L'Idra fondamentalista conquista la Casbah di Domenico Quirico

L'Idra fondamentalista conquista la Casbah L'Idra fondamentalista conquista la Casbah I COMMANDOS DEL CORANO ISOLDATI li chiamano «i quartieri marci»: Bab el Oued, Belcour, la Casbah, Kouba. La seconda battaglia di Algeri si combatte, beffardo paradosso della storia, con gli stessi fóndali dell'epoca in cui imperversavano i para di Massu. E anche la ferocia è quella di allora. Il cuore dell'integralismo batte nella moschea di Bab el Oued, che è stata chiusa ufficialmente «per restauri». In questa zona di Algeri si incontrano ormai solo donne velate e «barbuti», avvolti nelle loro gallabiah, tenuti d'occhio da migliaia di soldati e poliziotti armati fino ai denti. Ma il coprifuoco, una legge antiterrorismo che ha portato in tribunale oltre tremila fondamentalisti, le condanne a morte non bastano per fermare l'esercito dei «folli di Dio» e il loro piano: far trionfare la morte, provocare il caos per precipitare il Paese nella guerra civile. Alla fine la legge di Allah trionferà, restaurando un oscuro medioevo islamico che è il vero paradiso per chi ritiene che «solo Dio merita il potere». Gli integralisti da due anni, tenacemente, cercano la vendetta: su un regime che considerano, con una buona parte di ragione, corrotto, marcio e che li ha derubati della vittoria conquistata nelle urne. Il «Fronte di salvezza islamico» che aveva dato la scalata le¬ gale al potere, sfruttando le rovine del triste deficit politico della rivoluzione, è ormai dissolto. Abassi Madani e Ali Benhadj, i due ideologi scontano lunghe pene detentive. Il regime algerino, un club di generali camuffati dietro le fragili quinte di un direttorio civile, pensava di aver vinto la sfida con questo mortale nemico. Ma non aveva calcolato che l'integralismo è un'idra con molte teste. Il vecchio partito «legale» si è polverizzato in decine di commandos guidati da «emiri», eroi di quartiere, «afghani», reduci di Kabul professionisti della guerriglia. I combattenti veri non sarebbero più di un mi¬ gliaio, ma attorno a loro si muove una nebulosa indistinta, formata da legioni di giovani per cui l'indigenza è uno stato sociale, disgustati dalla corruzione e dall'ingiustizia del regime. Un materiale politico infiammabilissimo. Gli islamici hanno perso da tempo il loro elemosiniere più generoso, l'Arabia Saudita, furibonda per il tifo che le moschee di Algeri hanno fatto per Saddam Hussein durante la guerra del Golfo. Un aiuto arriva dall'Iran amico di tutti i profeti del passato islamico, ma i principali finanziatori sono algerini: ora che la raccolta di fondi nelle moschee è vietata, restano i grossi commercianti che «generosamente» sostengono le bande del Corano, anche per evitare rappresaglie. I terroristi di Allah, anche se privi di un comando centrale, stanno portando a compimento un piano micidiale. Hanno condotto una offensiva sanguinaria contro i poliziotti, con oltre mille uccisi, per minare il morale degli avversari. Poi sono passati agli intellettuali, mettendo a tacere anche la coscienza del Paese. Infine hanno preso di mira i papaveri del regime, a riprova che oggi non ci sono persone sicure in Algeria. Lo stesso generale Nezzar considerato l'uomo forte, è sfuggito miracolosamente a un agguato, analogo a quello che ieri è costato la vita a Merbah. I risultati già si vedono: quando nel marzo scorso ad Algeri venne organizzato, con grande sostegno di radio, tv e giornali un corteo contro il terrorismo, in strada non andò neppure un giovane dei quartieri popolari. Domenico Quirico Per i giovani senza lavoro la violenza politica resta l'unica via

Persone citate: Abassi Madani, Ali Benhadj, Kouba, Massu, Merbah, Nezzar, Saddam Hussein

Luoghi citati: Algeri, Algeria, Arabia Saudita, Iran, Kabul