Bologna, la festa dell'Unità ferita di Pierangelo Sapegno

Bologna, la festa dell'Unità ferita Bologna, la festa dell'Unità ferita E stamane arriverà l'amministratore inquisito LA BUFERA SULLA QUERCIA OBOLOGNA UANDO arrivano quelli della Rai, Lorenzo smette di ridere, dietro al banco. Tangenti? «E' lui che prende le tangenti», sbraita Lorenzo. E il compagno Valentino Rivola, in cima alla scala, guarda in giù con il martello a mezz'aria. Bandiere rosse, manco una, almeno per ora. Non è che le bandiere cambiano. A volte, non ci sono. «Noi, la bandiera la portiamo nel cuore», dice Scaramuzza. «E' per questo che noi non siamo quelli delle tangenti». Però, questa volta la Festa Nazionale dell'Unità edizione 1993, numero 3 con la gestione pds, comincia così, senza bandiere, senza proclami, comincia con un bilancio, nella guerra dei numeri, fra gli elenchi delle entrate e delle uscite, mentre a Milano i giudici cercano nei conti altri numeri ancora, altri soldi segreti, altre verità. E' un modo strano per cominciare. Ai giornalisti che arrivano, quelli del- l'ufficio stampa consegnano subito due fogli. «Incassi previsti: 13,5 miliardi. Costi: 12,3 miliardi. Utile previsto: 1,5 miliardi, 50 per cento alla sede centrale del partito». Spazi commerciali cresciuti del 70 per cento, 25 giorni di kermesse, 4 milioni e mezzo di visitatori previsti. Si parte con le cifre, mentre i cronisti se ne vanno fra gli stand a cercare pareri sulle tangenti; si parte con i fornitori, gli spazi espositivi, le promozioni, le entrate pubblicitarie, l'elenco degli sponsor. «Tutto alla luce del sole», commenta Francesco Riccio, il responsabile nazionale della Festa. E si parte, aspettando Marcello Stefanini, l'eminenza grigia che conta i soldi per lavoro e amministra la macchina del partito, il cassiere che i giudici di Milano vogliono indagare per concorso in corruzione. «Noi lo aspettiamo, come ogni anno», dice Riccio. «E probabilmente lui sarà già qui oggi, all'apertura». Comincia cosi, sotto il segno della Gabbietta, questa Festa che vuole parlare dell'Italia da ricostruire, come urla lo slogan appeso all'ingresso, e che invece è costretta a guardarsi indietro ancora una volta, fra le tangenti e le macerie dei partiti, e a cercare nella diversità qualcosa di più di una parola. Una bandiera, magari, come dice Mauro Morara, «perché noi siamo diversi, davvero. C'era un tempo che le bandiere rosse le avevano in molti. Ma la nostra era unica. Era diversa». Sarà per questo, forse, che non ci vuol credere nessuno. «Questo è un partito sano», ripete Luciano Olivi, altro volontario. «Certe cose ci sembra impossibile che siano state fatte». E poi, Stefanini «è uno come noi», come questi volontari che cominciano a lavorare fra gli stand ad aprile e finiscono ad ottobre, «quando abbiamo messo via il materiale». Anche adesso uomini a torso nudo arrampicati sugli stand, giovani in bicicletta, donne in jeans. «Vedete, è tutto come sempre». Ma gli altri hanno chiuso, come sussurra Ric¬ cio, chi parla più delle feste dell'Avanti o deU'Amicizia? «Un motivo ci sarà, no?». E allora? «Massima fiducia e solidarietà nei confronti di Stefanini». Riccio quando risponde sembra leggere un comunicato. «E assoluta fiducia nella magistratura». Sono le due parole d'ordine. E poi: «Chiediamo solo alla magistratura di fare in fretta ad appurare la verità. Mi sembra che a Milano non siano tutti d'accordo i giudici, non è così?» Già, a Milano, non sono tutti d'accordo, al Palazzo di Giustizia. E qui, invece, alla vigilia di questa Festa diversa, con la gente di sempre, i compagni di sempre, i sogni di sempre? «Certo, porca vacca, un dubbio ti può venire». A Luciano Olivi magari l'imprecazione sarà sfuggita. Eppure, non è solo. Lorenzo sorride, gli altri scuotono la testa. «Io sono ottimista, ma certo che un minimo di dubbio c'è», aggiunge Valentino Rivola. «Io sono del '37 e ho cominciato a fare la diffusione nel '46, a nove anni. Ma qui sono mica un santo, sa? Qui sono tutti come me. E i giovani ci vengono ancora a chiedere come si fa a venire qui, a lavorare con noi. Nessuno che si danna l'anima, nessuno che ci rimette la vita, qui. Stiamo bene fra gente che la pensa allo stesso modo. Ecco, questo è il partito, siamo tutti così. E allora, un minimo di dubbio ci sarà, forse, ma non ci possiamo fregare fra di noi, lo capisce?». E poi, aggiunge Morara, questo è il partito di Berlinguer. Lo disse, anche lui: «Se l'occasione fa l'uomo ladro, debbo dire che le nostre occasioni le abbiamo avute anche noi, ma ladri non siamo diventati. Se avessimo voluto venderci, se avessimo voluto partecipare al banchetto, avremmo potuto farlo. Ma la nostra risposta è stata no». Quelle parole, le stamperanno alla Festa, qualcuno se le rileggerà. «E leggetevi le cifre», si raccomanda Riccio. «Dagli enti pubblici abbiamo ricevuto solo 50 milioni su 3 miliardi e mezzo di entrate pubbli- citarie. E guardatevi i contratti. Quelli con gli sponsor sono vantaggiosi anche per loro, perché qui ci passano 4 milioni e mezzo di visitatori in 25 giorni. Una bella occasione, no? Tutto alla luce del sole, signori, non c'è niente da fare. Noi siamo diversi. La verità è che nel miracolo degli Anni 80 ci siamo abituati a considerare demagogia i valori veri, l'impegno civile, le mani pulite. Non tutti, però, non tutti. Noi eravamo diversi...». Davanti al capannone, però, il giornalista della Rai insiste: non ha ancora letto l'Unità? Il conto Gabbietta, l'avviso a Stefanini. E' da due giorni che se ne parla. «E io è da due giorni che lavoro», ribatte Lorenzo. La telecamera gira su Mauro Morara. Craxi ha ricevuto un avviso come Stefanini. Che ne dice? «Craxi ne ha ricevuti un po' di più. Aspettiamo ad emettere sentenze» Anche per Craxi? «Aspettiamo, sì». Pierangelo Sapegno La base solidale «Accuse da provare E intanto stiamo qui a lavorare» A sinistra, il tesoriere del pds Marcello Stefanini atteso alla Festa dell'Unità che si apre oggi al Parco Nord di Bologna

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