Traffico d'armi Sgominata gang di Andrea Di Robilant

Traffico d'armi Sgominata gang Roma, mega-vendita per arabi Traffico d'armi Sgominata gang ROMA. Cercavano terroristi jugoslavi e invece gli agenti della Digos sono capitati su una banda di trafficanti d'armi che in una Roma deserta e infuocata si erano appena accordati su una mega-vendita di armi pesanti: carri armati, radar, sistemi di difesa anti-missile, perfino addestramento e assistenza tecnica. Valore complessivo: circa 120 miliardi. Destinazione: Kuwait e Yemen. Nome in codice: Tara 1. All'origine di questo intreccio scoperto per caso c'è un vecchio contratto di cui è titolare il governo di Belgrado. Ma la guerra nella ex Jugoslavia cambia lo scenario. La comunità internazionale attua un rigido embargo e l'affare non può più andare in porto. Un esponente dell'ex governo jugoslavo che ne era a conoscenza, Miodrag Jovanovic, decide di cercare comunque un altro fornitore per soddisfare le richieste dei due Paesi mediorientali e intascare la parcella. Entrano in scena l'inglese Charles Brian Nalborough e il bosniaco Reljin Milivoj, rappresentanti della Intora, società finanziaria di intermediazione con base a Londra, e il contratto viene ceduto alla Russia. I tre uomini decidono di incontrarsi a Roma per mettere a punto il contratto e incontrare gli emissari di Kuwait e Yemen. E' una scelta curiosa, anzi azzardata: la capitale è stata a lungo il crocevia del mercato delle armi, ma dal 1990 la legge vieta trattative per la vendita di armi, anche quando le armi in questione non devono transitare sul suolo italiano. E non è l'unico aspetto a rendere poco saggia la loro scelta: la guerra in Bosnia ha spinto il governo italiano a rafforzare le misure anti-terrorismo e a tener d'occhio in modo particolare i soggetti sospetti che vengono dalla ex Jugoslavia. Ma i tre non fanno troppo caso al clima che regna in Italia. Arrivano a Roma la settimana prima Il ministro Manc no di Ferragosto, s'installano in un lussuoso albergo di via Sistina e si mettono al lavoro per stendere il contratto, ignari del fatto che sono già sotto controllo. Per la verità gli uomini della Digos all'inizio non capiscono bene di cosa si tratta. Erano a caccia di terroristi slavi, possibili complici nei recenti attentati a Roma, Firenze e Milano, e adesso sentono parlare di carri armati e difese anti-missile. Più tardi il dirigente della Digos Marcello Fulvi dirà: «Non abbiamo avuto alcuna possibilità di controllo sistematico, solo il controllo sull'uomo. Ma abbiamo intuito che erano-grandi professionisti: si spostavano in continuazione da una hall all'altra dei lussuosi alberghi della zona». Dopo i primi accertamenti, la Digos decide di coinvolgere anche i carabinieri del Ros. Più tardi vengono informati anche gli uomini del Sismi. Intanto i tre uomini completano i dettagli dell'operazione e vengono raggiunti da un quarto, il croato Dusan Marcovic, anche lui legato alla Intora, che arriva nella capitale per mettere a punto una seconda operazione, denominata Tara 2: una partita di armi destinata all'Angola. Alla vigilia di Ferragosto, polizia e carabinieri hanno ormai un profilo ben definito dei quattro uomini che seguono dall'inizio della settimana. E anche i trafficanti hanno finito il loro lavoro: aspettano soltanto i due emissari mediorientali per chiudere il contratto. Ma i due emissari non vengono a Roma: all'ultimo momento e per motivi non ancora chiari decidono di rimandare l'incontro. A Jovanovic e compagni non rimane che fare le valigie e partire per le vacanze. Invece vengono subito bloccati, interrogati e incarcerati. Rischiano dai due ai sette anni (eccetto il Marcovic, la cui posizione è meno grave e che ieri sera è stato rilasciato). Andrea di Robilant Il ministro Mancino Da sinistra Reljin Milivoj, 38 anni; e Miodrag Jovanovic, 52 anni, serbo ed ex rappresentante del governo jugoslavo in Italia

Persone citate: Charles Brian Nalborough, Dusan Marcovic, Jovanovic, Mancino, Marcello Fulvi, Reljin