«Cusani è pericoloso resti in cella»

I giudici: il finanziere dei 150 miliardi di tangenti Eni potrebbe ripetere il suo gesto I giudici: il finanziere dei 150 miliardi di tangenti Eni potrebbe ripetere il suo gesto «Pisani è pericoloso/ resti in cella» «Il suo sistema siede ancora in Parlamento» MILANO. Resta a San Vittore Sergio Cusani, il finanziere milanese in carcere per violazione della legge sul finanziamento dei partiti. No, non è possibile mandarlo a casa, ha deciso ieri il tribunale della libertà respingendo la richiesta degli avvocati di Cusani di annullare l'ordine di custodia emesso dai giudici di Mani pulite che indagano sull'affare Enimont. Resta in carcere l'uomo che, secondo i giudici, molto sa della vicenda Enimont, soprattutto dei 150 miliardi pagati in tangenti ai partiti. E le motivazioni del tribunale della libertà sono a dir poco clamorose. Cusani non può andarsene da San Vittore perchè esiste il pericolo della reiterazione del reato, spiegano i giudici: «Il sistema finanziato dal Cusani non si è azzerato affatto». Peggio ancora: «Questo sistema siede tuttora in parlamento». Non fanno nomi, i magistrati del tribunale della libertà. Ma c'è da scommettere che quella frase, quel «siede tuttora in parlamento», farà scalpore. A chi si riferiscono? Solo ai tanti avvisati di Mani pulite tuttora deputati e senatori in attesa di giudizio? Di sicuro, il no alla scarcerazione motivato dal timore di una reiterazione del reato, ha trovato qualche motivo in più nel rifiuto di Cusani a collaborare. A differenza delle altre persone arrestate finora nell'inchiesta Enimont, l'ex enfant prodige della finanza meneghina (collaboratore di Serafino Ferruzzi, di Raul Gardini e infine di Carlo Sama) arrestato il 23 luglio, portato prima nel carcere di Opera e poi a San Vittore, si è finora limitato ad ammettere poche cose. In particolare di aver contribuito a costituire un fondo di 100 miliardi su ordine di Gardini, presidente di Montedison ai tempi di Enimont, e di averglielo messo a disposizione. Nessuna conferma, da Cusani, alle ammissioni sul pagamento di tangenti fatte da Sama e da Giuseppe Garofano, i due ex amministratori Montedison arrestati (e poi scarcerati) proprio per Enimont. In una memoria inviata ai giudici di Mani pulite prima di Ferragosto, Cusani aveva detto e non detto. Aveva detto che non poteva smentire le affermazioni rese ai magistrati da Sama e Garofano perchè sapeva che con quelle parole si erano conquistati la libertà. Ma, aggiungeva, di non poterle confermare perchè non voleva assolutamente correre il rischio di es¬ sere querelato. Insomma, secondo Cusani, Sama e Garofano avevano parlato di tangenti per uscire dal carcere ma non avevano certo fornito ai giudici un quadro veritiero della situazione del pagamento delle tangenti per Enimont. In più, nel suo lungo memoriale di Ferragosto, Cusani aveva aggiunto che non avrebbe fatto alcuna dichiarazione ai pubblici ministeri di Mani pulite perchè, spiegava, lo vogliono interrogare solo per raccogliere elementi a carico di altre persone. «Quello che ho da spiegare scriveva in quelle pagine - lo spiegherò soltanto in tribu¬ nale, sperando di essere processato al più presto». Va avanti l'inchiesta Enimont. Dopo la tregua di Ferragosto, Mani pulite torna in pista: rientrano i magistrati, Antonio Di Pietro è da ieri a palazzo di giustizia, abbronzato e riposato. Diversi i fronti che tengono impegnati i giudici di Mani pulite. L'affare Curtò, il vicepresidente del tribunale sotto inchiesta per favoreggiamento e abuso d'ufficio (sempre nella vicenda Enimont): dal tribunale di Brescia sarebbero già partte le citazioni per le persone chiamate a testimoniare. Poi c'è la vicenda dei Bot pagati come tangenti. Sì, è vero, ha confermato ieri il procuratore aggiunto Gerardo D'Ambrosio: nelle mazzette Enimont spuntano titoli di Stato. Ma non quei Bot falsi al centro dello scandalo che ha portato in carcere a Roma l'ex collaboratrice di Claudio Martelli, Ellen Kollbrunner. «E' un'ipotesi fumosa - dice D'Ambrosio - non abbiamo alcun elemento per ritenere che nel pagamento di quelle tangenti siano stati usati titoli falsi o che ci siano legami tra questa vicenda e i Bot rubati al Banco di Santo Spirito di Roma». [r. m.] D'Ambrosio: «E'vero nelle mazzette Enimont spuntano titoli di Stato» Da destra l'ex presidente Montedison Garofano con Carlo Sama L'ex ministro di Grazia e Giustizia Claudio Martelli (a lato). Sotto, il pm Antonio Di Pietro

Luoghi citati: Brescia, Milano, Roma