IL PIONIERE TWAIN

IL PIONIERE TWUN IL PIONIERE TWUN A 26 anni, giornalista «In cerca di guai» DalNevada alla California: oro, spari e risate EL 1861 il giovane Samuel Clemens, non ancora noto come Mark Twain, partì per il Nevada al seguito del fratello, nominato segretario di quel territorio; doveva essere un soggiorno di pochi mesi, diun'avventura di sette ventò CHE i molluschi fossero cibo un po' indigesto si sapeva da tempo, ma che riuscissero a scompigliare l'armonia familiare lo apprendiamo solo ora dopo aver letto il romanzo-monologo della trentasettenne tedesca Birgit Vanderbeke, La cena delle cozze, edito da Feltrinelli nella traduzione di Margherita Belardetti. E' un libro aspro, invelenito, contro il padre-padrone. Una confessione che trasforma la rabbia in lucido disincanto: impietosamente ciarliera, ripetitiva fino all'ossessione. Con il tono di chi racconta una favola moderna e scopre poco alla volta che in famiglia c'è uno di troppo. Uno che impone ritmi e consuetudini, che coarta desideri e immaginazione, che nasconde dietro 1 ideologia progressista un bieco autoritarismo. Insomma lui, il padre-padrone. Al quale consigliamo subito di cambiare mestiere o di evitare i ritardi. Specie quando ad attenderlo c'è l'intera famiglia (moglie, figlia e figlio) dietro una montagna di cozze: le hanno pulite e cotte per lui, che le ama alla follia. Forse gli ricordano vacanze jugoslave o soggiorni riminesi. Possibile che tutto quel ben di dio venga inghiottito di colpo da un'ondata cu rancore e di odio? Certo, se languore e attesa si alleano, la riflessione si surriscalda e i mitili si freddano impietosamente. C'è tempo allora per divagazioni estemporanee, interrogativi, confronti; tempo per dubbi. E così si scopre che la famiglia è un vero nido di vipere. O meglio come diceva Freud il modello di una tragedia greca. Quella che la Vanderbeke, vincitrice con quest'opera prima del quotato premio Ingeborg Bachmann, rintuzza in parte con una scrittura antiretorica: un fitto novellare che martella impietoso fra tinello e cucina, una litania rabbiosa e ironica che ribalta armonia e serenità familiari in un gioco di cru deità, di impotenza e sottomissione. Si comincia dalle cozze e non si sa dove si va a finire. Si riflette su una banale lacuna del presente e si torna indietro nei meandri di una normale fami glia: padre scienziato, madre insegnante, figli un po' stretti e sciupati dentro un'educazione che deve riprodurre gli stereotipi paterni. Da un certe punto di vista, una famigliola come tetto di tela, con un angolo aperto che fungeva da camino; da lì, la notte, ci cadeva sempre in casa qualche mucca, che schiantava il mobilio e disturbava il nostro sonno» - messe lì con perfetta imperturbabilità? Il giovane Twain parte dunque per il Nevada, e seguono ventun giorni di diligenza e una serie di incontri con personaggi pittoreschi, descritti senza alcun romanticismo (e nel caso delle oggi intoccabili minoranze, spesso con sublime tracotanza. Di una derelitta tribù di indiani si dice per esempio che «boscimani e Goshoot discendono dallo stesso gorilla, o canguro, o topo di fogna, o qualunque sia l'Adamo animale cui li fanno risalire i darwiniani»). Si visitano comunità stravaganti, come quella dei Mormoni poligami; comincia poi l'avventura aurifera, una vera febbre che fa affrontare sofferenze indicibili, come la traversata di un deserto in quindici giorni («Ce l'avremmo forse fatta in dieci, mettendo i cavalli dietro al carro, ma ci venne in mente troppo tardi e così facemmo fatica doppia, spingendo l'uno e gli altri. Ogni tanto incontravamo qualcuno che ci consigliava di mettere i cavalli SUL carro...»). Dopo varie peripezie i nostri amici sco- {irono un filone milionario, ma o perdono nel giro di ventiquattr'ore; e Twain diventa g'ornatista, e quindi va in Caliirnia, e di lì si imbarca per Honolulu... Nella descrizione delle sofferenze e degli ostacoli ci sono versioni di episodi canonici a noi già noti nel trattamento di altri, compreso quello del fuoco da accendere nella neve con pochi fiammiferi, qui sviluppato in chiave comica e che conoscevamo dallo stupendo racconto di Jack London; ci sono innumerevoli sparatorie e processi sommari, e scherzi omerici, e ritratti di gentiluomini del West - tale è definito chiunque abbia «fatto fuori il suo uomo» - come, per nominarne uno solo, Buck Fanshaw, che «era proprietario di un lussuoso saloon, nonché di una splendida donna di cui avrebbe potuto liberarsi in qualsiasi momento senza bisogno delle formalità del divorzio». Apprendo che l'odierna versione di Giulia Arborio Mella, vivace e competente quanto la si potrebbe desiderare, è anche la prima in italiano, e la notizia mi fa piacere, non sopporterei l'idea di avere ignorato la disponibilità di un libro simile quando ero ragazzino e insaziabile di notizie e testimonianze di prima mano su di un'epopea cui solo pochi fra gli infiniti film, libri e fumetti che divoravo mi sembravano rendere giustizia. Non so se i fanciulli di oggi potranno goderne come ne avremmo goduto io e i Viaggi in diligenza e incontri pittoreschi con indiani e mormoni* st una deliziosa epopea West che gronda talento non sofo umoristico miei amici allora; sospetto che altre arcadie, mostruose e fantascientifiche, occupino il loro immaginario. «Alle undici sellammo i cavalli e li corredammo di lunghi "lazos"; poi prendemmo un pezzo di pancetta, un sacco di fagioli, un sacco più piccolo di caffè, un po' di zucchero, cento libbre di farina, qualche tazza di latta, un bricco, una padella e altre carabattole». C è ancora qualcuno che sogni davanti a un brano così? Almeno fra i miei coetanei, sì, credo; è dunque a loro che raccomando questo volume, con quattro pistole incrociate. Maeollno d'Amico

Luoghi citati: California, Honolulu, Nevada