Pasolini piccolo scrittore ottimo per la televisione di Giovanni Arpino

14 polemica. Gli auto-paragoni di Santoro? Per Guglielmi, sono legittimi Pasolini, piccolo scrittore ottimo per la televisione m vJm NA volta (erano ancora gli Anni Sessanta), telefonai a Giovanni Arpino col proposito di commissionargli un originale televisivo. Giovanni Arpino (del quale avevo appena recensito severamente Delitto d'onore, contestandogli il realismo intimista e piagnone) si mostrò sorpreso e mi chiese come mai gli facessi una proposta del genere visto che scrivevo (e pensavo) così male di lui. Io avrei voluto rispondergli (ma non trovai le parole): proprio per questo. Questo aneddoto me lo fa venire in mente l'articolo pubblicato da questo giornale qualche tempo la in cui Masolino dAmico rimproverava a Michele Santoro l'impudenza di avere voluto avvicinare il suo lavoro (di giornalista televisivo), per la forte aderenza alla realtà che sapeva promuovere, a quello (di scrittore) di Pier Paolo Pasolini. Della stessa colpa mi macchiai io qualche tempo fa quando in una conferenza stampa di presentazione del palinsesto annuale dissi che il progetto della Rete trovava ispirazione o comunque più deciso conforto in una battuta pronunciata da Pier Paolo Pasolini, il quale, in una certa occasione, aveva affermato che era stanco di dover raccontare la realtà con le parole e aveva una gran voglia (che poi realizzò con Ragazzi di vita e Una vita violenta e forse, ancor più, con la sua attività di regista cinematografico) «di raccontare la realtà con la realtà». Quella volta né Masolino d'Amico né altri decise di rimproverarmi per l'ardita dichiarazione forse anche perché sorpresi che proprio io, che non avevo mai nascosto le mie perplessità sulle qualità di Pasolini narratore, ora, nella mia attività di attivatore di programmi televisivi, lo eleggessi a mio ispiratore o comunque a mio insigne confortatore. Non mi pare che sia difficile convincersi che un piccolo scrittore ha più possibilità di riuscire in televisione che un grande scrittore, nel senso che il primo ha preoccupazioni essenzialmente contenutistiche (più facili a essere trasportate in tv) mentre il secondo ha preoccupazioni essenzialmente linguistico-formali di assoluta competenza della pagina scritta. Così non dovrebbe essere difficile comprendere che quando un operatore televisivo per chiarire il senso del proprio lavoro senta il bisogno di indicare una qualche comunità di intenti con uno scrittore di oggi, faccia riferimento per esempio a Arpino e Pasolini e non a Gadda o Celine. Sì, perché anche su Pasolini vogliamo cominciare (noi lo facciamo dagli Anni Sessanta) a dire qualche parola onesta? Certo Pasolini è un grande autore (soprattutto in confronto alla mediocrità - ancor oggi persistente - del contesto pubblicistico-letterario in cui operava), ma tanta «grandezza» ha a che fare con la sua capacità di creare nuove forme e proporre nuovi linguaggi e non piuttosto con la sua abilità di suscitare clamore intorno ai propri prodotti, mettendo in atto ingegnose tecniche di marketing (per esempio affermare sempre il contrario di ciò che ragionevolmente ci si aspetta)? Dal punto di vista letterario Pasolini non è che un epigono di Gadda o, comunque, è il risultato di un cocktail in cui il plurilinguismo gaddiano si mischia al pietismo neorealistico della letteratura degli ultimi Anni Quaranta. Pasolini era un grande comunicatore capace di sedurre anche con temi ovvi e qualunque (del tipo: si stava meglio prima, il cuore del fascismo batteva più sinceramente di quello della democrazia, il pollo ruspante è meglio di quello in batteria, ecc. ecc.). E per fortuna che gli argomenti di cui discuteva erano più spesso di grande impatto e valore civile! Per contro, scriveva romanzi letterariamente di peso modesto (avete mai provato a rileggere Ragazzi di vita e ancor più, Una vita violenta?) ma che rappresentavano (che lui lo volesse o no, anzi lui non lo voleva) preziosi modelli per organizzare e dare evidenza a qualsiasi comunicazione televisiva (non solo di genere narrativo). E qui non posso non vantarmi di quella che secondo Aldo Grasso (Corriere della Se ra del 10 u.s.) sarebbe una mia colpa: di credere che «la tv-verità è l'unica forma di romanzo popolare che l'Italia oggi possa vantare: la storia del Canaro, il suicida di Como, il rapimento di Santina». Non è la stessa materia con cui Pasolini nutriva i suoi romanzi e lo stesso modo sgarbato e diretto (dunque terribilmente efficace) con cui la serviva? Angelo Guglielmi «Romanzi modesti, ma ora per noi modelli preziosi di comunicazione» Qui accanto Angelo Guglielmi, a sinistra Michele Santoro che ha paragonato il proprio lavoro a quello di Pasolini (a destra)

Luoghi citati: Arpino, Canaro, Como, Italia