Il secolo di Satana

Baget Bozzo: «E' una fuga dalle complessità del vivere» DISCUSSIONI. Dopo i discorsi americani di Wojtyla Il secolo di Satana Apocalisse, ricatto del Papa? diciamolo, al di fuori ogni connotazione negativa: sembra di essere tornati nel Medioevo. Gli anatemi di Giovanni Paolo n contro il «secolo della morte», contro l'America nuova Babilonia ci proiettano di colpo dalle sanguinose convulsioni del presente alla marmoree cesellature di un bassorilievo gotico, alle grottesche meraviglie dei bestiari medievali. La Vita che lotta contro la Morte. Da una parte il Bene, dall'altra il Male. E al centro dell'invettiva lui, il Maligno: «il Drago, il Principe di questo mondo, il Padre della Menzogna» che conduce «l'armata delle tenebre» e attenta alla «nostra dignità e identità di esseri liberi e spirituali». Immagini forti, parole suggestive, tono profetico, tensione millenaristica. Viene anche da pensare alle apocalittiche fantasie di Hieronymus Bosch. Il Papa combatte il Male impugnando il Male, brandendo visioni cupe e orrorifiche. Sembra quasi un ricatto. Gli echi della crociata contro l'Occidente materialista, partita fragorosamente da Cherry Creek e Denver, durante la visita papale negli Stati Uniti, hanno varcato l'oceano. In un'intervista uscita ieri sull'Avvenire, il giornale dei vescovi, Rocco Buttigliene ha approfondito concetti già espressi il giorno prima sulla Stampa. Un sussulto di antiamericanismo? Niente affatto, dice il filosofo cattolico: davanti ai 300 mila giovani di Denver, Wojtyla «ha parlato americano: con un grande amore per l'America e l'Occidente, che ha colpito gli stessi americani. Il Papa ama l'America, perciò non perde tempo a lodarla, ma la chiama a conversione». E ancora: «Il Papa mette in guardia: l'Occidente non è una soluzione, l'Occidente è il problema. 0 meglio: c'è una lotta tra due interpretazioni dell'Occidente. Una si fonda su una concezione cristiana della persona umana. Una fonda l'Occidente sul relativismo etico (...). 11 Papa dice: è la prima concezione che salva l'Occidente». Nessun ricatto. Alle parole di Buttiglione ha fatto da contrappunto la sottile argo- mentazione di Biagio De Giovanni, sulla prima dell'Unità di ieri. Dopo aver negato che la «cultura della morte» sia tipica del Novecento («la dimensione tragica appartiene a tutta la storia umana e le apparterrà fin quando la storia sarà fatta dagli umili»), il filosofo post-comunista affonda il bisturi: le tesi proclamate da Wojtyla sono «un grido contro la modernità, un grido contro il secolo secolarizzato». La Chiesa, osserva De Giovanni, è lacerata da una contraddizione «fra il proprio autoritarismo e la predicazione di libertà che è parte decisiva del messaggio cristiano (...). E' impressionante, nel discorso di Denver, l'affermata coincidenza fra il genocidio e l'aborto. Ma è una coincidenza estremamente sintomatica che delinea sia uno strumentalismo nell'analisi del secolo, sia una più profonda e immanente difficoltà a misurarsi con il tema della libertà». Gianni Baget Bozzo, il sacerdote «scomodo» sospeso a divinis dodici anni fa, condivide l'analisi di De Giovanni. E rincara: «E' singolare che il Papa assuma la stessa posizione del neofondamentalismo protestante americano, quella del reverendo Robertson che identifica secolarismo e satanismo, e condanna apocalitticamente tutta la realtà. In questo modo Wojtyla contraddice la linea dell'episcopato del Nord e del Sud America, teso alla riforma sociale e culturale dell'Occidente, della società secolarizzata, e così entra in concorrenza con gli sforzi di una parte della Chiesa cattolica americana, che già perde molte posizioni a favore dei protestanti. Per i fondamentalisti la storia non esiste, sparisce. Ripetono che Dio ha dato una legge, che bisogna seguirla altrimenti ci castiga; se l'uomo si converte, tutto si risolve. E' una fuga dalla complessità del vivere. Sulle medesime posizioni si ritrovano il fondamentalismo cattolico come quello protestante, quello islamico come quello ebraico». Tutti accomunati dalla lotta contro l'ultimo «impero del male» rimasto dopo la caduta del comunismo. Ma è poi sicuro che il nostro è il secolo di Caino, che il male dilaga, la morte trionfa? E' vero che ci sono state le due guerre mondiali, che sono sotto i nostri occhi le tragedie della Bosnia e della Somalia. Però la medicina ha compiuto progressi mai accumulati prima, la possibilità di soprav¬ vivere si è estesa a zone del mondo dà cui era bandita, il benessere si è diffuso. «Secolo della morte? Il Novecento è il secolo della vita! esclama Giordano Bruno Guerri dal centro di Babilonia, New York, dove si trova in vacanza -. Questo è il periodo della storia umana in cui si è fatto di più per la vita. Sarebbe interessante fare un confronto fra il presente e i tempi passati dal punto di vista della quantità di morte in rapporto alla popolazione». Lo storico che si è segnalato negli ultimi tempi come nemico giurato della Chiesa e della sua tradizione ricorda un precedente: «Nel Medioevo c'era un Papa che disse le stesse cose di Wojtyla dopo l'invenzione della catapulta. No, questa non è l'era del Maligno, non è l'impero del male. L'antiamericanismo cattolico è una forma di lotta contro la gioia di vivere». Sergio Quinzio, il pensatore religioso spesso in odore di eresia, ha una posizione più articolata: «Sono da sempre un apocalittico, quindi anch'io vedo il mondo su una pericolosa china verso il caos e la dissoluzione. Anzi, potrei rimproverare a Giovanni Paolo II di non essere troppo coerente in questa denuncia del male che avanza. Ma non sono d'accordo quando il Papa mette sullo stesso piano il genocidio e l'aborto, oltre a ogni atto contraccettivo. Pur essendo convinto antiabortista, credo che qualche distinzione ci sia. Però Wojtyla è un uomo che non fatto l'esperienza della moderna cultura occidentale, è rimasto legato a un universo mentale tipicamente slavo in cui le visioni, le speranze prevalgono sul discernimento storico-critico». Anche la crociata contro l'Occidente, aggiunge Quinzio, si spiega con ima «sovrabbondanza di utopia». E del resto è una battaglia inevitabile, perché «ormai l'Occidente non è più cristiano, e la Chiesa non può non vedervi un pericolo per la fede ancora più sottile, e quindi più perverso, di quello rappresentato dall'Oriente comunista». Battaglia inevitabile ma dall'esito segnato, osserva il filosofo Emanuele Severino, in anni lontani professore alla Cattolica, poi messo all'indice dalle autorità ecclesiastiche. «Che la Chiesa voglia sovrapporre alla realtà la propria "gabbia" concettuale, la forza di una tradizione inconcussa, non è motivo di scandalo, fa parte della sua essenza. La cristianità non può essere difesa se non come fa il Pa pa: senza aperture al mondo, sen za cedimenti al liberalismo. Però è indifendibile. Il mondo è la distru zione delle strutture immutabili, e neppure la Chiesa può opporsi al divenire, perché anche la Chiesa, sotto la superficie del suo scontro con la modernità, ci crede. E chi ha questa convinzione è incapace di edificare costruzioni, case o gabbie che sappiano resistere alla li berta del divenire nel mondo». Maurizio Assalto Quinzio: un eccesso di utopia. Severino: la cristianità può essere difesa solo così, anche se è indifendibile Guerri: '900, trionfo della vita Baget Bozzo: «E' una fuga dalle complessità del vivere» SocietDISCUSIl ApBag«E' daldel Giordano Bruno Guerri e, alla sinistra, Sergio Quinzio In alto a sinistra, Biagio De Giovanni Gianni Baget Bozzo e, alla sinistra, Emanuele Severino. Nel disegno, Giovanni Paolo II visto da Levine