Ignacio, asceta dei motori

Ignacio, asceta dei malori Ignacio, asceta dei malori Chi è il manager che fa dannare la Gm BONN NOSTRO SERVIZIO Due asceti del potere sono i condottieri della «guerra dell'auto» che si sta svolgendo su suolo tedesco tra General Motors e Volkswagen, a colpi di denunce di spionaggio industriale, documenti trafugati e distrutti, casse ricolme di progetti della concorrenza ritrovate in alloggi di periferia. Sono il viennese Ferdinand Piech, capo della Volkswagen, con un volto spigoloso e penetranti occhi azzurri e il suo direttore delle vendite e della produzione, il manager basco Ignacio Lopez, che beve solo acqua e gode di fama internazionale di «killer dei costi». Due supermanager di un nuovo tipo per un Paese come la Germania dove ai vertici dell'industria ci sono i migliori esperti della materia, primi fra pari, abituati a prendere decisioni in gruppo e non a combattere battaglie. Invece da quando all'inizio di quest'anno Piech è passato dalla Porsche alla Volkswagen e soprattutto da quando a marzo Ignacio Lopez si è lasciato strappare dalla General Motors i toni sono cambiati. Piech parla di «guerra mondiale dell'auto», Lopez di «ultima battaglia» per vincere la concorrenza giapponese. Ma Lopez e i suoi «guerrieri» co¬ me il manager basco definisce i sette dirigenti che lo hanno seguito da Detroit a Wolfsburg, prima ancora di incominciare a tagliare i costi (che nel primo semestre di quest'anno hanno causato perdite di 1,60 miliardi di marchi alla maggiore industria automobilistica europea) sono diventati un caso internazionale nel quale sono già intervenuti il nùnistro della Giustizia degli Stati Uniti e il Cancelliere tedesco. Galeotte quattro casse di documenti appartenenti alla General Motore e distrutte in un appartamento di Wiesbaden, che fino a qualche settimana prima era stato affittato da due collaboratori di Lopez, Jorge Alvarez Aguirre e Rosario Piazza. Testimoni oculari hanno visto i due caricare sacchi pieni di striscioline di carta su un furgoncino. I sospetti erano partiti dal settimanale «Spiegel» che dedicava a Lopez, il «senzascrupoli» la sua storia di copertina. Tra i documenti trafugati ci sarebbero stati i piani della O-car, una nuova utilitaria della Opel (la casa di Ruesselheim è di proprietà General Motors). Questo accadeva a fine giugno: da allora la battaglia imperversa con tutte le regole del gioco, gli affondo, le ritirate, le controffensive. Fin dall'inizio il consiglio di sorveglianza della Volkswagen, spinto da Piech, si è schierato come un sol uomo a difesa del manager incriminato. Lopez aveva dichiarato sotto giuramento di non avere portato a Wolfsburg né casse, né documenti, né dischetti di computer con informazioni segrete del suo ex datore di lavoro. Piech lo appoggia, anzi, ad un certo punto il capo della Volkswagen arriva a rigirare la frittata accusando la Gm di avere volontariamente fatto in modo che dei progetti segreti capitassero nelle mani della Volkswagen per poterne in seguito screditare il buon nome. Poi però a termine di una spettacolare riunione del consiglio di sorveglianza della Vw, viene rilasciata una dichiarazione che lascia «attoniti» i giudici di Darmstadt. Effettivamente, dicono i manager di Wolfsburg, «dei documenti sono stati distrutti», non solo nell'appartemento di Wiesbaden, ma anche nel piacevole albergo Rothehof a Wolfsburg, di proprietà Vw. Lopez ha ammesso che una settimana dopo avere abbandonato Detroit aveva dato ordine di esaminare le carte portate con sé per vedere se per caso non ci fossero «documenti critici», così come aveva dato ordine di distruggere la corrispondenza tra Gm e i suoi fornitori. Però, e non può non esserci un però, si di- fende la Volkswagen, le famose carte sono state subito distrutte e non sono mai finite nei computer della casa tedesca. In ogni caso Lopez dovrà anche sottoporei ad un processo per falso giuramento. A questo punto i guerrieri possono tirare un attimo il fiato. Anche perché nel frattempo sono riusciti a coinvolgere uomini politici glandi e piccoli, industriali ed operai. Dalle sue diete estive nel paesino austriaco di St. Gilgen, Helmut Kohl parla di un «modo poco appetitoso di discutere», ricordando ai capi di Vw e Gm che «farebbero meglio ad occuparsi dei fatti invece di dare interviste ai giornali». Il guardasigilli Usa definisce il caso un tipico esempio di spionaggio industriale. Ma nel suo piccolo anche Gerhard Schroeder, a capo del governo regionale della Bassa Sassonia (che possiede il 20 per cento delle azioni Vw) ha i suoi problemi. I colleghi tedesclii produttori di au- tomobili, dalla Mercedes alla Bmw, hanno più volte richiamato aU'ordine i concorrenti che con i loro litigi «danneggiano l'immagi ne di tutta l'industria automobili stica tedesca» e perfino gli operai della Opel e della Volkswagen in una dichiarazione congiunta hanno protestato contro la «guerra economica» tra le due case produttrici che «mette ulteriormente in pericolo i posti di lavoro». I due contendenti invece è da due setti mane che non si parlano, la Opel chiede le scuse di Piech, la Voi kswagen risponde picche. In tutto ciò Ferdinand Piech è fiero del suo direttore della produzione, grazie al quale «la Volkswa gen è sulla via di una ascesa stella re». In soli cinque mesi sono stati risparmiati 700 milioni di marchi, un risultato che ha visto all'opera 303 «squadre per il continuo processo di miglioramento». Di questo passo la Volkswagen spera di tornare in pareggio nel 1994. La via da seguire, dice Piech, è «trasformare le debolezze in forza». Sull'esempio dell'industria orologiera svizzera, «era quasi morta e poi con innovazioni come lo Swatch e creatività negli orologi di lusso» ha respinto i giapponesi. Francesca Predazzi Quando ha lasciato la casa americana ha rubato i disegni della nuova vettura Ignacio Lopez

Luoghi citati: Bassa Sassonia, Detroit, Germania, Stati Uniti, Usa, Wiesbaden, Wolfsburg