Nell'inferno jugoslavo per parlare di pace di M. Cas.
In via Chiesa della Salute lavori a rilento per la nuova sede tranviaria Tornati i partecipanti alla marcia Nell'inferno jugoslavo per parlare di pace Bettazzi: «Odi destinati a durare» Il Piemonte curerà bambini feriti Torino ospiterà bambini della Bosnia feriti nella guerra. L'assessore regionale alla Sanità Vetrino ha annunciato che il governo ha accolto la proposta piemontese di ospitare alcuni piccoli bisognosi di cure ospedaliere. I bambini destinati a Torino saranno trasportati con aerei americani all'aeroporto di Falconara. Il successivo trasferimento in Piemonte avverrà con mezzi della Regione e con medici dell'ospedale infantile. Il Comune è disponibile a ospitare i parenti dei bambini malati. Sono tornati l'altra sera dall'inferno jugoslavo, ma già progettano una nuova missione di pace: sono i torinesi che hanno partecipato alla marcia organizzata dai Beati costruttori di pace nella ex Jugoslavia. Raccontano la tragedia di un popolo che fino a un anno e mezzo fa conviveva senza apparenti problemi di intolleranza etnica o religiosa. Monsignor Bettazzi, vescovo di Ivrea, ha accompagnato i pacifisti e celebrato ogni sera messa a Spalato. Commenta: «La continuazione dello scontro armato non soltanto provoca morti, ma provoca il crescere di odii, di contrapposizioni anche in popolazioni che un tempo erano pacifiche e dove si sperimentava la convivenza tra diverse razze e diverse religioni». Aggiunge: «La guerra può finire, ma questo odio .rischia di avvelenare per molti anni l'avvenire». Antonio Garzeria, obiettore di coscienza, ripensa a Mostar dove le armi non hanno taciuto neppure un istante. «La città è divisa in due: una parte croata, una musulmana. In mezzo c'è un ponte impossibile da valicare. Per le strade, pochissime persone, ma tante auto piene di uomini armati». La missione, che ha coinvolto oltre 1600 persone provenienti dall'Europa, dal Giappone, dagli Stati Uniti, è stata duramente osteggiata dalle forze militari di ogni parte e non ha ottenuto il decisivo appoggio dell'Orni. Garzena: «Purtroppo, a differenza dello scorso anno, a Mostar non siamo riusciti a far cessare il fuoco. Speravamo che le parti si parlassero almeno per decidere se e come farci transitare, invece ci hanno respinti e basta». Un solo piemontese (degli oltre 80 partecipanti) è riuscito a avvicinarsi a meno di 30 chilometri da Sarajevo; è Enzo Sciacca di Mondovì. Molti altri hanno dovuto fermarsi a Spalato per la mancanza di mezzi di trasporto, qualcuno ha raggiunto Mostar. In tutte le tappe la popolazione ha mostrato di apprezzare l'iniziativa pacifista chiedendo bandiere della pace. Garzena è un obiettore di coscienza e svolge il servizio civile alle Acli e all'associazione dei Beati costruttori di pace; per lui e per un altro obiettore, Enrico Venditti in servizio alla Caritas, la partecipazione alla marcia potrebbe avere conseguenze pesanti. Come i militari di leva, infatti, anche gli obiettori non possono uscire dai confini; i due rischiano un processo. Dice Garzena: «Speriamo che venga approvata una legge che consenta anche agli obiettori di coscienza di partecipare a missioni di pace, come accade per i militari». Sul problema è intervenuto l'assessore comunale Carlo Baffert: «Il Consiglio comunale di Torino ha approvato all'unanimità un ordine del giorno in cui oltre a appoggiare la manifestazione ha dimostrato solidarietà a questi obiettori». [m. cas.]
Persone citate: Antonio Garzeria, Bettazzi, Carlo Baffert, Enrico Venditti, Enzo Sciacca, Garzena
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