«Lacrime sì, rivoluzioni no»

«Lacrime sì, rivoluzioni no» «Lacrime sì, rivoluzioni no» De Rita: ecco come sarà l'autunno caldo IL PRESIDENTE DEL CNEL COURMAYEUR DAL NOSTRO INVIATO La rivoluzione può attendere: non ci saranno moti di piazza a ritmare i problemi e le disperazioni di quest'autunno che s'annuncia caldo; non ci saranno disastri sociali a fare da specchio alla crisi dell'occupazione. Non ci sarà sangue, basteranno, però, le lacrime a rendere amari i mesi che verranno quando decine di migliaia di italiani vedranno tramare o svanire il proprio posto di lavoro. Il sociologo Giuseppe De Rita, mente del Censis e presidente del Comitato Economia e Lavoro, non crede che «il rancore collettivo» di quanti si batteranno per il loro impiego, potrà tradursi in una lotta violenta: «Certo - ammonisce - è finito il tempo in cui chi doveva affrontare istituzionalmente il tema-occupazione poteva permettersi di gingillarsi con trovatine destinate a mettere una toppa. Adesso occorrerà creare un grande patto sociale». Professor De Rita, nessuna rivoluzione, allora, in quest'autunno prossimo venturo. Ma, certo, parecchi strappi nel tessuto socioeconomico italiano. «Voglio ricordare un episodio: a giugno, proprio in un'assemblea del Cnel, quella, per intenderci, nella quale il presidente Scalfaro definì "lunari" i tecnici del famigerato "740", noi analizzammo il nodo del lavoro in Italia e accertammo che le caratteristiche salienti della nostra disoccupazione sono: medio periodo, medio livello, media età». Medio periodo: che cosa significa in termini di tempo? «Secondo noi, tre anni, durante i quali bisognerà affrontare gli esuberi di personale soprattutto nelle imprese pubbliche, nel terziario protetto e nel terziario burocratico. La spiegazione del termine "medio livello" è evidente: la crisi occupazionale riguarda, in particolare, i quadri intermedi e i dirigenti delle Partecipazioni Statali, i diplomati ed i laureati della Pubblica Amministrazione». Ed eccoci, ora, alla media ietà. «p'er la prima volta, nel nostro Pa ese, ci troviamo di fronte non al nodo della disoccupazione giova, nile o a situazioni diffìcili che si irisolvono, magari, attraverso prepensionamenti: il nodo è rappresentato da persone che risctliiano di perdere il lavoro a 3540 anni: l'impiegato statale, il dirigente, l'albergatore senza im- piego e senza futuro possono creare una sacca di Vandea semiborghese che può essere neutralizzata solo con un grande patto sociale, un grande piano di mobilità non assistita, ma guidata. Perché, ripeto, il problema non è congiunturale: è strutturale». Eppure, nonostante tutto, lei non vuol cedere al pessimismo. «Sono 120 anni che le piazze in Italia sono occupate solamente dagli operai. Non è dei poveri il rancore che si annuncia per l'autunno, ma dei "ricchi". E non è questo l'unico motivo di non pessimismo». E quale altro, allora? «Nel '92 il Censis pubblicò un saggio che s'intitolava "Un inverno da vivere con vigore", in cui noi non condividevamo la preoccupazione di quanti, allora, parlavano di operai senza posti di lavoro al rientro dalle ferie, di 300 mila disoccupati a breve termine, di aziende chiuse entro dicembre. Come si sa, niente di tutto ciò successe. Anzi». Anzi che cosa, professor De Rita? «Anzi, ci sono stati imprenditori che hanno saputo accettare la sfida e che, anche aiutati dalla svalutazione, hanno guadagnato ed investito. Parlo di realtà produttive in Lombardia, Triveneto, Emilia Romagna, Marche: mobilifici, calzaturifìci, ma anche generi di prima necessità». Lei intrawede, quindi, la possibilità di un parallelo tra la congiuntura di allora e quella attuale? «Il mercato interno è diminuito e, perciò, devo dichiararmi meno ottimista rispetto a un anno fa quando, fra l'altro, anche l'esportazione contribuiva a rendere più roseo il clima. Credo, però, che la piccola e media impresa sapranno reggere bene anche in questo inverno». E la grande industria? Rischia forse di perdere la sfida? «Qui, è chiaro, i problemi sono molto più complessi. Chimica, auto, edilizia, informatica si trovano stretti anche da lacci sociopolitici. E' saltato, ad esempio, l'intreccio tra affari e partiti che ha mquinato, sino al più basso livello, il legittimo legame tra pubblico e privato». Qualcuno, a proposito della sua difesa dell'impasto tra pubblico e privato, le imputa di essere un nostalgico dell'economia mista. Come replica? «Non mi stancherò mai di sottolineare che, in tutti i Paesi del mondo, l'unione tra pubblico e privato è colonna portante della stabilità economica. Per informazioni rivolgersi a De Benedetti quando ha tentato di introdursi in Belgio o all'avvocato Agnelli quando ha voluto entrare nell'impero francese delle acque minerali». Con questo vuol dire che anche la gestione della crisi attuale richiede un intervento congiunto di pubblico e privato? «Certo, occorre una doppia cultura: attenzione all'economia reale (commercio, industria, trasporti) e anche attenzione agli interventi dello Stato che non può ridursi a mero "dragatore" di denaro». E a proposito di drenaggi fiscali: qua! è, secondo il sociologo, la situazione della famiglia italiana alla vigilia di quest'autunno? «E' scesa di un gradino sia nella qualità dei consumi, sia nella quantità. Si registra, in altre pa role, una tendenza ad abbandonare le cinque stelle, la ricerca esasperata della "griffe", quel rampantismo che aveva contagiato non solo la politica e la finanza ma anche i consumi». Le statistiche dicono che le famiglie, sempre più salas sate dai prelievi fiscali e nel tentativo di far quadrare i bilanci cambiano costumi Crollano le spese per i viaggi e per le auto, si riduce, ai quasi un quarto, il denaro destinato all'acquisto di hi fi e di mobili. «Dopo i 93 mila miliardi che il governo Amato ha raccolto proprio nelle famiglie italiane, giudicate le imprese più ricche del Paese, è naturale che si assista ad una sorta di difesa, ad un riequilibrio dei consumi. E' quello che io definisco "un esercizio serio di povertà"». Renato Rizzo «Anche se le famiglie faranno un serio esercizio di povertà» CHI TAGLIA NEL MONDO Principal! riduzioni di personale ^M^T^v^^ annunciate dal gennaio '93 JSS^^. \ INFORMATICA \ Ibm 85.000 Bull 6.500 '^ilS^ Apple 2.600 Fujitsu 6.000 Mannesmann 7.000 Italtel 1.300 Olivetti 1.500 Siemens Medizin 3.600 SIDERURGIA Philips 15.000 Krupp-Hoesch 11.400 Nippon Telegraph ThyssenStahl 16.000 & Telephone 33.000 llva 11.000 C0MPA6NIE AEREE Saarstahl 4.500 Air France 4.500 Faq-Kubelfischer 6.500 Kim. Sas, Swissair. AUTO E COMPOHENTI Austrian Airlines 6.000 Volkswagen (gruppo) 36.000 Lufthansa 5.000 Bosch 11.000 United Airlines 2.800 Michelin 2.950 AEROSPAZIALE, AERONAUTICA , Man ?7nn E COMPONENTI naimlsrRfin? isnnn Aerospatiale 3.395 Citroen 1.629 Pratt Witney 9.000 i Nissan 5.000 Rolls Royce 5 000 General Mntnrs 11 000 Boeing 28.000 , Audi 9 000 CHIMICA E PETROLCHIMICA ■ Leyland-Daf 1.650 Henkel 1.000 ! 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