Morta e senza nome E quel viso ci interroga di Lorenzo Mondo
Morta e senza nome E quel viso ci interroga PANEALPANE Morta e senza nome E quel viso ci interroga A concentrazione in poche settimane di fatti criminali segnati da forti analogie fa parlare di estate dei delitti. Non so se le percentuali, comunque inaffidabili per una materia così complessa nella sua immanente brutalità, confortino il diffuso sentire. Mi sembra però fortuito il legame tra le ragazze assassinate di elusone e di Ivrea, di Viareggio e di Lodi. Diversi possono essere i moventi e gli attori: la gelosia, la vendetta, la libidine incontrollata e feroce, passando attraverso tutti i gradi di una ragione offuscata e travolta, 0 resa più acuminata dalla volontà di uccidere (soltanto un semplicistico e desolante relativismo morale può escludere infatti la nozione di colpa). Di comune resta il fatto che le vittime designate sono le donne, che nel sodalizio o nell'antagonismo con gli uomini risultano fisicamente più deboli: donne disinvolte, secondo il costume del tempo in cui viviamo, e magari spregiudicate, il che non autorizza un giudizio moralistico, ma comporta semmai una disattenzione e un rischio in più per chi si addentra nell'imprevedibile selva umana. Sono, più generalmente, corpi violentati e sfigurati, ridotti all'umiliazione di ricetti infami e abbandonati alla corruzione, all'insulto dei sacchi di spazzatura. Per il resto, sol tanto in un'ottica teologica si può pensare a una ramifi cata cospirazione del Male, che va ben oltre la sorte di ragazze indifese in un agosto rovente. Quasi l'esatto rovescio della cristiana co munione dei santi, di una pervasiva solidarietà dei giusti. Come sempre, i fatti abnormi sono competenza della polizia criminale e de gli psichiatri, a meno che ci aiutino a penetrare le pareti della normalità, di compor tamenti in apparenza ineccepibili. Perché, appropriandoci della massima «Humani nihil a me alienum puto», tutto quello che ì umano ci appartiene e ci in terpella. Non mi interessa no qui i «mostri», gli esecu tori di efferatezze in cui sembra realizzarsi una tota le o parziale esclusione dal consorzio umano. Cerco piuttosto di immaginarmi con disagio - una cautela 1 che nasce dal timore di I commettere empietà - l'ha bitat affettivo e morale delle ragazze assassinate, le persone che raccoglievano nella vita di ogni giorno le loro cupezze e il loro riso, che non hanno saputo o potuto capire e prevenire. Aiuta a vincere l'esitazione scrupolosa il delitto consumato di notte sulla spiaggia della Versilia. Non perché si discosti particolarmente dagli altri, perché lo renda significativo l'eco smemorante di una vicina festa sul mare, l'interruzione sinistra di un'aria torpida di vacanza. E' il volto di lei a interrogarci, quello sconvolgente identikit disegnato dalla morte. Certo, nel volto aguzzo non si possono ignorare gli occhi velati come per il rifiuto di vedere, la bocca semiaperta tra stupore e volontà di dire. Ma colpiscono soprattutto i tratti tirati, il gelo che li fissa in una estraneità marziana, in una lontananza che non è quella imposta naturalmente dalla morte, ma che la morte ha inteso pietosamente svelare. La fotografia è un identikit per una volta tanto preciso, scattato e diffuso perché qualcuno possa riconoscerla e darle nome, reclamarne le spoglie e piangere. Ma è questo che turba, che rende più grande la pena. A 48 ore dal delitto nessuno si è presentato - genitore, fratello, amante o amico - per dire che quella donna è esistita, ha lasciato traccia di sé in una vita di relazione e di affetti. Non basta a spiegarlo la distanza da casa, la distrazione feriale, la paura, chissà, o la vigliaccheria. Viviamo in un mondo immerso con voluttà imbambolata nel villaggio globale creato dalla tv, dove tutto è possibile sapere, spesso addirittura in tempo reale. Eppure un oceano di voci e di orecchie in ascolto non riesce a impedire che ci si perda in una solitudine paurosa, prima e dentro la stessa morte. E' quella solitudine che ha scelto oggi di gridare da una bocca piena di sabbia. Lorenzo Mondo ido
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