FARNESINA COMANDA L'ECONOMIA di Gian Enrico Rusconi
«Elezioni entro dicembre, dopo che il governo avrà varato la finanziaria» FARNESINA, COMANDA L'ECONOMIA a «uno spostamento di un reggimento fuori Mogadiscio», quindi a «un problema non serio di politica estera». Francamente questo mi pare un giudizio «diplomatico» vecchia maniera. Sarebbe stato più corretto ammettere che l'intera vicenda somala ha rivelato un dilettantismo politico, da evitare accuratamente nella «nuova» politica estera italiana. Più convincente è la risposta di Andreatta sulla presenza italiana nel conflitto della ex Jugoslavia. Ricorda che all'Italia è stato affidato con successo il blocco navale, in armonia con le autorità dell'Onu. Ma proprio qui, nella qualità delle reazioni pubbliche alla questione bosniaca a confronto con i limiti della politica italiana, sta uno dei noccioli della questione. Da un lato abbiamo le ragioni del ministro, dall'altro il senso di frustrazione dell'opinione pubblica che assiste impotente alla tragedia di una regione che per storia e geografia avrebbe dovuto essere il luogo ideale per una solidale corresponsabilizzazione. Invece proprio la storia e la geografìa hanno consigliato di tagliar fuori il nostro Paese dalle iniziative di pacificazione, consentendogli soltanto il pur rilevante ruolo di aiuto umanitario. Ma sono bastate poche centinaia di uomini mandati a pattugliare il confine orientale diventato scottante, per irritare sloveni e italiani. Il divario tra l'emozione collettiva amministrata dai mass-media e i limiti della politica è enorme. D'altro canto, se dalla geopolitica passiamo alla geoeconomia, a prima vista le cose non sembrano migliori: l'Italia rimane fuori dallo Sme, peraltro sfasciato, e assiste passivamente alle gravi frizioni intraeuropee e interatlantiche. Su questo punto Andreatta però non si lascia scoraggiare: ha in mente proposte atte a risolvere a livello comunitario e atlantico i conflitti econo¬ mici. Traccia affascinanti, anche se ipotetiche, gerarchie di federazioni europee, dalla Federazione baltica a quella dell'Europa centrale, fino alla Federazione di Carlo Magno... Se non conoscessimo la solidità di Andreatta, queste ci parrebbero fughe in avanti di fronte alle frustrazioni e alle miserie del quotidiano. In realtà, la crisi di gestione o di trasformazione dei grandi organismi europei e atlantici trova impreparato il nostro Paese, anche culturalmente. Di fronte alle emergenze che ipotizzano il ricorso alle armi, scatta la voglia di isolazionismo, in una confusa mescolanza di moralismo e di opportunismo. E' il prodotto convergente di molti orientamenti pacifisti cattolici e di sinistra, che ora si saldano con il disimpegno della Lega da tutti i temi «nazionali» spinosi, da cui non può trarre un successo elettorale pronta-cassa. E' una posizione ideale per sentirsi «umanitari» e insieme criticare il governo, ridotto ad essere di facto un'agenzia della Croce Rossa Internazionale. Il ministro Andreatta non può limitarsi a richiamare gli attestati di stima di illustri statisti stranieri verso il governo Ciampi. Qui occorre un lavoro di comunicazione pubblica di grandissimo impegno che richiede solidità politica e legittimità di tipo nuovo. Su quali forze il ministro pensa di contare per convincere gli italiani che l'Italia come nazione - cioè come organismo unitario - si trova in una fase della sua storia che esige nuove forme di responsabilizzazione verso l'esterno, costose in termini finanziari e di Impegno umano? Oppure i limiti della politica estera italiana sono semplicemente il riflesso delle incertezze interne? Sono un segno premonitore della smobilitazione definitiva dell'Italia come nazione? Il panorama politico di questi mesi tra forze vecchie, nuove e riciclate non è incoraggiante. Ma è urgente che questa problematica sia messa nell'agenda della ripresa del dibattito politico. Gian Enrico Rusconi
Persone citate: Andreatta, Ciampi
Luoghi citati: Europa, Italia, Jugoslavia, Mogadiscio
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