Zio Giulio infiamma CI «Senza la dc il disastro» di Francesco Grignetti

Andreotti al Meeting, circondato dai moschettieri della sua corrente e applaudito da 5000 giovani Andreotti al Meeting, circondato dai moschettieri della sua corrente e applaudito da 5000 giovani Zio Giulio infiamma CI «Sema la de, il disastro» RIMINI DAL NOSTRO INVIATO Nulla sembra essere cambiato, nel sacro recinto ciellino. Arriva Giubo Andreotti e la folla si assiepa dietro le inferriate. Giancarlo Cesana è lì sulla porta, con attorno gb stati maggiori di CI, tutto impettito ad accogberlo. Ma eccolo che scende dalla macchina blindata, r«amico» Andreotti. Un po' più curvo, un po' più vecchio, un po' più pallido. Tra qualche minuto sarà definito, tra le ovazioni di cinquemila persone, la «personahtà più forte di aiuto all'Italia in questi cinquant'anni». Sì, è proprio lui. E' Giulio Andreotti l'inquisito per presunti legami con la mafia, chiamato a Rimini per parlare di «quarant'anni di storia cattobea in Itaba». Che però non ci sta a farsi archiviare con ignominia. E per sgombrare il campo da equivoci, dice subito: «L'Italia non può dimenticare che nei momenti cruciali, per non precipitare nelle avventure e nei disastri, è stato il fulcro della democrazia cristiana a salvare il nostro Paese». Andreotti è sceso dalla macchina blindata alle dieci e trenta in punto. Terreo in volto, vestito di blu scuro, con cravatta celeste. Sul volto, una smorfia che è difficile definire sorriso. Ha dormito fuori Rimini: al Villaggio del fanciullo, una colonia marina gestita da un sacerdote casertano suo amico, don Salvatore D'Angelo. E ci tornerà a ristorarsi anche per pranzo. Un piatto di frutta, un saluto, un riposino. E quando monterà in macchina per tornare a casa un altro coro, ma di voci infantib: «Giulio! Giulio!». La gente di Rimini era arrivata in massa, fin dal mattino, per sentire lo «zio Giulio». Un'attesa quasi morbosa, che ha costretto gli organizzatori ad aprire (con ostentata controvoglia) la sala grande. Tutti a scrutarlo. Tutti a cercare d'interpretare il volto di sfinge per carpire un'emozione. Ma di applausi, all'inizio, poco o niente. Molta tensione, invece. A fargli da corte, in questi primi momenti, sono arrivati ufficiali e caporali andreottiani. Tutti uomini espulsi dal potere: Nino Cristofori, Giorgio Moschetti, l'ex assessore capitolino Azzaro, Carlo Lavezzari (ex presidente di Iritecna), Marco Ravagliob. E c'è voluto l'incoraggiamento di Cesana per dare il «via» alle ovazioni cielline. Una all'inizio, quando il leader di Mp ha detto la sua su Tangentopoli: «Si parla tanto di rivoluzione italiana. Spesso le rivoluzioni, anzi quasi sempre nella storia, hanno lasciato la situazione peggiore rispetto al punto dal quale erano partite». E un altro alla fine: «Ha citato ampiamente il catechismo della Chiesa cattolica e quindi ha indicato l'esperienza a cui lui si è ispirato che è la nostra stessa. Sulla sua bocca queste parole risuonano profondamente vere, perché quello che ha citato del catechismo il senatore Andreotti l'ha vissuto». Ha detto anche di più, Cesana: «Magari ci fosse gente che vivesse il catechismo un decimo di lui». Eppure doveva essere una tappa minore, nel percorso di questo meeting, l'incontro con Andreotti. «Cesana ha deciso soltanto questa mattina che sarebbe stato lui a presentare il senatore - ha ammesso il portavoce Robi Ronza - per sottolineare quanto tenessimo a questo gesto di ospitahtà». Ma la pretattica ha lasciato il passo all'emozione quando finalmente l'incontro è iniziato. Il sohto Andreotti, se voghamo, ha stregato i ciellini. Un discorso infarcito di citazioni evangeliche, di brani tratti da encicliche, di memoria storica. Ma anche di battute paradossali. Sul futuro della de, ad esempio: «Un sacerdote croato mi ha chiesto: "Perché non avete il coraggio di saltare il fosso e riconoscere in concreto che non c'è nessuna autorità se non viene da Dio? Chiamatevi Teocrazia cristiana, allora". Gli ho risposto: creerebbe molti problemi». E' immancabile, l'Andreotti umorista. Prova a sminuire anche il terreno più scivoloso. Sceglie la forma dell'apologo, ad esempio, per addentrarsi nella questione morale. Un riferimento che potrebbe avere il sapore di stoccata a quei poteri dello Stato che lo hanno messo sotto inchiesta: «Un tempo la segreteria di Stato (vaticana, ndr.) finiva le sue lettere con una frase molto bella. "Con tutto il rispetto che la signoria vostra merita". Cosicché se uno ne meritava molta o poco, insomma...». Ha parlato per un'ora, il senato¬ re a vita. Sotto certi aspetti, è sembrato lanciare un testamento pohtico. «Tra i vecchi e i nuovi c'è un'ideale staffetta. Nessuno deve aver paura delle ombre del passato». Ha elencato quindi i temi irrinunciabib dei cattobei in pobtica: la scuola, la famigba, il laicismo «eccessivo», il divorzio e l'aborto, l'eutanasia, la guerra, il Medio oriente. Neanche una parola per Tangentopoli e i guai della politica. Una accusa ai leghisti, invece: «Cercano di introdurre il mal sottile del razzismo». E una frecciata alla «ubriacatura per il mercato». Gli applausi dei cinquemila, alla fine, sono arrivati copiosi. Soltanto un'isolata contestazione ha turbato il gran finale. Due voci disso¬ nanti. Anche coraggiose: «E' tutta una regìa». E l'altro: «Mafioso, tu sei Belzebù. Sei il diavolo!». Andreotti, sul palco, ha mostrato la più assoluta ^differenza. Ma Cesana, al suo fianco, è scattato ad urlare nel microfono: «Noi lo ringraziamo di questa testimonianza». Intanto la platea balzava in piedi, sotto choc per l'ardire. E mentre qualcuno scazzottava i cameramen che avevano la «colpa» di riprendere la scena, il servizio d'ordine ha placcato i due malcapitati e la polizia b ha portati via di peso. Brivido anche per i disciplinatissimi ciellini. Francesco Grignetti 1 Ma dal pubblico un grido I «Tu sei Belzebù, il diavolo» 1 I Qui di fianco: un fan di Andreotti all'arrivo al Meeting A sinistra: il senatore a vita circondato dagli esponenti della «vecchia» corrente