IL PERSONAGGIO
D'Urso: i metri finali a occhi chiusi IL PERSONAGGIO W^mmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmm^ La curiosa storia dell'azzurro diventato atleta per non farsi interrogare di chimica D'Urso: i metri finali a occhi chiusi «Se c'era Benvenuti andavamo sulpodio in due» STOCCARDA. «Gli ultimi dieci metri li ho percorsi a occhi chiusi. Ho pregato perché Konchellah, che sentivo sbuffare alle mie spalle sempre più vicino, non mi raggiungesse. Ho corso quasi in apnea, senza respirare». Giuseppe D'Urso ha tagliato il traguardo degli 800 metri da almeno dieci minuti, ma è ancora in debito di ossigeno quando arriva nell'area delle interviste. Ha fatto un paio di giri d'onore, avvolto in una grande bandiera tricolore. Rivede la gara sul monitor tv e commenta il momento in cui è scattato all'ingresso dell'ultima curva: «Lì ho tirato fuori proprio tutto quello che avevo dentro, e forse anche qualcosa di più. E' una medaglia d'argento che per me vale più di qualsiasi vittoria, una cosa veramente grande. La dedico ai miei genitori. Spero di aver dato loro una grande soddisfazione. Se ci fosse stato Benvenuti? Ci sarebbero stati due italiani sul podio, non uno soltanto. Sono felice, è proprio il caso di dirlo. Sono tanto felice che non riesco a parlar oltre, altrimenti mi commuovo e mi metto a piangere». La storia di Giuseppe D'Urso è abbastanza singolare. Se è passato all'atletica, lui che giocava molto bene a calcio nel Pro Catania e che si divertiva a praticare l'hockey su prato, bisogna dire grazie alla... chimica. Pessimo studente della materia al liceo scientifico Marconi di Catania («Il mio voto migliore era 4, la media attorno al 2», confessa l'attuale studente in fisica pura), per evitare una scabrosa interrogazione partecipò a una selezione di atletica indetta dal prof. Pietro Collura, che in quel liceo insegna tuttora e che è diventato proprio il suo allenatore. Correndo in jeans e in camicia, vinse battendo tutti su un circuito che si snodava attorno alla scuola. Era il 1985: il suo destino era segnato. Il prof. Collura aveva scoperto, grazie all'odio per la chimica, un purosangue. Nello stesso anno, D'Urso stabilì i primati italiani Allievi, tuttora non migliorati, dei 1000 (2'24"0) e dei 1500 metri (3'48"6). Un buon 1986 di preparazione e poi un brutto 1987, con una frattura da stress al metatarso sinistro. Un 1988 pieno di dubbi e poi, nel 1989, il quinto posto alle Universiadi di Duisburg e la prima maglia azzurra, a Macerata con la Ddr. Fallito l'anno successivo l'appuntamento con gli Europei di Spalato («Ero impreparato al clima delle grandi manifestazioni e corsi soltanto per non arrivare ultimo»), visse un 1991 anch'esso pieno di contraddizioni, con la beneagurante vittoria alle Universiadi di Sheffield a metà stagione («Un giornale inglese titolò che l'idolo locale Robb era stato scippato della vittoria da un siciliano») e una conclusione d'annata sfortunata, con l'eliminazione dalle semifinali dei Mondiali «per tre centesimi e per un eccesso di presunzione». Poi un anno olimpico sempre nel segno della sfortuna. Prima una frattura ancora al metatarso sinistro («Ero sul seggiolino posteriore di una Vespa guidata da un amico; andammo a urtare un'auto e sembrava che non fosse successo niente»), poi la ripresa faticosa e, proprio a Barcello¬ na, una febbre da cavallo tanto da non poter gareggiare. In questo 1993 un ottimo avvio della stagione indoor, dopo la preparazione sostenuta in Sud Africa a casa di Fiasconaro, poi la delusione di Toronto ai Mondiali indoor e infine un faticoso inseguimento alla ricerca del minimo per partecipare ai Mondiali. E proprio Marcello Fiasconaro, in una dichiarazione al nostro giornale durante l'inverno, aveva detto: «Benvenuti è bravissimo, ma non dimentichiamoci di D'Urso: mi ha impressionato». Ieri sera abbiamo richiamato Fiasconaro che ha detto: «Ditegli di tornare ad allenarsi qui, farà ancora meglio». Il suo hobby è collezionare i numeri di gara. Li ha messi tutti da parte sino a quello di Barcellona, gara in cui non fu neanche alla partenza. Quello del Mondiale avrà un posto d'onore per il ventiquattrenne siciliano dal cuore candido che ha voluto dedicare la vittoria a papà Carmelo e mamma Carmelina. Vanni Loriga
Luoghi citati: Barcellona, Catania, Ddr, Macerata, Spalato, Stoccarda, Sud Africa
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