Manuela si è fidata di un volto amico

30 Dopo la telefonata a Paolo, la quindicenne non ha preso il pullman da Ivrea a Strambino Manuela si è fidata di un volto amico //fidanzato: «Quel mostro è un ragazzo come noi» Se ne sta seduto sugli scalini della merceria di Strambino, la tesi a tra le mani, il cappello da baseball con la scritta «Nike» gettato nella polvere della strada. Se ne sta lì, Paolo Lombardi, il fidanzato di Manuela, e la gente che passa non sa che cosa fare, se avvicinarsi o lasciarlo solo, mettergli una mano sulla spalla o tirare dritto, abbandonarlo al suo dolore senza fine. E forse neanche lui lo sa, e comunque la cosa non gli importa più di tanto. Da quando hanno trovato la sua Manuela, in quel postaccio abbandonato da Dio e dagli uomini, il suo unico pensiero è capire chi possa essere stato a ridurla in quelle condizioni. Nelle case con le persiane socchiuse, gli abitanti di questo paesone senza storia cercano protezione contro caldo e paura, e ripetono una parola troppe volte letta e sentita: «Mostro». Davanti alla merceria, sotto il sole a picco, Paolo cerca solo di non perdere completamente la testa. Ragiona a voce alta: «Se è un mostro, è uno della zona. Uno che Manuela conosceva bene, di cui pensava di potersi fidare. Un ragazzo, uno come noi, sulla ventina: gente più grande non ne abbiamo mai frequentata. Uno che si nasconde qui vicino, a Strambino o a Cerone». Strambino e Cerone, due piccoli punti sulle mappe del Canavese. Gli investigatori li hanno segnati con l'evidenziatore. Il giallo sulla brutta fine di Manuela è ambientato tutto tra questo piccolo fazzoletto di terra e Ivrea, 10 chilometri più su, dove la ragazza è stata vista per l'ultima volta lunedì 2 agosto, alle 14,30. Quel giorno, Paolo l'aveva sentita in mattinata, per telefono: «Doveva andare a mangiare dal nonno. Mi ha detto che ci saremmo rivisti nel pomeriggio e mi ha dato appuntamento per le 15,15 alla stazione di Strambino». Manuela non ci è mai arrivata. Né avrebbe potuto, almeno usando il treno: il nuovo orario festivo ha soppresso la corsa. Se qualcuno volesse raggiungere Strambino da Ivrea, si troverebbe di fronte a due alternative: il pullman di linea o l'autostop. Il pullman della Sadem, linea Aosta-Torino, ferma giusto di fronte alla stazione, all'altezza del terminal. Manuela voleva prenderlo? E' possibile, anzi probabile. La commessa di una gastronomia racconta di averla vista attraversare la strada e dirigersi proprio verso la fermata: «Era lei, era sola e fumava». Ma tra le poche cose certe di questa vicenda c'è che sul primo bus del pomeriggio, quello delle 15,45, Manuela non è mai salita. «No, me la ricorderei» ha confermato l'autista ai poliziotti che nei giorni immediatamente successivi alla denuncia di scomparsa gli hanno mostrato una foto recente della ragazza. Non resta che l'ipotesi dell'autostop: qualcuno che Manuela conosceva dev'essersi fermato per raccoglierla. E lei è andata con lui sicura di arrivare puntuale all'appuntamento con il fi- danzato, tanto che non ha neanche sentito il bisogno di telefonargli una seconda volta. Quante volte ci ha pensato, Paolo: «Andavo a letto la sera, dopo essere stato per ore col culo sul sellino del mio motorino, in giro per cercarla, per trovarla, e mi immaginavo la scena di lei che entra nell'auto di un maniaco, lui che la rapisce e la violenta. Eppure mi sono sempre rifiutato di pensare alla morte, alla mia vita senza di lei. Neanche ora ce la faccio. Ieri sera ho bussato a casa sua e sono andato a dormire nella sua cameretta, nel suo letto. Mi sembra l'unico modo per riuscire a starle ancora vicino». L'autostop, dunque. Torniamo alla mappa sulle scrivanie degli investigatori, e ripercorriamo la strada provinciale di Ivrea. Per raggiungere la vecchia casa del custode della centrale idroelettrica di Cerone bisogna svoltare a destra prima di Strambino, superare la piccola frazione e prendere la stradina che porta al campo sportivo. Dopo un ponticello su una roggia, la strada diventa un corridoio di mais e pioppi, polvere e sassi, rovi e cespugli. Tre chilometri così ed ecco, sotto il raccordo autostradale che unisce la TorinoMilano e la Torino-Aosta, i resti della centrale che un tempo alimentava una fabbrica tessile. Dietro, s'intravede il tetto diroccato della casa che chiamano «del mostro». Paolo non riesce a darsi pace: «L'ha visto il posto? Chi l'ha trascinata lì sapeva dove andava. E quelli che ci vanno ormai sono solo tossicodipendenti o maniaci: da quando anche la discoteca "Il Tempio" è stata chiusa, il giro è quello. I primi giorni ero certo che si trattasse di un rapimento. Dopo la scomparsa di Manuela ho ricevuto due telefonate mute, altre due sono arrivate ai nonni». E adesso? Paolo raccoglie il suo cappello da baseball. Un anno fa, il 18 agosto, s'era fidanzato con Manuela. Parla come se lei fosse ancora qui: «Ora cercherò di prenderlo. Quel ragazzo ha reso la nostra vita un inferno». Gianni Armand-Pilon «Chi l'ha uccisa è uno che conosce bene la nostra zona, si nasconde qui e non può avere più di vent'anni» g Manuela Petilli è stata vista l'ultima volta il 2 agosto a Ivrea da una cassiera, mentre si dirigeva al terminal dei pullman: ma non prese quel bus per Strambino

Persone citate: Cerone, Gianni Armand-pilon, Manuela Petilli, Paolo Lombardi, Sadem, Strambino Manuela