«Mandati allo sbando sull'Etna» di Fabio Albanese

Accuse dei parenti dopo l'incendio sul vulcano che ha ucciso 4 forestali Accuse dei parenti dopo l'incendio sul vulcano che ha ucciso 4 forestali «Mandati allo sbando sull'Etna» Nessun dubbio sull'origine dolosa E sui soccorsi indaga la magistratura CATANIA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Mi urlava "aiutami"; io ero sopra di lui, lo vedevo fra le fiamme. Siamo rimasti così per quasi tre ore, prima che arrivassero i soccorsi. Poi quando si è visto l'elicottero, non si è potuto fare niente perché mi hanno detto che non aveva il verricello. Così è morto mio fratello». Alfio Mineo, maglietta nera e volto scavato dalla disperazione, è seduto su un muretto di cinta del cimitero di Linguaglossa. Da pochi minuti sono arrivate le quattro ambulanze dentro le quali ci sono i corpi delle guardie forestali morte bruciate mercoledì sera nella pineta di contrada «Culma». In una c'è il cadavere di Benedetto, il fratello di 36 anni, come lui operaio stagionale della Forestale, che ha visto morire con i suoi occhi. Adesso racconta e piange. C'è commozione fra la gente che ha aspettato per ore l'arrivo delle salme. Commozione, ma anche tanta rabbia. Quella tragedia forse poteva essere evitata. Ne sono convinti in tanti, in paese, dopo aver sentito il racconto degli altri otto operai scampati alla morte. Dalle loro testimonianze il sostituto procuratore presso la pretura di Catania, Angelo Busacca, ha ricavato una prima ricostruzione dell'accaduto: «Mentre erano nel canalone, c'è stato un improvviso cambio di vento che ha creato l'effetto-camino, un vortice che ha fatto alzare le fiamme dalle quali i quattro sono stati sopraffatti». Da quel canalone, ieri mattina poco prima delle 8 hanno recuperato il primo dei quattro cadaveri: per riportarli nel posto dove Francesco Manitta, Vincenzo Zumbo, Benedetto Mineo e Giuseppa Manitta la sera prima avevano lasciato il loro fuoristrada ci sono volute due ore di lavoro da parte di decine di vigili del fuoco e guardie forestali. Chiusi dentro sacchi di plastica, i cadaveri sono stati portati a spalla lungo la parete scoscesa e annerita della collina. La zona è impervia; per arrivare sul costone i fuoristrada faticano in un viottolo largo meno di due metri. I curiosi e i parenti delle vittime sono stati tenuti a valle perché nella mattinata di ieri c'erano alcuni focolai di incendio. I colleghi piangono in silenzio. Sanno che quelle morti, comunque, sono l'esito della disperata ricerca di un lavoro che da queste parti è sempre più difficile trovare. Solo a Catania l'ispettorato della Forestale assume ogni anno seimila operai stagionali; lavorano da 51 a 151 giorni all'anno, a ottantamila lire a giornata per andare a spegnere le centinaia di piccoli e grandi incendi che ogni estate bruciano i versanti dell'Etna. Ora i sindacati tuonano: chiedono di rivedere il reclutamento dei forestali e annunciano un'ora di sciopero in coincidenza con i funerali, che si svolgeranno oggi nella chiesa madre di Linguaglossa. L'assessore regionale all'Agricoltura Francesco Aiello parla di «attacco criminale e di strategia di incendi dolosi nell'isola» e prende le distanze dalla «Sicilfor», una società incaricata di realizzare il rimboschimento per conto della Regione, che ha in concessione quel terreno. Ci sono polemiche anche sulla preparazione professionale dei Forestali. Il personale di ruolo è altamente specializzato, quello stagionale spesso impara il mestiere trovandosi già tra le fiamme. Mercoledì era stato così anche per Giuseppa Manitta, l'unica donna del gruppo. Fino a quel momento aveva lavorato in ufficio. Ma l'altro giorno c'era bisogno di tutto il personale ed è entrata in squadra. Il marito, Salvatore Pennisi, ora non si dà pace. Ieri ha chiesto ai poliziotti di poter entrare nella camera mortuaria del cimitero di Linguaglossa per rivederla. Non glielo hanno consentito: «Non possiamo ammettere i parenti in questo momento», gli hanno risposto. E' andato su tutte le furie quando ha visto entrare il fratello di un'altra delle vittime: «Anche in queste cose non c'è giustizia?», urlava disperato. Non voleva che la moglie facesse quel lavoro. A Fiumefreddo, dove abita la famiglia, le tre figlie glielo avevano ripetuto più volte: «Mamma, lascia stare, è pericoloso. Per quei quattro soldi non ne vale la pena». Ma Giuseppa aveva voluto ugualmente quel posto. Le due inchieste della magistratura potrebbero dare le prime risposte già oggi. Si vuole capire se è stato un incendio di origine dolosa ma, soprattutto, se ci sono stati ritardi o omissioni nei soccorsi. Le parole di accusa dei parenti delle vittime pesano. Sull'origine dolosa non ci sono molti dubbi, anche perché sono stati trovati 3 diversi focolai. Sui soccorsi, invece, c'è molta più cautela: «Non mi risulta che siano stati intempestivi - ha precisato il giudice Busacca -. L'elicottero non poteva scendere perché il terreno è franoso e il turbine delle pale avrebbe attizzato di più il fuoco». Ma alla gente di Linguaglossa questo importa poco. Ricordano altri due forestali morti tra le fiamme, a Pantalica, nel Siracusano, appena due settimane fa. E chiedono di sapere che fine abbia fatto l'indagine della Regione sulle condizioni di lavoro degli uomini antincendio, aperta il giorno dopo quella tragedia. Fabio Albanese Una delle vittime era alla prima missione Aveva sempre lavorato in ufficio I soccorritori recuperano la salma di uno dei quattro forestali morti mercoledì sera mentre spegnevano un incendio sull'Etna

Luoghi citati: Catania, Linguaglossa