La Nato e Ghali: non lasceremo che Mostar sia uccisa dalla fame di Foto Epa

La Nato e diali: non lasceremo che Mestar sia uccisa dalla fame La Nato e diali: non lasceremo che Mestar sia uccisa dalla fame ZAGABRIA NOSTRO SERVIZIO La necessità di trovare una soluzione urgente per la città di Mostar è stata sottolineata ieri dal comitato politico della Nato, riunitosi a Bruxelles su richiesta degli Stati Uniti. La situazione di Mostar diventa infatti di ora in ora più drammatica. Più di 30 mila persone nella parte controllata dalle forze musulmane sono ai limiti della sopravvivenza. Se i convogli umanitari col cibo e medicinali non arriveranno nei prossimi giorni, la gente comincerà a morire di fame. Il presidente bosniaco Izetbegovic ha lanciato un appello all'Onu perché salvi la città. E a Quebec in Canada Ghali ha subito risposto all'appello, dicxendosi convinto che le forze delle Nazioni Unkite «riusciranno a distribuire gli aiuti a Mostar così come è stao fatto negli ultimi diciotto mesi con gli abitanti di Sarajevo». A sua volta il ministro degli Esteri tedesco Klaus Kinkel è intervenuto presso il presidente croato Tudjman affinché si adoperi presso i croati bosniaci per far passare i convogli umanitari dell'Alto commissariato per i profughi. Dopo aver visitato Mostar, il direttore del settore civile della missione di pace dell'Onu nell'ex Jugoslavia, Cedric Thornberry, ha chiesto ieri un incontro con il ministro degli Esteri croato Mate Granic per informarlo della disperata situazione di Mostar. «Faremo il possibile perché i convogli umanitari possano passare senza condizioni. La Croazia si è sempre impegnata a far arrivare i convogli a chi ne ha bisogno» ha dichiarato Granic, che farà pressione sui croati bosniaci perché tolgano il blocco. «Ma vorrei sottolineare che la fame non minaccia soltanto la popolazione musulmana di Mostar come può sembrare dai media internazionali. Altrettanto grave è la situazione nell'ospedale che si trova nella parte croata della città, per non parlare del dramma dei 190 mila croati asserragliati in quattro énclaves della Bosnia centrale, senza soccorsi da mesi perché le forze musulmane non lasciano passare i convogli», ha detto il ministro degli Esteri croato. Mentre a Mostar continuano i combattimenti tra croati e mu sulmani, la portavoce dell'Alto commissariato per i profughi ha annunciato per domani l'arrivo del primo convoglio umanitario con undici camion di cibo e me dicinali. Con l'avvicinarsi della scadenza di Ginevra, lunedì prossimo, appare sempre più evidente che la parte musulmana rifiuterà il piano di pace proposto da Owen e Stoltenberg. Il Parlamento bosniaco, che si dovrebbe riunire venerdì a Zenica si prepara a chiedere modificazioni delle mappe geografiche. «Noi non abbiamo motivo particolare, né per essere felici, né per essere delusi», ha dichiarato a sua volta Krajisnik, il presidente del sedicente Parlamento dei serbi-bosniaci. Le polemiche intorno alla spartizione territoriale della Bosnia in tre Repubbliche etniche si accendono un po' ovunque. Stephen Walker, un altro funzionario del Dipartimento di Stato, (è il quarto che prende questa decisione) si è dimesso ieri a Washington in segno di protesta contro la. politica americana. «Mi dimetto e lascerò il servizio oggi a mezzogiorno perché non posso più tollerare l'appoggio degli Stati Uniti a un processo diplomatico che legittima l'aggressione e il genocidio», ha scritto Walker nella sua lettera di dimissioni al segretario di Stato, Warren Christopher. Intanto un gruppo di generali americani, guidati dal gen. John Sheehan, comandante supremo di tutte le operazioni militari del Pentagono, sta visitando l'ex Jugoslavia. Dopo Zagabria, dove hanno parlato con il ministro della Difesa croato, sono giunti a Sarajevo dove incontreranno i comandanti dell'Unprofor. Un altro giornale, questa volta si tratta dell'austriaco «Die Presse», ha riportato le critiche che l'ex comandante in capo dell'Unprofor, il generale svedese Walhgren, ha fatto ai Caschi blu nell'ex Jugoslavia. «Gran Bretagna e Francia utilizzano i loro contingenti non per la missione di pace, ma come mezzo per la lotta di potere in Europa», ha scritto nel suo rapporto l'alto ufficiale svedese. Ingrid Badurina Un soldato riposa in un letto adagiato in una trincea a Mostar [foto epa]