«Avevo previsto gli scandali d'Italia»

Diventa membro del Centro di Studi Strategici americano, a fianco di Kissinger e Brzezinski Diventa membro del Centro di Studi Strategici americano, a fianco di Kissinger e Brzezinski «Avevo previsto gli scandali d'Italia» Lurie, un vignettista entra nelle stanze delpotere LA SATIRA E LA POLITICA CARLO Azeglio Ciampi si volta di tre quarti e osserva pensieroso una scena fuori campo. Radovan Karadzic sorride sornione e, impugnata un'accetta, si appresta a colpire un cagnolino di nome Bosnia. Bill Clinton rimesta trafelato, immerso fino alle ginocchia in un pentolone che porta la scritta: cibo per la Somalia. Boris Eltsin gioca con una matrioska su cui compare ossessivamente il logo: Costituzione russa. «Un'immagine vale più di mille parole, ammonisce un proverbio cinese», mi spiega William Taylor, vice presidente del Centro di Studi Strategici e Internazionali di Washington. Il suo staff ha appena spalancato le porte di questo santuario di pensatori, analisti e leaders al re dei «politicai cartoonists» americani, Ranan Lurie, il disegnatore satirico che pubblica ogni giorno su 1015 giornali e riviste di 79 Paesi. Adesso siederà accanto ai due ex segretari di Stato Zbigniew Brzezinski e Henry Kissinger, all'ex direttore della Federai Reserve Paul Volcker, all'ex ambasciatore in Russia Robert Strauss e a tante altre «teste d'uovo» che compongono l'elite d'America. Da oggi, a Washington, il disegno è al potere. «Tra una vignetta e un articolo c'è la stessa differenza che passa tra un F-15 e un tre no», mi spiega Lurie. Dal suo stu dio nel Connecticut ad alta inten sita di computer, fax e telefoni satellitari tiene sotto osservazio ne un panorama sconfinato. «So no il solo "politicai cartoonist" al mondo che copre tutta la scena internazionale». Non era mai successo che un disegnatore satirico entras se a far parte del «Center for Strategie and International Studies», vale a dire di uno dei «think tanks» che forniscono informazioni e analisi al Congresso e alla Casa Bianca e contribuiscono in maniera determinante ; suggerire i grandi temi na zionali e internazionali discussi dai media. «Mi considero un analista politi co a cui è toccato in sorte di disegnare. Il Centro segue il mio lavoro da anni. Una mia vignetta ha anticipato il crollo di Wall Street dell'87. Ho previsto anche che Clinton avrebbe vinto le elezioni, che Israele avrebbe attaccato in Libano, che l'Italia sarebbe stata messa sotto sopra dagli scandali. Ora, nel suo ultimo libro sugli Usa che si chiama "American National Security", il Centro ha utilizzato 13 vignette e 11 sono mie. E' uno di quegli stu- di sulla situazione strategica che i rappresentanti del governo di Washington e le persone che contano nel mondo compulsano con attenzione. Hanno deciso di usare i miei "cartoons" come un mezzo per raggiungere meglio i lettori». Con la rapidità di un caccia F-15, come diceva lei. «Il vantaggio di uno come me è che può comunicare un concetto complesso (per esempio la Tangentopoli italiana o l'assedio di Sarajevo) in non più di sette secondi. La mia arte consiste nel condensare il tutto in un'unica immagine. Se invece sugli stessi temi si scrive un'analisi, al lettore ci vogliono almeno 17 minuti per coglierne il significato». E, per di più, il suo messaggio è anche divertente. «Già. Ma non basta essere divertenti. Sarebbe come limitarsi a offrire un dessert. E invece il cervello ha bisogno di essere nutrito con le vitamine. Nel mio caso le vitamine sono i fatti. Io mi baso sempre su di loro». Ha pensato di realizzare una vignetta autobiografica per immortalare la sua ammissione al Centro? «No, assolutamente. Non sono io a essere importante, ma i miei "cartoons". Sono loro che mi soprawiveranno». Ci sono dei problemi che le stanno più a cuore e che vorrebbe vedere discussi a Washington? «Due: i vostri scandali e l'impotenza dell'Occidente nei confronti della catastrofe in Bosnia. Mi siederà attorno a un tavolo con i miei colleghi e parleremo. Saremo come un gruppo di scienziati che analizza gli eventi freddamente, senza permettere interfe¬ renze alle emozioni». Perché l'Italia? «Quando l'Italia prende un raffreddore, tutta l'Europa starnutisce. Non solo siete un Paese importante, ma siete destinati a diventare una nazione leader, grazie alla reazione decisa dimostra¬ ta contro la corruzione». E' un giudizio lusinghiero, che pochi condividono. «Guardi, ciò che sta avvenendo da voi avrà effetti notevoli sul tessuto morale del Vecchio Continente. Di fronte ai vostri scandali, penso che i popoli d'Europa si stiano chiedendo: se questa è la democrazia, non sarà meglio cominciare a preoccuparci più da vicino di cosa stanno facendo i nostri politici? Ammiro l'Italia perché sta mettendo tutti i corrotti, a migliaia, in prigione». Quanto alla Bosnia? «Nell'ex Jugoslavia abbiamo lasciato passare il momento in cui sarebbe stato necessario dire: basta, non tollereremo più oltre. Invece si è lasciato che gli eventi seguissero il loro corso e che venisse compiuto un genocidio. Sono convinto che i raids aerei sa- rebbero stati sufficienti per costringere i serbi a ritirarsi. Ma ora è troppo tardi». Torniamo alla sua nomina. Non tutti hanno grande considerazione per la satira. Uno dei più grandi giornalisti americani, David Broder, ha scritto che non esiste solo la classica distinzione tra notizia e verità ma anche quella tra notizia e caricatura. «Secondo un recente sondaggio, solo il 17 per cento dei lettori dedica tempo agli editoriali, mentre il 95 per cento guarda le vignette. Il "cartoon" possiede un potere speciale. Si può concentrare tutto in pochissimo spazio. E' come un ponte lanciato tra culture diverse, una forma di esperanto. Non a caso, io pubblico in 79 Paesi ogni giorno». Lei è nel Guinness dei Primati proprio per questo. «Già. Posso comunicare con tutto il pianeta, dagli Usa al Botswana, dalla Gran Bretagna al Bangladesh. E in tutti questi posti non ho mai visto traccia di commentatori come David Broder». Ma non è difficile rivolgersi a un pubblico così vario, che corrisponde addirittura a buona parte dell'umanità? Non le è mai successo che una sua vignetta, considerata spiritosa negli Usa, non suscitasse le stesse risate in un altro Paese? «No, direi di no. Il motivo è che i miei lettori sono di un certo livello. E' gente informata. Con loro stabilisco un contatto: è come se facessimo l'amore. Non a caso, i miei lavori appaiono sul "New York Times" o sulla "Welt". In Giappone, per esempio, le mie vignette escono ogni settimana sui tre quotidiani principali, 1' "Asahi Shimbun", il "Nihon Keizai" e lo "Yumiyuri Shimbun". Qualcuno ha osservato che l'unico settore in cui Washington vanta un surplus commerciale con Tokyo è quello dei "cartoons"». Lei parla di un surplus di intelligenza e di ironia. Come definirebbe la sua attività? «Penso che la mia professione sia la più antica del mondo, anzi la seconda più antica. Già i profeti della Bibbia erano dei "politicai cartoonists" ante litteram. Basta guardarsi i discorsi di profeti come Geremia e Isaia o quelli dello stesso Gesù. Comunicavano sotto forma di metafore e di parabole: maneggiavano le parole come immagini, anche se non possedevano penne e pennarelli». Gabriele Beccaria I suoi disegni escono su 1015 giornali di 79 Paesi «Il mio messaggio arriva al lettore in sette secondi Per capire un commento occorre un quarto d'ora» Due vignette di Ranan Lurie. «Tra i miei cartoons e un articolo c'è la stessa differenza che passa tra un caccia F-15 e un treno», spiega il disegnatore satirico americano