Il popolo fantasma degli ultrà

Attaccato bus di turisti Il popolo fantasma degli ultra «Anche i musulmani li stanno ripudiando» NELLA TERRA DELLA RIVOLTA TASSIUT UTTI i pomeriggi, per 15 giorni, dal 7 al 21 agosto, migliaia di copti della regione di Assiut fanno lo stesso pellegrinaggio. A piedi o in auto, con la famiglia o i vicini, percorrono la strada in salita che li porta al villaggio di Dronka, al convento della Vergine della Montagna, dove alle 19 in punto comincia la processione. Ma non vi è alcun fervore eccessivo, semmai qualcosa di iconoclasta. Se non fosse per qualche fedele inginocchiato davanti all'immagine della Madonna, sembrerebbe di assistere a una festa popolare. E, in effetti, questo pellegrinaggio annuale sta diventando sempre più per i cristiani dell'Alto Egitto, terra d'elezione degli integralisti islamici, l'occasione di esprimere una solidarietà collettiva, «di mettere le loro preghiere a Dio in comune, in modo che ci protegga dai fanatici», come spiega un notabile locale. Dronka è in larga maggioranza cristiana, copta. Ma a un tiro di sasso c'è Al Balayza e i suoi 10 mila abitanti, pressoché tutti musulmani, sono sotto l'influenza degli integralisti islamici. Eppure, non ci sono stati ancora scontri tra i due villaggi. Il"pellegrinaggio si svolge senza problemi. E tuttavia, quest'anno, i copti saranno meno numerosi del solito. «Il fatto è che un atto di provocazione è sempre possibile - dicono - e, inoltre, negli ultimi due mesi "loro" se la sono presa con tre dei nostri, a Manfalut e a Dairut». «Loro» sono i giovani «terroristi», come dicono alcuni, o i nuovi «desperados», secondo l'opinione di altri, membri della Jamaa Islamyia, l'organizzazione che è legata agli attentati che insanguinano il Cairo da un anno e che è ispirata dallo sceicco cieco Omar Abdel Rahman, il cui nome è stato fatto più volte in relazione all'attentato al «World Trade Center» di New York. Poco importa che l'interlocutore sia cristiano o musulmano, che esprima condanna o comprensione: tutti sostengono che «loro» sono diventati da un po' di tempo guerriglieri fantasma, che si rifugiano nelle grotte delle montagne: dato che sono perseguitati, i loro rappresentanti più influenti non si fanno più vedere in pubblico. Purtroppo, non è possibile verificare se queste notizie siano il prodotto dell'immaginazione di un popolazione ancora traumatizzata da una lunga serie di at- tentati e che, nello stesso tempo, ha bisogno di crearsi dei miti. «In effetti, non c'è modo di sapere la verità», dice Hussal Al-Kilani, deputato del partito nazionaldemocratico del presidente Hosni Mubarak per la circoscrizione di Dairut. Ma quanti sono questi giovani che perlopiù non hanno ancora vent'anni e che si sono autoproclamati giustizieri dell'I¬ slam, dandosi alla macchia? «Sono solo un pugno di ragazzi», spiega Al-Kilani. Sono da 10 a 15 in tutta la regione di Assiut, sostiene la polizia locale. «Sono pochissimi», dicono altri. Sono tutte affermazioni che arrivano alla stessa conclusione: il numero degli ultra è notevolmente calato anche se, non più tardi di qualche mese fa, i loro simpatizzanti venivano calcolati «a mi¬ gliaia», come sostiene lo sceicco Bakir Salh Bakir, uno dei rappresentanti dei «Fratelli Musulmani» a Dairut. Tuttora traumatizzata, la regione non ha ancora ripreso del tutto il suo ritmo normale di vita. Ma in giro non si vedono più poliziotti, o almeno la loro presenza è diventata molto più discreta. Ancora nell'aprile scorso Dairut era praticamente in stato d'assedio, con 1400 agenti inviati dal governo. Il merito di questo cambiamento è da attribuirsi - dicono gli abitanti - al nuovo ministro degli Interni, il generale Hassam Al-Alfi, ex governatore di Assiut. Ad Al-Alfi si attribuiscono qualità che si sentono citare raramente nei confronti dei rappresentanti governativi: onestà, saggezza e tatto. «Non ci sono più arresti arbitrari. Le famiglie dei sospetti non vengono più tormentate. Solo questi ultimi vengono interrogati. Gli abitanti hanno ritrovato la loro tranquillità», spiega lo sceicco Bakir. E poi, «vista la violenza di cui si sono macchiati, la popolarità di questi giovani estremisti si è ridotta a vista d'occhio. Se la prendevano con tutti e non soltanto con i copti. L'inverno scorso, avevano proibito a tutti i giovani il campo sportivo»: la disputa si concluse con una lite, nel corso della quale uno dei «loro» rimase ferito per errore dai suoi stessi compagni. «Del resto - si indigna lo sceicco Bakir - che ne sanno loro dell'Islam e del Corano, che predica la tolleranza e la persuasione? E gli egiziani, poi, aborrono la violenza». In realtà, è l'odio contro il governo che ha prodotto gli estremisti. Ed è questo stesso odio che ha spinto molta gente a simpatizzare con gli ultra, i quali spesso aiutano coloro che sono in difficoltà, ma, in molti casi, non esitano a ricorrere all'intimidazione. In numerosi villaggi la popo¬ lazione, sia musulmana che cristiana, vive in condizioni di spaventosa miseria. All'interno di una medesima baracca di una trentina di metri quadrati, per esempio, vive un'intera famiglia con i propri animali. Sebbene l'insegnamento sia gratuito, molti non mandano i figli alla scuola pubblica perché non posseggono dei vestiti appena decenti da mettere loro addosso e perché non hanno i soldi per pagare quaderni e matite. E' facile sostenere che questa povertà non è nuova e che non bisogna giudicare l'Egitto ricorrendo ai parametri propri delle società occidentali. Ed è anche facile ricorrere ai vecchi miti del complotto straniero, sostenendo che gli estremisti islamici sono stati utilizzati, spesso a loro insaputa, dai servizi segreti americani e israeliani. Ma resta il fatto che il sottosviluppo offre oggi un terreno fertile a tutti coloro che vogliono rovesciare il regime. Alexandre Bucciantì Mouna Naim Copyright «Le Monde» e per l'Italia «La Stampa»

Persone citate: Alexandre Bucciantì, Hassam Al-alfi, Hosni Mubarak, Kilani, Omar Abdel Rahman

Luoghi citati: Cairo, Egitto, Italia, New York