Pinerolo contro Fabriano

36 Neil America di Colombo i primi cartai furono piemontesi Pinerolo contro Fabriano «La più antica filigrana è nostra» E' una mano aperta che mostra il palmo, sovrastata da un simbolo, a scatenare in alcuni pinerolesi l'ennesima corsa al primato. La mano è quella raffigurataaa sulla filigrana di carta antica fatta a Pinerolo. «Intendiamo dimostrare che i pinerolesi furono i primi a fabbricare la carta filigranata in Italia», dice Ezio Giai di «Pinerolo Sì», associazione che si prefigge la promozione esterna della città e che sul tema ha pubblicato una ricerca: «La nostra è ben più che una supposizione. Sono state avviate indagini storiche e specialistiche sulle prime filigrane pinerolesi, in particolare proprio su quella recante la mano aperta con un simbolo, croce o giglio, per noi ancora misterioso». Era fatta a Pinerolo la carta usata dalla prima tipografia d'America. La impiantarono nel 1539 a Città del Messico un piemontese. Gii Barbero, e un lombardo, Giovanni Paoli. Lungo la «via del sale», da Pinerolo la carta finiva a Genova, poi in Spagna, a Siviglia, e, di lì, Oltreoceano. Però, già nel Trecento, forse anche prima, i battitoi di carta erano presenti sul rio Moirano. Dalla carta alla stampa e poi all'editoria il passo, lungo i secoli, fu sostanzialmente breve. E Pinerolo, dopo essersi definita come «Città della Cavalleria» (guadagnata sui campi d'equitazione in piena Belle Epoque) e «Nizza del Piemonte» (dono di Edmondo De Amicis per meriti di clima e di paesaggio), ora reclama con orgoglio il titolo di «Città di cartai, tipografi ed editori». A riportare alla luce quest'immagine inconsueta è stata la voglia di risalire alle origini di quel «profumo d'inchiostro» che da sempre sta al centro di attività culturali e produttive pinerolesi. «Sono tuttora attive industrie cartari»* e perfino una multinazionale americana che produce impianti a ciclo completo per cartiere» aggiunge Ezio Giai. «Abbiamo gran numero di tipografie e legatorie, che ebbero impulso dalla scuola professionale del Cottolengo». I caratteri da stampa tenuti insieme con morse e più tardi il ticchettìo della linotype furono i grandi seduttori del mondo della cultura. Le prime testate d'informazione locali fecero la loro comparsa alla metà dell'Ottocento e si moltiplicarono. Ancora negli ultimi anni le edicole di Pinerolo offrivano due o tre settimanali, in un'alternanza di nascite e morti all'ombra del consolidato Eco del Chisone, giunto al suo ottantottesimo anno. Sopravvive una rivista mensile (l'Eco Mese) e c'è stato addirittura un quotidiano - il Corriere Alpino - con parecchie ambizioni finite nel nulla. Se il sodalizio tra il pinerolese Arnaldo Pittavino e Piero Gobetti fece da apripista, negli Anni Venti, ad un'editoria intellettuale e antifascista, non di meno l'editoria d'impresa pinerolese ha i suoi protagonisti nelle due case editrici Alzani e Chinotti, oggi al vertice in Italia nelle loro specializzazioni. Le ricerche di «Pinerolo Sì» fanno ritornare in mente le figure di quegli editori «per caso» come quella di Federico Castelletti, che, negli Anni Cinquanta, con il suo «Vademecum» presente in ogni casa, fu il pioniere di quell editoria d'utilizzo pratico, poi ripresa anni dopo dalla Epi Edizioni. Angelo Taverna Già nel Trecento alcuni opifìci sul rio Moirano to o di era sico Il marchio delle filigrane di Pinerolo e la prima cartiera del «Nuovo mondo» fondata nel 1539 in Messico