Izetbegovic: pace inaccettabile di Massimo Gramellini

Il leader musulmano si oppone alla spartizione e convoca il Parlamento Il leader musulmano si oppone alla spartizione e convoca il Parlamento Izetbegovic: pace inaccettabile «In Bosnia bisogna proseguire i negoziati» SARAJEVO DAL NOSTRO INVIATO Alia il Temporeggiatore. Fra la pace e la guerra c'è la faccia da pokerista di Alia Izetbegovic, il presidente musulmano della Bosnia in fiamme. «Non posso accettare le conclusioni di Ginevra. Ma non posso nemmeno respingerle. La mia proposta è di proseguire i negoziati». Di tirar tardi, insomma, aspettando che arrivi l'inverno, Sarajevo muoia di freddo e un'America col cuore in mano sia costretta a bombardare i serbi che l'assediano. Izetbegovic parla alle 5 della sera, tra le moquettes tristi del palazzo presidenziale. E' appena rientrato a Sarajevo dopo tre settimane di trattative e di lussi. Alia il Temporeggiatore non può dire «sì» al piano di pace, perché altrimenti l'esercito gli salterebbe addosso e l'opposizione di Mehemed Filipovic avrebbe buon gioco ad urlare in Parlamento quello che già sta dicendo per le strade: «La spartizione etnica della Bosnia, che è il succo dei colloqui di Ginevra, l'aveva già proposta il leader serbo Karadzic prima della guerra. Se noi accettiamo adesso quello che respingemmo allora, che senso avranno avuto i 200 mila morti, le città distrutte e le migliaia di storpi che girano per Sarajevo?». Izetbegovic, allora, deve dire «no». Ma non un «no» troppo forte, che lascerebbe la parola alle armi, dove i serbi sono più forti, e soprattutto inquieterebbe gli americani, gli «amici» americani come lui li chiama, per distinguerli esplicitamente dagli odiati franco-britannici, che ispirano gli alti comandi dell'Orni a Sarajevo. Il «no» del Temporeggiatore deve essere per forza pieno di «ma». Eccolo quindi esaltare gli aspetti positivi della maratona ginevrina, il riconoscimento della Bosnia come Stato sovrano, la diminuzione dei morti a Sarajevo, il leggero miglioramento della situazione degli aiuti umanitari. Sul punto decisivo, la spartizione del territorio bosniaco su basi etniche, Izetbegovic non può che chinare la testa, tra mille sospiri: «Ci siamo opposti. Ma serbi e croati resistevano. Avevamo deciso di andarcene da Ginevra, ma questo avrebbe significato il proseguimento della guerra. Accettiamo a malincuore che i serbi conservino le terre a maggioranza serba. Ma non le altre, come Banja Luka, dove ci sono ancora molti musulmani». Sembra un modo cortese di raccontare una resa, ma Izetbegovic è un grande venditore: «Non importa se i serbi avranno più territori di noi. conta la qualità. Non si possono paragonare i cinque nostri chilometri di industrie con i loro dieci chilometri di rocce deserte...». Il problema esiste, comunque, ed è lui il primo ad ammetterlo: «I serbi rappresentano un terzo degli abitanti della Bosnia e non possono avere la metà del territorio. Insomma, il mondo non può consentire agli aggressori di conservare ciò che hanno ottenuto con la forza. Sarebbe un semoforo verde al sistema delle purificazioni etniche. I serbi ammazzano i musulmani e poi dicono: questa città spetta a noi perché qui non ci sono musulmani. Non si può accettare». Ma nemmeno respingere. E allora? «Allora venerdì riunirò il Parlamento. Anzi, sarà un'assemblea aperta a tutti: intellettuali, capi religiosi e militari. Proporrò di respingere il piano e continuare a negoziare. Perché o si combatte intorno al tavolo di Ginevra o si continua a farlo sui campi di battaglia. Non ci sono terze vie». Ci sono le bombe di Clinton, però, e Izetbegovic lo sa. Per questo, sapendo di far cosa gradita agli americani, riunisce il Parlamento a Zenica, quasi a voler suggellare la trasformazione di Sarajevo in città aperta e il trasferimento della capitale. Per questo piange su Sarajevo, sempre assediata. Massimo Gramellini UV NUOVA BOSNIA ? IL TERRITORIO MUSULMANO ARRIVA AL FIUME SAVAE INCLUDE UNA PARTE DI BRCKOl

Persone citate: Alia Izetbegovic, Clinton, Filipovic, Izetbegovic, Karadzic