Gasdia una stoccata il suo eroico suicidio

Acclamata nel «Maometto II» di Pesaro Acclamata nel «Maometto II» di Pesaro Gasdia, una stoccata il suo eroico suicidio L'esecuzione musicale trascina tutti Dopo 8 anni Pizzi rinfresca la regia PESARO. Se da quattordici anni, ormai, il Rossini Opera Festival continua ad dorare le opere del periodo napoletano (18151822), mostrandocene l'estrema diversità, bisogna dire che l'accostamento dell'«Armida» con «Maometto II», andato in scena l'altra sera al Palafestival, coglie di sorpresa anche l'ascoltatore più smaliziato. Composti a distanza di tre anni, questi capolavori sembrano firmati da due artisti diversi: tanto 1'«Armida» è leggera, snella, incisiva per agilità di forme, con quell'orchestra che piroetta incessantemente sotto le voci con maliziosa ironia, quanto il «Maometto II» è tragico, severo e monumentale. La prima parte del primo atto con le decisioni politiche che vi si prendono, l'incubo dell'assedio militare, le preghiere femminili e i cori di guerra, segna forse il massimo avvicinamento di Rossini a Beethoven per l'impeto tragico e la solennità eroica dell'espressione; poi, dall'entrata di Maometto, l'opera rientra un poco nell'ambito di un rossinismo di maniera da cui si libera nuovamente nel secondo atto con l'errabondo preludio del clarinetto alla scena del sepolcreto, un terzetto e un'aria sublimi, i cori femminili che preparano la morte di Anna, il suicidio eroico di questa che rifiuta l'amore di Maometto pur di non tradire la famiglia e la patria. Scena colossale, m cui il soprano, invitando il coro di Musulmani ad ucciderla, usa tutta l'arte del gorgheggio per imporsi non già come incantevole usignolo ma come eroina bell'e pronta ad incarnare gli ideali morali e politici del Risorgimento. Purché, naturalmente, la cantante sia all'altezza del compito che Cecilia Gasdia ha svolto con una intelligenza drammatica ed una tecnica vocale superbe. Pensare che un mese fa era impegnata, con altrettanta bravura, nelle clownesche acrobazie dei «Pagliacci», all'Arena di Verona, rende l'immagine di un'interprete ultraversatile che si trasforma con l'abilità della grande attrice: l'altra sera non c'era lei sul palcoscenico del Palafestival, c'era solo ed esclusivamente la tragica Anna di Rossini con la sua veste candida, le movenze insieme energiche e raccolte, gli sguardi profondi sotto la fronte spaziosa, i gesti teneri e ribelli, sino a quello del suicidio in dui si lascia precipitare di schiena sull'ampio scalone di sfondo, fermandosi a testa in giù con le braccia aperte, simili a bianche ali folgorate in volo. Stoccata magistrale di una regia che, questa volta, ha accontentato tutti: riproponendola dopo otto anni, Pier Luigi Pizzi ne ha rinfrescato l'impianto monumentale, le luci e i gesti, valorizzando i colori degli splendidi costumi tra cui il rosso fuoco con cui Maometto II e i Musulmani entrano in scena, rompendo l'austerità dei grigi e degli azzurri-polvere che definiscono il mondo degli assediati. Ma è l'esecuzione musicale che, in ultima istanza, ha trascinato tutti, attori e spettatori, e non solo, per la presenza della Gasdia. Michele Pertusi è un Maometto che per nobiltà scenica e vocale sfida orgogliosamente i più celebrati modelli; Gloria Scalchi un contralto dai mezzi perfettamente maturi, piena anche lei di temperamento drammatico e dell'aggressività tecnica necessaria per incarnare, «en travesti», il personaggio guerrie- ro di Calbo. Ottimo il tenore Ramon Vargas nella parte, anch'essa molto belcantistica, di Paolo Erisso, mentre Francesco Piccoli e Oslavio di Credito hanno completato felicemente il cast. Sul podio Gianluigi Gelmetti ha diretto l'opera molto bene, esaltandone la solennità monumentale, i colori bruniti delle frequentissime armonie in minore, ma anche il respiro morbido e intensissimo delle parti Uriche, con quei cori in lontananza che piangono sommessi, e le grandi dilatazioni sonore e temporali che già annunciano «Semiramide». Dicendo, per concludere, che l'orchestra era quella, magnifica, di Radio Stoccarda e il coro quello da camera di Praga sotto la direzione di Lubomir Màtl, un coro abituato a cantare la grande polifonia antica e dotato quindi di sonorità soffici e profumatissime, si può immaginare a che livelli sia lievitata l'esecuzione festeggiata dal pubblico unanime: minuti e minuti di quegli applausi entusiastici che ogni anno, d'altronde, segnano infallibilmente le migliori produzioni del festival pesarese. Paolo Gallarati l'i Cecilia Gasdia e Michele Pertusi

Luoghi citati: Pesaro, Praga, Stoccarda, Verona