dei comandi locali. Infine, negli ultimi giorni di governo, ai primi del luglio scorso, l'ultimo premier liberaldemocratico, Miyazawa, ha riconosciuto i fatti, esprimendo rammarico: non si trattava di casi isolati, ma di un intero sistema di organizzazione di bordelli da parte delle forze armate. Il nuovo premier Hosokawa, alla testa di una eterogenea coalizione di neo-conservatori, paleo-sinistri, neo nazionalisti, è andato più in là: pur senza parlare delle donne, per la prima volta da oltre mezzo secolo ha riconosciuto le responsabilità nelle «aggressioni». Lo ha fatto in dichiarazioni e solennemente alla Dieta il 21 agosto, certo di non poter essere accusato di mancanza di patriottismo: suo nonno materno è il principe Inoue, due volte capo del governo prima della guerra, tra gli artefici del militarismo. (Inoue, per inciso, fu beffato dalla spia Sorge, che aveva un informatore nel suo entourage). Delle donne ha parlato il ministro degli Esteri, Tsutomu Hata, il quale, escludendo indennizzi agli Stati, ha precisato che la questione sarà trattata come «uno speciale caso umanitario». Secondo indiscrezioni, il governo si preparerebbe a stanziare appunto mille miliardi di yen. Fernando Mazzetti Ora che la vicenda è venuta alla luce le oltre 200 mila vittime chiedono risarcimenti per 15 mila miliardi A destra, truppe giapponesi durante l'ultima guerra A sinistra, il premier di Tokyo Morihiro Hosokawa

Persone citate: Delle, Fernando Mazzetti, Hosokawa, Inoue, Linda Chavez, Miyazawa, Morihiro Hosokawa, Tsutomu Hata