La guerra di Rosa: «Non emigro»

La guerra di Rosa; «Non emigro» Cagliari, l'orfana-madre non vuole lasciare paese e fidanzato. Ma lo zio tedesco insiste La guerra di Rosa; «Non emigro» «Io e i miei fratelli in Germania? Non cederò mai» SORELLA ASPIRANTE MAMMA CAGLIARI DAL NOSTRO INVIATO I dubbi? «Se avessi un dubbio sarei una rovina. Per me e per gli altri». Rosa si accarezza la medaglietta, e si morde le labbra, un po' dolce e un po' dura. «Se mi mandano in Germania faccio un casino nero». Rosa, Rosa. «Ormai ho perso mia madre, ho perso mio padre, ho perso i fratellini. Ora non voglio perdere anche gli altri». Nel corridoio del Tribunale si sono awicinati tutti, guardali lì, come in un presepio, il sindaco, il fidanzato, e poi i giornalisti, gli avvocati, i passanti, anche un carabiniere che s'infila nel crocchio per guardarsi da vicino questa ragazzina dalla testa così dura. Chissà come si fa non avere dubbi a 16 anni. Eppure Rosa si morde le labbra, solo perché le parole servono agli altri, e non a lei, e bisogna tirarle fuori quasi per dovere, anche quando sono come lame che lacerano, perché a volte il silenzio è inutile e pure quello che fai può non essere capito. Anche le parole fanno parte della vita, Rosa adesso l'ha imparato. E allora, «ho deciso così e basta», dice. E' l'unica volta che alza gli occhi, e il gesto è così spontaneo che colpisce. Il fatto è che dentro quelle parole ci dev'essere la verità. Dicono che negli occhi c'è l'anima di una persona. In quelli di Rosa Smenghi, 17 anni ancora da compiere, padre madre e tre fratellini divorati dal mare 12 giorni fa a Porto Scuso e gli altri 3 più piccoli da accudire, non c'è paura e non c'è abbandono, mai, ma una durezza strana, fatta di dolcezza e di certezze. A volte, sembrano gli occhi di una bambina, quando si levano improwisi per cercare un altro sguardo, con sfrontatezza. O quando sembrano sbuffare, perché troppe parole devono stancare come un lavoro che non ti piace. Per Donatella, Jessica e Gabriele (6 mesi, 4 e 6 anni), lei ha deciso di sfidare il mondo. Li vuole con sé, sarà la loro mamma e non solo la sorella più grande. E se il giudice li vuole mandare in Germania dagli zii, lei farà «un casino nero». Piuttosto a Gorgonzola, dagli altri zii, fino a quando Rosa non compirà 18 anni. E dopo? «Ah, lì viene il bello. Perché dopo decido io. Poi voglio vedere se viene qualcuno a prendermeli». Sono queste le parole che piacciono a Rosa, quelle che arrivano diritte. Mentre tutt'attorno, resta immobile quel presepe. Davide Pinna, il fidanzato, la guarda solo quando lei lo vuole, come se avesse paura di disturbare. Enrico Piras, il sindaco di San Giovanni Suergiu, tace e acconsente. Una mamma se la rimira. I cronisti aspettano. Solo il carabiniere, adesso, si allontana. Su, a Narcao, fra le case bianche affogate sotto al sole, cactus e olivi bassi, e il benzinaio che sonnecchia nell'unico angolo d'ombra, gli altri zii aspettano. Dario Trullu, la moglie, 4 figli, e quei tre bambini che il destino per ora ha portato a casa loro. Dario Trullu fa il minatore in Germania, nel Nord, dalle parti di Dusseldorf, verso l'Olanda. «Io non la capisco Rosa. E' dura come una pietra, sarà mica normale?, dico io. Ai funerali noi eravamo distrutti, lei soffriva ma cercava di non darlo a vedere. Ma santocielo, lasciati andare. Ci siamo offerti di prenderli tutti con noi, in Germania lei troverebbe subito lavoro, quello è un paese civile, che male c'è? Ma lei è così cocciuta». Lei, ora, si siede sulla panca e si copre il volto con un foglio per difendersi dall'insistenza di un cameraman. Al Tribunale di Cagliari, il giudice ascolta lei e il sindaco di San Gio¬ vanni, per decidere a chi affidare i tre fratellini, se agli zii in Germania o a quelli di Gorgonzola. Un'ora e mezzo a testa. Oggi, toccherà agli zii di Narcao. Rosa ha una maglietta nera con i fiori gialli e le foglie grigie, bermuda verdi, capelli crespi e occhialini. Ogni tanto, sembra quasi che le scappi da ridere. Tutti questi cronisti, tutti questi fotografi, intorno. Eppure, questa volta, anche quest'immagine, questo silenzio sembrano parlare. «Vede, è un pezzo di Sardegna», dice il sindaco Piras. «Un pezzo del nostro mondo». Rosa e il suo presepe. «Quando è accaduta la tragedia di Porto Scuso io ero in vacanza. Ho dato compito di seguire la vicenda a Mirando Basciu, l'assessore anziano. Lui rimase orfano da piccolo, perse genitori e 4 sorelline in una disgrazia simile a quella di Rosa. E' cresciuto grazie all'aiuto di tutto il paese. Lui la capisce bene, Rosa, meglio di tutti. Perché mai questa nostra ragazza deve andare in Germania? Da noi la gente andava via per un tozzo di pane, per vincere la miseria. Ma se non si è obbli- gati, uno ha il diritto di restare». Dev'essere così. Rosa, ora, ha quell'aria cocciuta, gli occhi fissi per terra come se volesse nascondere la sua durezza, o attutire la forza delle parole. «In Germania non posso andare. Gabriele deve iscriversi alla prima elementare, Jessica alla scuola materna. Non sanno il tedesco, avranno già i loro problemi, perché aggiungerne degli altri? Poi, dico la verità: mi trovo male con questa famiglia. Noi non avevamo mai legato troppo con i parenti della mamma. Invece, sono già stata a Gorgonzola, e il posto mi è piaciuto tantissimo». Anche il fidanzato sembra aver imparato la lezione a memoria. Sembra un tipo buono e tranquillo, e adesso fa il muso duro. «Se lei va a Milano», dice Davide, «io l'aspetterò». E se va in Germania? «In Germania? E perché?». Beh, c'è la possibilità. «Quale possibilità? Io non voglio neanche considerarla». Ormai, Rosa ha già deciso. «E lui è d'accordo», sussurra. «Come sempre». Niente Germania, e appena lei diventa maggiorenne, felici nozze. «Stiamo insieme da tre anni», dice Rosa, abbassando di nuovo gli occhi. «E mi è piaciuto subito. Bravo, serio, senza grilli per la testa. Io avevo appena finito di studiare. Lavoravo come colf, ho lavorato fino a quando non è successa questa tragedia». Poi aggiunge un giudizio, come se volesse farsi capire meglio: «E' un ragazzo della mia terra. E questo conta». Certo, l'amore non è un'avventura. E anche gli affetti non nascono dal niente. Basta salire su, a San Giovanni Suergiu, fra le case basse con le porte sulle strade, i bar con le tende ài corde colorate, i muratori seduti sui marciapiedi, e il pastore con l'asino che attraversa la piazza, basta salire all'ombra di questa chiesa aperta sul sagrato per capire che certe storie forse vengono da lontano, arrivano dal passato. «Io in paese conoscevo pochissima gente. Sono giovane e qui non ci sono tanti giovani. Però ci sono altre cose. Quando ho cominciato questa mia battaglia, non contavo sugli altri, non m'aspettavo l'aiuto di nessuno. Contavo su di me e basta. Adesso, minimo minimo, li devo ringraziare, e anche per questo voglio tornarci a vivere con i miei fratellini. Devo dire grazie a tutti, ma non so spiegare perché l'hanno fatto». Rosa Rosa. Ci pensa un attimo, prima di andarsene sotto il sole: «E' il mio paese e basta così». Pierangelo Sa pegno Rosa Smenghi, l'orfana che aspira a diventare mamma dei suoi tre fratelli

Persone citate: Dario Trullu, Davide Pinna, Enrico Piras, Mirando Basciu, Piras, Rosa Rosa, Rosa Smenghi