Attenti a quel «Quizzy» di Raffaello Masci

1 Il sociologo Calabrese: «E' una pericolosa arma politica» Attenti a quel «Quizzy» Allarme sul gioco-telecomando in tv ROMA. Il grido è: «Attenti al Quizzy». All'inizio non è pericoloso, ma è meglio dargli subito una regola sennò a soffrirne sarà addirittura la democrazia. Questa è - in sostanza - l'opinione di Omar Calabrese, professore di semiologia dell'Università di Bologna, grande esperto di tv nonché assessore alla cultura del Comune di Siena. Ma per capire gli estremi della questione, bisogna fare un passo indietro. Il «Quizzy» - spiegava ieri Mike Bongiorno sulla «Stampa» - è un aggeggino tipo telecomando, grazie al quale potremo partecipare da casa ài quiz televisivi, con tutto il corredo di vittorie, piccole glorie e grandi premi. La televisione fatta così - dicono gli esperti - si chiama «tv interattiva» perché permette al pubblico di interagire con il mezzo. Non è una novità assoluta, un antenato se lo inventò già Enzo Tortora ai tempi di «Portobello»: «La verginità è ancora un valore?» chiedeva il presentatore. La risposta si dava accendendo - o meno - le luci di casa. Poi l'Enel misurava l'effetto e forniva il responso. La cosa fece scuola e Raffaella Carrà ripetè l'esperienza nei suoi talk-show. Fin qui la protostoria. Ma da settembre, alla «Ruota della fortuna», ci sarà - appunto - il «Quizzy», uno strumento che può servire anche a fare sondaggi e a misurare gli umori dei teleutenti. Professor Calabrese, siamo di fronte a una tv prevaricante? «Ci vuole prima di tutto una spiegazione. La vera tv interattiva è quella che consente allo spettatore di intervenire direttamente nel programma e questa può essere solo via cavo: diventa una tv dialogante con lo spettatore ma anche, per ragioni tecniche, destinata ad un pubblico limitato. C'è poi la tv interattiva in senso lato, quella a cui si riferiva Bongiorno, che permette attraverso numeri digitati di dare risposte ad un quiz». Questo secondo modello di tv è pericoloso o no? «Dipende dall'uso che se ne fa. Fin tanto che si tratta di giocare, che vuole che sia. Il problema si pone invece quando con questo sistema si realizzano sondaggi che poi possono essere branditi come un'arma di pressione politica. Questa è veramente una televisione pericolosa». Lei teme una democrazia affidata ai teleutenti. «Il rischio è quello di voler fare una parademocrazia diretta in cui l'unico mediatore sia il conduttore con forte influenza su chi ascolta». Senza dire che chi ascolta non è il Paese reale. «Questo è l'altro fattore importante: il campione dei teleutenti non è affatto rappresentativo, specie in certi programmi mirati su un target in genere basso». La tv interattiva non è dunque pericolosa ma bisogna dargli una regola. «Esattamente. Fin tanto che Mike Bongiorno vuole fare un giochino mi sta benissimo. Ma prima che ad un altro venga in mente di utilizzare lo stesso strumento per rilevazioni, sondaggi e simili, ci vuole un codice di regolamentazione, altrimenti qui si fa la democrazia a suon di teleimbonitori». Tanta tv fa male, dicono gli educatori, tanta tv interattiva farà ancora peggio? «Non credo. Il tempo di attenzione di fronte alla tv è bassissimo e anche nel caso dell'interazione ci si concentra quel tanto che serve per il gioco e poi basta». Questa tv impicciona la spaventa? «Mi spaventerebbe se non sapessi che esiste il fattore menzogna. Tutte queste macchinette presuppongono risposte molto veritiere, mentre la gente agisce in maniera imprevedibile». Quindi anche l'uso politico diventerebbe un'arma spuntata, inaffidabile. «Sì, però un conto è il gioco e un altro la politica in cui l'invito ad essere sinceri è in qualche modo più forte». Dunque? «Dunque una regolamentazione, prima che la democrazia sia seppellita dai telesondaggi». Raffaello Masci A sinistra: Enzo Tortora Qui sopra, Omar Calabrese

Persone citate: Bongiorno, Calabrese, Enzo Tortora, Mike Bongiorno, Omar Calabrese, Professor Calabrese, Raffaella Carrà

Luoghi citati: Comune Di Siena, Roma