Cavallo Eden delle coscienze sporche

Cavallo, Eden delle coscienze sporche Ma la «perla» a Sud della Corsica oggi ospita altezze reali, attori e vip in vacanza Cavallo, Eden delle coscienze sporche Isola dei latitanti, dai Romani a Tangentopoli LA SPIAGGIA DELLE OMBRE CAVALLO DAL NOSTRO INVIATO «Ohe, ranocchietta, cos'è che vai a fare di bello, adesso?». Ranocchietta, che nasconde i suoi cinquant'anni suonati sotto una cartapecora color coccio, risponde a squarciaci affinché tutti sentano: «Vadt mangiare un po' d'aragosta c a bere qualche bicchiere di champagne». La scena si svolge sul piccolo molo di legno a Bonifacio mentre attracca, e poi subito stracca, il barcone-navetta per l'isola di Cavallo, il cui nome gli italiani pronunciano ostentatamente Cavallo. Ed è, salvo eccezioni, tutto il francese che esce da quelle sapienti bocche. Mi imbarco anch'io per Cavallo, tutto vestito da città, dopo una interminabile traversata automobilistica da Ajaccio (e imparo a pronunciare «Agiacsò») a Bonifacio. Pensieri cupi mi hanno accompagnato, come ad esempio: guarda com'è bella, ben tenuta e rispettata questa Corsica e che cosa vuol dire far parte di uno Stato che è uno Stato. Nota, la diffusa civiltà dei rapporti fra persone, il comportamento stradale, nel bar o nella toilette. Pensieri, lo confesso, provinciali e invidiosi. Il pensiero mi tornerà frequentemente nell'isolotto strabiliante e traboccante di bellezza che è Cavallo, noto più che altro come il paradiso perduto dei latitanti, l'Eden delle anime torbide e delle coscienze in attesa di candeggio. Mi avvertono subito che ai tempi dell'impero romano qui aveva sede una famosa colonia penale dove venivano trattenuti, alla sferza e al piccone, i cavalieri magnoni e concussori, i senatori finiti sotto inchiesta, i liberti portaborse e comandanti di legione che avevano fatto la cresta sulle commesse militari. Cavallo è stata di fatto scippata alla Francia da una colonia di italiani che dominano con l'idioma, la cucina, l'edilizia, i modi. Ma, ed è questo l'aspetto notevole, non per questo l'isolotto ha smesso di essere totalmente, indiscutibilmente, filosoficamente francese: qui la Francia fa sentire tutta la sua inflessibile ed efficiente superiorità burocratica, per non dire della forza e dell'autorevolezza dello Stato. Cortesi e amichevoli, i gendarmi ispezionano continuamente tutto, controllano ogni dettaglio, fanno della francesità un elemento di integralismo che può benissimo fare a meno del banale dettaglio costituito da una schiacciante maggioranza straniera e per di più ricca, colta, con una forte personalità. Lo Stato controlla i dettagli, dove subito si anniderebbe il diavolo. E sarebbero guai se l'Hotel des Pécheurs - il vero centro sociale - non esponesse ogni giorno i menù all'ingresso del ristorante, come vuole Parigi. E guai a chi gettasse in mare (ma a nessuno salta in mente) un pezzettino di carta piccolo così, o pescasse un pesce, uno solo - i gendarmi accorrerebbero all'abbordaggio della vostra canna da pesca, o fiocina, o barca - oppure, sciagu- rato, inquinasse con qualsiasi cosa, fosse pure il tappo dell'acqua minerale. I liquami delle fogne sono depurati in loco e ridotti allo stato di rugiade innocue che si irrorano in un mare dalle trasparenze tropicali. Les italiens hanno avuto, questo è vero, briglia sciolta nell'edificare. Ma a condizione che diventassero catacombali fra architetture di rocce tondeggianti, lisce come gobbe di pachidermi calcificati. L'Esprit des lois domina davvero come un ente supremo e invisibile perché, salvo le ispezioni improvvise e frequenti come quelle carcerarie, non esiste un gendarme sull'isola, così come non esistono automobili, ma loro ecologici surrogati di cui oliremo. Davvero il giardino dell'Eden, allora? Un momento: appena sollevi un ciottolo o alzi le gonne a una collinetta che cosa scopri? Che sotto c'è una villa miliardaria, invisibile, attrezzata come un sottomarino atomico. I suoi accessi sono labirintici e mimetici, protetti da giardinetti rasati come green di golf o come tetri teatri per barbecue da Anni Cinquanta. Le ville sono veramente tante per un'isola di un chilometro quadrato e tante altre sono quelle in costruzione. Quanto ai latitanti e ai vip chiacchierati per cui Cavallo va famosa si sono rintanati sotto le rocce o sono fuggiti con l'aeroplanino non appena il settimanale «Panorama» ha pubblicato l'elenco annuale dei presenti e degli assenti. Sono degli specialisti, ormai, dell'arte della fuga mimetica. Escono dai cespugli di mortella soltanto quando i ficcanaso sono ripartiti. Ma molti non sono più tornati affatto. E qualcuno dei grandi è morto, come Raul Gardini, che qui era di casa. Il pretendente al trono italiano non è fuggito, ma semplicemente ha dovuto fare un salto a Ginevra e tornerà domenica. Così mi dice, quando telefono a casa Savoia per chiedere di Vittorio Emanuele, la principessa Marina con voce più che soave. Sparito e sempre più scocciato è Silvano Larini, che insieme alla sua Viviana fa la spola con Milano usando la linea francese per Nizza. A Cavallo non c'è un vero aeroporto, ma una pista di terra battuta come nei film d'avventura, come le piste fantasma dei marijuaneros colombiani. Atterra un piccolo aeroplano bianco e azzurro che sembra una zanzara, solleva una gran polvere e carica il passeggero. Non dev'essere difficile sparire di qui senza lasciare tracce, salvo un effimero polverone quando l'elica è al massimo regime. Chi venisse qui pensando di trovare un campo di occultamento di tangentari e vip chiacchierati sarebbe alla fine deluso: predominano i comuni borghesi, i normali professionisti, le gio¬ vani coppie di innamorati e sposi che vengono a spendere metà di quanto spenderebbero in Costa Smeralda, godendosi un'isola di tracotante e quasi indecente bellezza. Tutto quel che si sente, verso sera, è il vociare festoso e petulante dei bambini (che un tempo non potevano sbarcare) e di preadolescenti incerti se dedicarsi alle fatiche dei primi flirt o alle più congeniali partite a rubamazzo e rubamazzetto. E i francesi? Si fanno vedere, più che altro per marcare la loro sovranità. Ma vengono anche ad apprezzare questo curioso appalto concesso agli italiani. Sicché si vede spesso al ristorante Jacques Seton, uno dei primi contribuenti di Francia, così come alcuni ministri e funzionari. Davanti all'isola incrociano in continuazione gli occhiuti vascelli (di notte dardeggiano il mare con potenti fari) della Gendarmerie. I francesi, colti da una comprensibile gelosia, hanno imposto l'edificazione di un villaggio moderno ma di stile provenzale. Ne consegue un curioso clima di occupazione alla rovescia, una sorta di riedizione di Casablanca. E la mia guida potrebbe vestire i panni del Rick-Bogart benché si chiami Spartaco: ristoratore e manager che gestisce anche il locale «da Spartaco» a St. Martin nelle Antille Olandesi. E' terrorizzato dalla pubblicità e dai cacciatori di teste di mezza estate che pretenderebbero di vedere i Savoia, i Varasi, Pompeo Locatelli e magari anche Ornella Muti che se ne sta un po' imbronciata in una villa graziosa e invisibile come quella di Carolina di Monaco. Spartaco mi mette a disposizione lo strumento semovente con cui perlustrare questa base lunare: una automobile elettrica che emette un composto gemito da tranvai col silenziatore. Per l'ispezione basta un'ora. La villa di Larini è vicina a quella di Vittorio Emanuele e come quella di Varasi e di Locatelli si tratta di edifici notevoli, ma sapientemente nascosti, case alla macchia e nella macchia. L'isola è diabolicamente affascinante: cento mari e cento spiagge, voli di corvi e di gabbiani, sabbie di grano grosso e dorate come cotolette viennesi, canneti. La macchina elettrica simile a quelle dei trogloditi intelligenti di «Hanna & Barbera» arranca con la cocciuta potenza di una tartaruga cibernetica. Ho accennato alla facilità con cui da questo varco è possibile espatriare: sono partito da Bonifacio, vale a dire dalla Francia, e sono sbarcato al piccolo porto di Santa Teresa di Gallura senza dover sottostare ad altro fastidio se non a quello di implorare e minacciare il tassista Tommaso, affinché si decidesse ad uscire dal letto e presentarsi al molo. Quanto al resto, neanche un vigile urbano. Forse anche per questa naturale osmosi tra isola francese e isola italiana i nostri concittadini turisti si comportano in tutta la Corsica con un esprit d'arrogance da vergognarsi: si rivolgono a chiunque nell'italiano sbracato delle versioni padane, romane e napoletane, dando del tu agli allibiti chioschisti: «Senti, kè-ggelato-sciai?». Oppure: «Ma voi francesi ce l'avete almeno un vino decente?» e simili. Nell'illusione italica di essere irresistibilmente simpatici. E riescono a farsi odiare più di tutti dai pochi autentici corsi, i quali, potendo, preferiscono rivolgersi ai turisti italiani in francese. Salvo poi dar di mano allo spray e scrivere su tutti i muri: «Decolonizasione», «Fora» e «I posti de lavoro ai corsi». Ranoccchietta, eccola lì col suo caschetto di capelli tuttastoppa, ha finito di ingollare aragosta e champagne, povera stella, e si avvia alla siesta. Riparte il battello che traghetta per l'Ade dei ricchi, c'è chi sospira, chi piange e chi dorme. Paolo Giurarti Niente inquinamento e niente plastica su questo «atollo incantato» protetto dalle severe leggi francesi E «les italiens» sono marcati stretti «Qui si sparisce senza tracce salvo il polverone dell'aeroplanino che sembra una zanzara» j«g 1II Tra i vip in vacanza a Cavallo Ornella Muti e Vittorio Emanuele Un'immagine dell'isola di Cavallo un vero paradiso in terra francese A destra Silvano Lari ni