Precedenti di Daniela Daniele

Precedenti Precedenti Quei killer in famiglia Madri e matrigne. Per follia o per dolore. Difficile capire. Ma non sono così sporadici i casi di omicidio «contro natura». Nella maggior parte, però, si concludono con un suicidio, quello della donna che, soprattutto, vuole farla finita con la propria vita e decide di portare con sé anche la propria creatura. Donne disperate che non riescono a tracciare un confine tra la propria esistenza e quella dei figli, inscindibili parti di se stesse. Fu così per Graziella Ghirello, impiegata del Comune di Ivrea. Era il 27 maggio dell'86 quando, davanti al piccolo cimitero di Chiaverano, nella sua Fiat 126 furono trovati due corpi carbonizzati e una pistola. La donna aveva sparato un colpo alla testa della figlia Marzia, di 11 anni. Dopo aver appallottolato alcuni giornali e avergli dato fuoco, aveva abbracciato la figlia e si era uccisa, sparandosi. Un matrimonio fallito e una successiva convivenza con un uomo che «non mi dà quell'affetto che ho cercato inutilmente». E allora via dal mondo, portandosi dietro la ragazzina come un fagotto indispensabile per affrontare il «viaggio». E' la follia l'unica spiegazione che ci costringe ad ammettere la realtà quando la fonte stessa della vita diventa veleno. La follia fu tirata in ballo il 9 marzo del 1984. Fiorina Carapelli, 30 anni, torinese, lasciò cadere il proprio bimbo dal quinto piano di una casa. La donna non s'era mai ripresa dalla depressione post-parto. Matteo, 8 mesi, era appena stato allattato dalla mamma, nell'appartamento dei suoceri di lei. Fiorina aveva sorriso alla sua creatura. Poi si era alzata, lo sguardo lontano, e aveva preso a passeggiare lungo il corridoio, ripetendo: «Matteo, saluta i nonni...». Si era diretta verso il terrazzo con il piccolo e, poco dopo, ne era tornata a braccia vuote. Poche, agghiaccianti parole: «Sapete, ho buttato giù Matteo». Lasciato cadere nel vuoto come un bambolotto, scivolato attraverso la ringhiera dalla mano distratta di una bambina. E che dire di Francesca Giuffrida, 35 anni, che nella notte tra il 9 e il 10 aprile 1986, a Catania, strangolò nel sonno il figlio Pietro (13 anni) e la figlia Cristina (7)? La mattina dopo aveva telefonato alla polizia: «Ho ammazzato Cristina e Pietro». Perché? Follia. Angelina Pane, 32 anni, abitava a Decollatura, in provincia di Catanzaro. Era il 28 luglio del '90. Cercò di difendersi dall'atroce verità. Ai carabinieri che guardavano inorriditi il corpicino del figlio Michele, 4 anni, massacrato a coltellate, aveva detto: «Sono stati due tizi, volevano rubare». Angelina era in cura per «depressione». Fu nel gennaio dell'88. Una donna inglese di 30 anni, Sandra Riley, venne sottoposta a regime di libertà condizionata e a cure psichiatriche intensive perché aveva ucciso due figli neonati. A cinque mesi dalla dichiarazione di «guarigione», affogò nella vasca da bagno il terzo figlio. Succede anche tra gli animali, pare. Una madre «in cattività», non importa la razza, può avere comportamenti anomali, fino ad ammazzare i cuccioli. E l'amore si trasforma in follia. Daniela Daniele

Persone citate: Angelina Pane, Carapelli, Fiorina, Giuffrida, Sandra Riley

Luoghi citati: Catania, Catanzaro, Chiaverano, Comune Di Ivrea, Decollatura