Quel Milan che non c'è più di Roberto Beccantini

La squadra campione è partita per gli Usa senza progetti di grande slam La squadra campione è partita per gli Usa senza progetti di grande slam Quel Milan che non c'è più E Gambaro va al Napoli MILANO. Quello che, in compagnia del Toro, ha raggiunto ieri sera Washington è il Milan più umano dell'era Berlusconi. Sempre temibile, e a tratti addirittura spumeggiante, come a Oviedo con il Barcellona e martedì sera, per un tempo, con il Real Madrid. Ma terrestre. Non più marziano, né siderale. Silvio Berlusconi l'ha benedetto con parole pacate. Non andrà negli Usa, il Dottore, anche perché «l'Italia è in crisi e il calcio, oggi, è la ventesima delle mie preoccupazioni». Il più illustre degli ottimisti pentiti ha ribadito che il bilancio non permetteva, e non permette, voli pindarici. Che l'idea del dream team peripatetico, a uso e consumo dei teleguardoni, è stato deposto e riposto. Che i ventimila abbonati in meno, ancorché giustificabili sul piano «fisiologico», «ci si stanca anche a forza di pasteggiare a caviale e champagne», devono fare riflettere. Che la mega rosa, 29 elementi all'atto del ritiro (19 luglio), sarà sfoltita e riportata alla stessa quota dell'ultima stagione, 24 unità. Riconsegnato il brasiliano Elber al Grasshopper e sistemato Lantignotti alla Reggiana, è notizia di ieri il prestito del terzino Enzo Gambaro al Napoli (per un anno). E di qui a ottobre verranno piazzati anche il portiere Antonioli e il difensore Verga. Tagli minimi, d'accordo, ma significativi. L'operazione Lentini, roba di appena un'estate fa, sembra appartenere a un'altra epoca, a satrapi di un altro pianeta. Dopo aver cavalcato i tempi, e costretto la concorrenza a rischiare l'osso del collo per stargli dietro, a questi tem¬ pi, così grami e così dolenti, il Milan si è adeguato. La rinuncia a Fonseca, tanto per dirne una, mai e poi mai sarebbe stata ipotizzabile in condizioni di normale «esercizio». Tutto ciò premesso, l'ultimo mercato resta più che dignitoso, se solo pensiamo all'ingaggio di Panucci, soffiato alla Juve, e agli innesti di Laudrup e Raducioiu, Orlando e Ielpo. E' un altro Milan, né potrebbe essere altrimenti, visto che Gullit e Rijkaard non ci sono più, e il trio Van Basten-Lentini-Panucci è già fermo ai box, e chissà quando tornerà in pista. Berlusconi non parla più di grande slam, termine che ha sempre portato una jella atroce, e in materia di scudetto si mantiene molto ma molto sulle generali: «I favoriti non siamo noi. Sono, come sempre, Inter e Juve». C'è una sottile ironia, nel suo tono: ma non solo. Se la Juve gli ricorda il Baggio (Roberto) lasciato all'Avvocato, «perché ne faceva una malattia», i cugini gli rinfrescano la memoria di un altro capolavoro sfiorato: Dennis Bergkamp. «E' un grande giocatore. Il più grande fra quelli arrivati quest'anno - spiega il presidente -. L'avevamo in pugno, e l'avremmo preso se, al momento cruciale della trattativa, la situazione dei nostri olandesi fosse stata chiara». E, aggiungiamo noi, Bergkamp avesse accettato il principio, sacro e inviolabile, un po' più allora che adesso, del turn over. Da Bergkamp a Van Basten il passo è breve, e il travaglio profondo. Ad amici fidati, Berlusconi ha confidato un diffuso pessimismo. E questo a onta di bollettini tutt'altro che allarmanti: la caviglia destra dà meno noie del previsto; a giorni Marco riprenderà a correre; il 25 agosto, consulto ad Anversa dal professor Martens, il chirurgo che lo operò in giugno e lanciò l'sos («temo per la sua carriera»). Il Dottore si consola brindando all'ultimo gol di Boban, un gioiello, alle devastanti sgommate di Simone, all'eterna giovinezza dei suoi Linford Christie, capitan Baresi e Tassotti. Certo, non può non suscitare sensazione un Berlusconi sorpreso, per una volta, a meditare più su quello che ha vinto che non su quello che l'indole lo spronerebbe a vincere. Abolite le graduatorie fra scudetto, sarebbe il terzo di fila, e Coppe: si naviga a vista. A partire dalla Supercoppa in palio sabato, con Raducioiu al posto di Papin. Intanto, zitto zitto, Fabio Capello porta avanti quella revisione tattica già promossa all'atto della sua investitura. I chili e i centimetri di gente come Gullit e Rijkaard, Van Basten e Lentini, per tacere della classe, non sono riproducibili in laboratorio. E allora, niente più Milan schiumante e opprimente, assatanato ed eretico. Il nuovo Milan ad assetto variabile fa del contropiede alla Trap e dell'agilità il catechismo alternativo. Soltanto dei pazzi furiosi avrebbero tirato dritto come se niente fosse successo. E invece, di fatti, ne sono successi fin troppi. Sabato, a Washington, non si sa bene che cosa cominci: se semplicemente una nuova stagione oppure tutta un'altra storia. Roberto Beccantini Berlusconi: timori per Van Basten, rimpiange Bergkamp I B Il duo Boban-Van Basten (a sin.) si potrà ricomporre? il presidente Berlusconi (sopra) è pessimista sul recupero dell'olandese

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