Tarkovskij braccio di ferro col Kgb

ESCLUSIVO. Così dieci anni fa il morente regime sovietico tentò di costringerlo a tornare in Urss ESCLUSIVO. Così dieci anni fa il morente regime sovietico tentò di costringerlo a tornare in Urss Tarkovskij, braccio di ferro col Kgb Ma «Boris Godunov» diede un alibi al regista MOSCA DAL NOSTRO INVIATO E' la storia di una piccola, miserabile trappola ideata da un potere moribondo. Che non funzionò. Ma che è, a suo modo, una radiografia di quel potere, della sua burocratica insensatezza, della violenza che i suoi funzionari potevano esercitare, infine della loro «impotenza». La vittima designata, in quel caso, era il grande regista Andrej Tarkovskij. Ma di casi del genere erano pieni i fascicoli che facevano il loro quotidiano andirivieni tra gli uffici degli enti statali preposti al controllo della cultura, il Kgb, il Comitato centrale del partito. Accadeva all'immediata vigilia della perestrojka, Breznev ancor vivo. Si concludeva con Andropov moribondo. Tarkovskij aveva trascorso quattro mesi in Italia lavorando alla sceneggiatura di quello che sarà il suo penultimo film. Il cui primo titolo era stato Viaggio in Italia e che sarebbe poi diventato Nostalghija. A fine ottobre del 1981 Filipp Ermash, allora presidente del Goskino, il Comitato statale per la cinematografia, scrive al Comitato centrale del pcus per appoggiare una richiesta di triplice visto per l'Italia (per 266 giorni complessivi). La Rai-tv insiste scrive Ermash - per accelerare la realizzazione del film. La vicenda riemerge ora dagli archivi del pcus e abbiamo potuto ricostruirla con la collaborazione della rivista Rodina, che pubblicherà tutti i documenti nel suo prossimo numero. Ermash è un vecchio marpione d'apparato. Sa come motivare la richiesta e, al tempo stesso, sa come mettere le mani avanti. Il soggetto, cioè Tarkovskij, «non ha mai avuto rimproveri» dalle autorità; «ha assunto giuste posizioni»; il che «non ha consentito a determinati circoli di usare la sua notorietà e autorità internazionale al fini antisovietici». Dunque si conceda il visto di uscita, anche se «il Goskino conosce le insufficienze di carattere di Andrej Tarkovskij e, sotto questo profilo, è in corso un lavoro individuale nei suoi confronti». Insomma: state tranquilli che lo convinceremo a comportarsi bene. Ma il Kgb ficca il naso dappertutto. Un'altra lettera parte dalla Lubianka il 10 novembre 1981. «I servizi segreti occidentali tentano di convincere A, Tarkovskij a non tornare in patria, usando la sua insoddisfazione per l'attività creativa che egli svolge in Urss». La citazione è tratta da un terzo documento, a firma N. Pegov, capodipartimento del Ce «per il lavoro con i quadri all'estero», in data 11 novembre. Il giorno dopo, si noti la tempestività. Pegov riferisce le spiate del Kgb. Tarkovskij ha rivelato a un suo amico intimo (il quale ha riferito agli «organi») che è disposto a scappare «anche a quattro zampe». Suo figlio Andrej si è lasciato sfuggire con un «amico» che il padre progetta di rimanere in Italia e poi di chiamare con sé tutta la famiglia. < Lo zelante Pegov usa a dovere anche i suggerimenti di Ermash: Tarkovskij è «persona instabile, capace di fare dichiarazioni e atti avventati». Tra questi viene citato un episodio dell'aprile 1981 quan do - pensate un po' - Tarkovskij sparì per ben due giorni dal suo albergo «senza avvertire i rappre sentami sovietici» e, una volta riapparso, spiegò il suo comportamento con la necessità di riposarsi presso i suoi «amici» svedesi. La conclusione di Pegov è prevedibile: non concedere il visto, tanto meno a moglie e figlio. Ma altri due dipartimenti del Ce sono di diverso avviso. Due giorni dopo, il 13 novembre, il dipartimento cultura (firma V. Shauro) e quello interna zionale (firma V. Zagladin) propon gono invece di soddisfare la richie sta di Tarkovskij (anche se si astengono dal menzionare moglie e figlio). Ancora una volta emerge che i subalterni sono spesso masti ni più spietati dei padroni. I Viscin skij di turno, quelli che «istruisco no le pratiche», sono più zelanti dei loro committenti. Richiesta accolta, dunque. In calce al documento si leggono le firme benevolenti di tutti i membri della Segreteria. Tra questi: Suslov, Gorbaciov, Romanov, Kirilenito, Cernenko. Passano 18 mesi Nostalghija è finito e viene subito inviato al Festival di Cannes. Si sa come andò a finire: Nostalghija conquista soltanto il premio per il mighor lavoro di regia, a pari merito con un film di Bresson. La Pai ma d'Oro va al giapponese Imamu ra. Ma Tarkovskij viene informato che il rappresentante sovietico nella giuria, il noto regista Serghei Bondarciuk, ha fatto di tutto per impedire che Nostalghija venisse premiato. E non è per lui una sorpresa. Filipp Ermash aveva scelto non a caso proprio Bondarciuk a rappresentare nella giuria il cinema sovietico. E Bondarciuk, lo sanno tutti, è avversario giurato di Tarkovskij. Veri o falsi che fossero i sospetti di Tarkovskij, è la goccia che fa traboccare il vaso. Il regista, esasperato, manda una lettera furi¬ bonda a Ermash in cui sfoga tutta la sua ira. Mi avete sempre ostacolato in tutti i modi - scrive in sette cartelle Tarkovskij -, non mi avete fatto fare i film che volevo, quei pochi che avete autorizzato sono stati distribuiti nel peggiore dei modi, intrighi di ogni genere sono stati orditi dalla direzione di Goskino. E pone un ultimatum: voglio un passaporto con diritto di soggiorno in Italia per altri tre an¬ ni. Per me, per mia moglie Larisa, per mia suocera Anna Egorkina e per mio figlio Andrej. Ermash non può passare sotto silenzio la faccenda, anche perché c'è il rischio concreto che essa esploda comunque in Italia. Tarkovskij, del resto, lo minaccia esplicitamente. Il 29 giugno (il giorno dopo aver ricevuto la lettera di Tarkovskij) Ermash invia al Ce un memorandum che è un capolavoro di solerzia e di perfidia burocratica. Innanzitutto bisogna smantellare le accuse di Tarkovskij. E segue l'elenco dei «meriti» di Goskino e dei demeriti del regista che - ingrato «in 22 anni non ha mai girato un film su temi propostigli da Goskino» e che addirittura ha preteso di essere autorizzato a «esportare gratuitamente in Italia merci sottoposte a tasse doganali». Ma dopo la difesa viene l'attacco, condotto con «sottili» argomentazioni a metà strada tra l'ideologia e la psicologia. «La decisione di A Tarkovskij di rimanere in Italia - spiega Ermash - non è soltanto effetto dello squilibrio emozionale e del relativo insuccesso al Festival di Cannes, da cui egli contava di tornare con il massimo riconoscimento. Concentrandosi sulla propria egocentristica idea del dovere morale dell'artista, egli spera - sem- bra di capire - che in Occidente sarà libero dalle pressioni di classe della società borghese e otterrà di poter creare senza fare i conti con le sue leggi. Tuttavia, poiché il cinema non è soltanto arte ma anche produzione, si può prevedere che l'ulteriore permanenza di Tarkovskij all'estero si risolverà o in una sua rinuncia ai sentimenti patriottici che egli proclama, con tutte le conseguenze del caso, oppure la sua condizione diverrà insopportabile e egli chiederà di poter ritornare in Urss». «In ogni caso - conclude Ermash - Goskino ritiene inaccettabili le condizioni poste da Tarkovskij, anche perché creerebbero un precedente». L'«incidente», anche se Tarkovskij non tornerà in Urss - aggiunge sprezzantemente Ermash -, non è poi così grave. I mass media occidentali «non se ne interesseranno a lungo». Suggerisce comunque di dare incarico all'ambasciatore sovietico in Italia affinché proponga ai coniugi Tarkovskij di «ritornare immediatamente in Urss. Ciò darebbe loro l'ultima occasione per esaminare con calma tutte le circostanze e le conseguenze che potrebbero derivare dalla loro intenzione di rimanere all'estero». Se poi il tentativo fallisse, allora si dovrà «considerarli emigrati illegali e applicare loro le misure previste dalla legislazione sovietica». L'ambasciata sovietica a Roma si dimostra efficientissima. Già il primo luglio un consigliere, accompagnato dal rappresentante a Roma della Sovexportfilm, incontra Tarkovskij. Ma non in ambasciata. Tarkovskij non si fida e l'incontro avviene in città, alla presenza di «alcuni italiani che l'hanno accompagnato». E' sempre Ermash che riferisce al Ce in una lettera datata 4 agosto, su cui si legge un appunto a mano (del 6 agostqj firmato Mikhail Zimianin: «Al dipartimento cultura, compagna 'fumanova Z. Preparare, assieme al Kgb e a Goskino, proposte circa le necessarie misure in rapporto al comportamento di A Tarkovskij». La faccenda, infatti, nonostante le valutazioni di Ermash, rischia di diventare seria. Tarkovskij ha comunicato agli emissari dell'ambasciata che il Covent Garden di Londra gli ha proposto di mettere in scena il Boris Godunov e che un produttore italiano è pronto a finanziare la trasposizione cinematografica dell'Amieto. E che, anche se Mosca non soddisferà le sue richieste, egli firmerà i contratti. Ermash riferisce di avere subito inviato un'altra lettera a Tarkovskij attraverso i canali diplomatici, in data 8 luglio. Ma questa volta l'ambasciatore Nikolai Lunkov sembra dormire della grossa. Il primo agosto risulta che la nuova missiva non è ancora stata consegnata al destinatario. E il tempo stringe. La «prima» del Boris Godunov è già prevista per il 3). ottobre. E gli amici italiani di Tarkovskij hanno aggiunto un altro problema. C'è un invito a Tarkovskij del Centro sperimentale di cinematografia per un corso di lezioni nell'anno accademico 1983-1984. Che fare? Convincere Tarkovskij è impossibile. Costringerlo è difficile. Ermash si rifa vivo con un'ultima lettera al Comitato centrale, in data 8 agosto: non resta che rifiutargli il passaporto e fargliela pagare. Il 10 agosto i dipartimenti cultura (firma Z. Tumanova, viceresponsabile) e internazionale (firma V. Shaposhnikov, viceresponsabile) concludono accettando la proposta di Ermash, non senza essersi assicurati in precedenza il «consenso» del ministero degli Esteri (G. Kornienko) e del Kgb (V. Cebrikov). Ma la segreteria del Comitato centrale è più sottile e astuta dei suoi dipartimenti subalterni. In data 15 agosto emana la sua decisione. Tarkovskij non sarà autorizzato a restare all'estero. Ma la decisione deve rimanere segreta. Al secondo punto della risoluzione si approva il testo di un telegramma «con diritto di precedenza» all'ambasciatore Lunkov: incontrate immediatamente Tarkovskij, suggeritegli di tornare per discutere dei suoi problemi e «fategli capire che, per quanto voi potete giudicare, non è escluso che le questioni potranno essere accolte positivamente nel rispetto delle norme legali». Tarkovskij non cadrà nella trappola. Tornerà a Mosca, con tutti gli onori e il rimpianto della cultura russa, soltanto dopo la sua morte. Giuliette Chiesa Escono dagli archivi del pcus i documenti riservati di una estenuante trattativa «F un egocentrico squilibrato» f ■»S5*>»«-r,;^"»!, >*> ero «, , *ct. "■"Voto . '"'«In "•*»» Per, f.B., Eid« In un«NQuTaA gli dedee ial so In alto un'immagine di «Nostalghija», Qui a destra Tarkovskij. A sinistra gli originali della risoluzione del Ce del pcus e il telegramma al console sovietico Sopra il regista Bondarciuk A destra, Jurij Andropov, nel cui periodo di leadership fu organizzato il tranello a Tarkovskij In basso, Eisenstein