Se l'armata dell'Onu finanzia i suoi nemici di Giuseppe Zaccaria

Se l'armata dell'Onu finanzia i suoi nemici Se l'armata dell'Onu finanzia i suoi nemici NELLA CITTA' DELL'ODIO MOGADISCIO DAL NOSTRO INVIATO «Ma davvero ve ne andate?». Per la signora Mariam Qanyare, alta, elegantissima, nonché proprietaria dell'unica impresa nata negli ultimi 3 anni in Somalia) questa domanda era diventata un' ossessione. Ce la ripeteva ogni mattina, all'ora del caffè. Poi si ritirava in breve conciliabolo con Lorenzo, il suo «direttore italiano», e dopo 10 minuti, implacabile, si ripeteva la scena. «Esco a fare una comisiòn», annunciava l'omino in un disinvolto italo - francese, mentre già cominciava a circondarsi di guardie armate. Poi «il direttore» (ex emigrante da Caltanissetta, ex legionario, ex commerciante in Belgio, ex proprietario di un aereo da trasporto russo a Gibuti) risaliva trotterellando la strada, passava dinanzi alla cooperazione italiana, superava il dispensario medico italiano e arrivava al cancello di ferro del comando Italfor. Di solito riusciva a parlare col colonnello Ippolito, un gioviale carrista leccese che è lì proprio col compito di rassicurare. Adesso che la decisione è ufficiale, per l'impresa della signora Miryam si annunciano tempi bui. Esponente di spicco della tribù Darod, era riuscita a rimettere in sesto una villa di famiglia e ad aprire l'«albergo Amana» (il secondo, in tutta la capitale) proprio perché in qualche modo poteva contare sulla presenza armata dei nostri, e sulla carta intestata aveva potuto scrivere «in front of Italian Embassy». Ogni mese, sui 30 mila dollari mossi dall'impresa vivevano un centinaio di famiglie. Si dissolve una scheggia d'economia di mercato, l'unica che a Mogadiscio Nord tentasse di muoversi in controtendenza, ma la storia di quel piccolo albergo non serve a poter dire «ah, quanto ci rimpiangeranno». Illustra piuttosto un altro dei paradossi di que- sta disgraziata operazione. Nove mesi d'intervento «umanitario» sono riusciti non solo a trasformare un'azione di pace in conflitto permanente: hanno creato anche le condizioni perché la Somalia si trasformi in un deserto sociale strutturato sull'economia di guerra. DaU'mdimenticabile giorno dello sbarco dei «malines», in termini economici la sola cosa che la Somalia abbia scoperto è il valore del soldato. «Duemila dollari»: la quotazione dei vertici Unosom per un attimo rischiò di essere questa. Due mesi fa (era il 5 giugno) lo stato maggiore dell'Onu si riunì per discutere una situazione nuova: cinque «caschi blu» pakistani erano stati rapiti dai miliziani di Aidid, la pratica del sequestro rischiava di innescare una spirale vertiginosa. Duemila dollari, secondo un alto ufficiale avrebbero potuto rappresentare il riscatto da proporre ai miliziani di Aidid per il rilascio di ciascun prigioniero. Per fortuna l'iniziativa non ebbe seguito, i cinque pakistani furono rilasciati senza corrispettivo. Ma sarebbe stata comunque una valutazione ingenerosa: dal punto di vista di un somalo, oggi, ogni «casco blu» ha un valore immensamente superiore. Diciamo, dai 600 ai 700 mila dollari al mese. Può sembrare incredibile, eppure è assolutamente vero: da nove mesi almeno, nel Corno d'Africa le Nazioni Unite finanziano indirettamente il loro principale nemico. In pratica, pagano le mine sulle quali saltano i loro soldati, finanziano l'acquisto delle pallottole che ogni notte gli vengono scari¬ cate addosso. Non esiste funzionario Onu che a Mogadiscio non si sia reso conto del paradosso. «Dovevamo arrivare in una città "pacificata": già a gennaio conùnciammo a cercare sedi nelle quali installare i nostri uffici o le residenze. Le case ancora in piedi non erano molte, quelle agibili ancora meno. Le affittammoacifrefrail0eil2 mila dollari al mese. Poi occorrevano le scorte armate: duemila dollari al mese per ogni uomo, e la sorveglianza di ogni edificio ne richie'deva almeno una dozzina». Provate a indovinare di chi erano quelle case? Chi era stato a impadronirsene con la forza, chi ne controllava la destinazione, chi concedeva o meno ai «proprietari» l'autorizzazione a consegnarle allo straniero? Ma certo: il generale Aidid, l'imprendibile nemico dell'ammiraglio Howe. Si calcola che l'80 per cento di quelle somme sia finito nelle mani del «signore della guerra». Il resto è stato fatto dalle organizzazioni umanitarie, costrette a pagare i capiclan per svolgere il proprio lavoro, a sovvenzionare la guerriglia perché non le intralciasse. Da qualche tempo, Aidid ha scoperto che il sowenzionamento può passare anche per vie più dirette. Nelle ultime settimane (la notizia è inedita) dalle casse della Croce Rossa Internazionale di Mogadiscio sono scomparsi prima 200, poi 300 mila dollari. L'analisi finale la lasciamo ancora alle parole di un diplomatico: «In nove mesi, a Mogadiscio non sono stati ricostruiti un acquedotto, una linea elettrica, una fognatura: si è preferito creare un sistema economico allucinante che vive su un solo presupposto: la prosecuzione a tempo indefinito di una guerra a bassa intensità». Chissà se, in questo quadro, lasciare la città sia poi così disonorevole. Giuseppe Zaccaria 300 mila dollari sparirono dalla cassa della Croce Rossa

Persone citate: Aidid, Amana, Howe, Ippolito, Mariam Qanyare