«Noi mafiosi? Solo per Hollywood»

Gli italo-americani replicano all'ideologo leghista: basta con lo stereotipo del picciotto Gli italo-americani replicano all'ideologo leghista: basta con lo stereotipo del picciotto «Noi mafiosi? Solo per Hollywood» E da New York minacce di querela LA LEGA IN AMERflCA WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Cosa vuole che le dica? Pubblichi una risata». Donna De Santis, gentile signora che ha in cura l'ufficio della Niaf di Washington, trova semplicemente ridicola l'affermazione di Gianfranco Miglio a proposito del fatto che «gli italiani d'America sono quasi tutti meridionali e per il 50-60% i loro sono voti mafiosi». In fondo la Niaf (National Italian American Foundation) è un'istituzione apolitica che ha come unico scopo quello di promuovere l'immagine degli italo-americani, ripulendola proprio dal «cliché» dell'italianopicciotto. Ma ieri sera da New York il Consiglio generale degli italiani all'estero ha minacciato di querelare l'ideologo della Lega Gianfranco Miglio. Ken Friedman, portavoce di Rudolfh Giuliani, dice seccamente che il candidato alla carica di sindaco di New York «non è disponile» per commentare queste cose. Giuliani ha bisogno dei voti degli italo-americani delle Grande Mela e non intende certo infilarsi in dibattiti di questo tipo. Imbarazzato sbigottimento anche da parte dell'ufficio-stampa del governatore di New York Mario Cuomo, dove la signora Cecily Bailey declina cortesemente l'invito. Nessuno dei 30 parlamentari americani di origini italiane manifesta l'intenzione di commentare. Del resto, quando si parla di italo-americani, bisogna avere un'idea di cosa si tratta. Gran parte di loro sono negli Stati Uniti da tre o quattro generazioni. Si contano sulle dita quelli che capiscono una parola di italiano, tranne quelle lette sui menu dei ristoranti che servono «linguini» e «fettuccini» (con la 'i') come contorno per le bistecche. Quasi nessuno sa niente della politica italiana e se si chiede loro chi sia Bossi potrebbero tranquillamente rispondere che si tratta di un centrattacco o di un cantante d'opera. I cosiddetti italo-americani sono circa 23 milioni. Ma, secondo stime dell'ambasciata italiana a Washington, il numero di persone che posseggono un passaporto italiano negli Usa sono circa 200 mila, comprendenti coloro che vi si trovano occasionalmente per lavoro e non possono essere considerati degli emigrati. «Pochissimi di noi hanno anche il passaporto italiano - spiega la signora De Santis - e quasi nessuno intende procurarselo. Il doppio passaporto lo hanno solo quelli che sono arrivati negli Usa dopo gli An- ni 60». Questo significa che, quando il professor Miglio parla dei «voti mafiosi» degli italo-americani, parla in ogni caso di un pugno di mosche, anche ammesso che tutti i 200 mila andassero a votare sulla base della nuova legge, il che è improbabile. E sul merito delle affermazioni dell'ideologo della Lega? Gay Talese, famoso scrittore e giornalista di orgini italiane, la vede così: «Ha per metà ragione e per metà torto. E' vero che tre quarti degli italo-americani vengono dal Sud, come prodotto del declino del Regno delle Due Sicilie. E' vero anche che dentro il regno c'era e prosperava la mafia e quindi una sua parte è arrivata qui. Ma ormai la "mafia mentalility" degli italo-americani esiste solo a Hollywood, che per ragioni di spettacolo ha bisogno del cowboy me- tropolitano, con la limousine al posto del cavallo. Tra gli italoamericani c'è sicuramente un 5% di disonesti, ma si tratta ormai di un fenomeno americano di gente che ha ben poco a che fare con l'Italia e il suo sistema politico». Ma gli americani come vedono gli italiani? «Quali americani? I neri, gli ebrei, i portoricani, gli irlandesi, i coreani? Per la società multi-etnica americana, gli "italiani" oggi sono Robert De Niro, Al Pacino, Martin Scorsese, Mario Cuomo. Non pensano alla mafia, perché la mafia è in declino e da decenni non produce più superstar come Al Capone, Lucky Luciano, Vito Genovese o Frank Costello. Una superstar c'è ancora, a dire il vero, ed è John Gotti, ma è cretino e si è rovinato». Paolo Passarmi «Per noi i modelli positivi sono De Niro e Cuomo» In alto il senatore leghista Gianfranco Miglio A sinistra Alessandra Mussolini (msi)