«Gli italiani si ritirano? Ottima idea» di Paolo Passarini

Gli Usa ribadiscono il dissenso con Roma. L'Onu: nessun contingente è indispensabile Gli Usa ribadiscono il dissenso con Roma. L'Onu: nessun contingente è indispensabile «Gli italiani si ritirano? Ottima idea» II segretario di Stato ironico: non fanno certo danni WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Ha usato il minimo indispensabile di cautela diplomatica Warren Christopher nell'esprimere la sua soddisfazione per l'abbandono di Mogadiscio da parte del contingente italiano, che ha significativamente definito come «costruttivo». «Non credo faccia alcun danno», ha detto il Segretario di Stato americano. Intervistato dalla rete televisiva «Cnn», Christopher ha apertamente messo in relazione il ridislocamento delle truppe italiane ai dissensi sorti nei mesi scorsi, e soprattutto dopo l'attacco americano al quartier generale di Mohamed Farah Aidid del 12 luglio, riguardo alla conduzione della missione Unosom II. «Sono state espresse delle differenze da parte degli italiani - ha detto il capo delle diplomazia americana - su come esattamente affrontare la situazione a Mogadiscio». «Io penso - ha aggiunto che sia probabilmente costruttivo che gli italiani vadano da qualche altra parte in Somalia per cercare di essere d'aiuto al compimento della missione, piuttosto che stare a Mogadiscio». Gli americani, del resto, non avevano mai nascosto di non ritenere opportuno il dispiegamento di truppe italiane nella capitale somala. Lo disse chiaramente, prima ancora che iniziasse l'operazione «Restore Hope», l'inviato americano in Somalia Robert Oakley. Lo ripetè, piuttosto brutal¬ mente, il colonnello dei Marines John Dotto, incaricato del coordinamento tra le truppe americane e quelle degli altri Paesi all'interno del contingente multinazionale. Sia Oakley che Dotto sottolinearono i pericoli che gli italiani avrebbero corso, dato il loro passato coloniale in Somalia. Ma, dicendo questo, allusero anche al ruolo giocato in seguito dall'Italia, sia durante il protettorato sia nei rapporti con il governo del dittatore deposto Siad Barre. Parlarono dei rischi che gli italiani avrebbero corso per mettere in realtà in evidenza che la loro presenza avrebbe potuto creare problemi agli altri contingenti. Negli ambienti dell'Onu a New York pochi hanno dubbi sul fatto che quella che è stata presentata come una decisio¬ ne autonoma del governo italiano sia stata in realtà il frutto, se non di una richiesta diretta di abbandonare Mogadiscio, certamente di un irrigidimento intenzionale sulla strategia della missione, in modo da non lasciare al governo di Roma alcuna scelta. D'altra parte, le Nazioni Unite avevano apertamente chiesto la rimozione del generale Bruno Loi, in quanto colpevole di «insubordinazione». Non è stato certamente apprezzato che il dissenso politico dell'Italia, piuttosto che essere posto subito in sede politica, sia stato invece prima convogliato attraverso la contestazione di ordini sul piano militare. Ma c'è di più. Le indiscrezioni apparse sui settimanali «Newsweek» e «UsNews and World Report» a proposito di informazioni passate sottobanco dagli italiani a Aidid, avvertendolo di un prossimo attacco americano e aiutandolo a mettersi al riparo, sono certamente contenute in rapporti dei servizi di «Intelligence» americani, giusti o sbagliati che siano. All'Onu si sostiene piuttosto apertamente che l'irrigidimento che ha provocato l'alzata di cappello italiana è stato calcolato in vista di un nuovo attacco contro Aidid, condotto da forze speciali, che neppure Christopher ha smentito. Commentando il ritiro delle truppe italiane da Mogadiscio, il portavoce dell'Unosom II, maggiore David Stockwell, ha gelidamente osservato che «nessun contingente è indispensabile». Paolo Passarini L'irrigidimento Usa potrebbe precedere un nuovo attacco Un paracadutista italiano di guardia a un posto di blocco a Mogadiscio. Per la Folgore sono gli ultimi giorni di missione Il generale Loi. A sinistra un marine colleziona bastoni tribali