«Foligno non covare vendetta nel cuore»

Il vescovo ai funerali di Lorenzo: anche l'adozione di quel bambino è stata un gesto d'amore Il vescovo ai funerali di Lorenzo: anche l'adozione di quel bambino è stata un gesto d'amore «Foligno, non covare vendetta nel cuore» La famiglia: non è il giorno delperdono FOLIGNO (Perugia) DAL NOSTRO INVIATO Il perdono ha parole così forti che spaccano l'anima. «Vi prego in ginocchio, figli miei, non coviamo sentimenti di vendetta nel cuore». Monsignor Arduino Bertoldi, Vescovo di Foligno, deve alzare la voce e levare gli occhi sul suo popolo in lacrime. Ma questo paese dovrà riaprire le sue porte a chi si nasconde, a chi fugge, a chi non può tornare. La bara bianca di Lorenzo Paolucci sta lì davanti al piccolo altare e c'è chi passa a baciarla sollevando il tappeto di fiori nel mezzo della preghiera. Papà Luciano ha una camicia a fiori e gli occhi nascosti, la mamma non riesce a stare in piedi, i piccoli amici continuano a piangere. Che strana messa, nel segno del dolore e del perdono, proprio qui, a pochi metri dalla casa dove Luigi Chiatti ha voluto uccidere, e dove adesso la gente vuole stringersi insieme. «Io conosco il tuo dolore, è come assenzio e veleno questo dolore che non ti dà pace». Parola del Signore. E forse verrà il tempo del perdono e dell'oblio. Ma oggi, «oggi», come dice papà Allegretti, solo davanti alla bara di un altro figlio morto come il suo, «non si può ancora dimenticare». Oggi, prima che arrivi la gente a riempire il sagrato e le strade, la mamma di Lorenzo si piega davanti alla salma, e piange e implora, «ora dormi, Lorenzo, e dal cielo guarda il tuo fratellino», e le sue parole straziano quelli che ascoltano, la città che guarda. Ma se verrà il tempo del perdono, non è oggi. Oggi Roberto Paolucci, cugino del piccolo ucciso da Luigi Chiatti, distribuisce volantini ai giornalisti: «Dovete smettere di cercare il protagonista più recente ed ergerlo a vittima del sistema dimenticando troppo spesso le vere vittime che si è lasciato dietro». E in chiosa: «Lorenzo non deve essere dimenticato. Il suo assassino può anche cadere nel perdono e nell'oblio». Strana messa, nella piazzetta del paesino visitato dalla foiba, nel segno del dolore. E prima che cominci, Monsignor Bertoldi parla con voce stanca, flebile: «La famiglia che sta soffrendo di più è quella dei Chiatti». Solo che adesso che la gente è arrivata, ha riempito il sagrato, le stradine, gli orti, i balconi, adesso queste cose bisogna dirle a questo popolo dolente. «Dobbiamo avere comprensione, da buoni cristiani. Pensiamo anche al dolore degli altri, dolore immenso. I genitori di Luigi hanno compiuto un grande atto d'amore accogliendo nella loro casa un figlio abbandonato. Quell'atto di generosità è amore grande e non si ritorca contro di loro come una macchia che li bol¬ li per tutta la vita. E' stato amore. Manifestiamo la nostra solidarietà ai genitori del presunto autore del delitto». Che strana messa, all'ombra di quella casa, sul sagrato riempito di gente, di facce, di ricordi, davanti alla bara bianca sommersa dai fiori, mentre il piccolo Claudio Panaioli continua a piangere e guarda il suo parroco, dietro l'altare, perché non riesce più a smettere e cerca un po' di conforto. «Coraggio, Claudio, oggi sei diventato più uomo», gli dice lui. Perché dovrà capire un mucchio di cose. C'è la giustizia dell'uomo, sta dicendo il vescovo, ed è giusto che ci sia. Ma c'è amche la giustizia di Dio. «Come è vero che Io vivo, ognuno di voi piegherà il ginocchio davanti a me». Parola del Signore. «E la giustizia di Dio ha metodi e misure diversi», dice Monsignor Bertoldi. «Ognuno di noi che compie il male deve accorgersene, ravvedersi, pentirsi. Che offeso e offensore stiano insieme nel cammino di Dio». La folla ascolta in silenzio, un po' stranita. Luciano Paolucci è fermo sulla sedia con lo sguardo fis- so. Il cugino, un signore con i baffi, gli schiaccia le mani sulle spalle come per trattenerlo. Gli amici di Lorenzo adesso vanno all'altare, per le preghiere del ringraziamento. Tocca a Claudio Panaioli, deve dire «ti ringrazio, Lorenzo, per tutti i giorni che abbiamo passato insieme», ma non ci riesce, bloccato dai singhiozzi e dalle lacrime, e don Egidio Bernabei, il parroco di Santa Vittoria, lo stringe vicino, lo accarezza, lo incoraggia. Parla Alessio Verrucci: «Ti ringraziamo per tutte le partite di calcio che hai fatto con noi». E poi Claudio Cecconi: «Ora che sei in cielo aiu¬ taci a restare più buoni». Panaioli non ce la fa, continua a piangere, e allora tutti i bimbi tornano sotto l'altare, fra le panche. Nel silenzio, il loro pianto è un mare di sospiri. Questa è la messa del dolore e del perdono, e quando la comunione è finita sale sull'altare don Egidio Bernabei, il parroco di Santa Vittoria che domenica aveva tuonato dal pulpito contro il mostro che aveva spezzato la vita al piccolo Paolucci. «Lorenzo, siamo 400 persone di Santa Vittoria, e non ti dimenticheremo mai. Tu sei cresciuto assieme a noi, ti rivediamo nel campo sportivo, ti rivediamo mentre ridevi, ti rivediamo con la tua bicicletta. E noi non ti dimenticheremo, Lorenzo. Siamo venuti qui per pregare accanto a te». Adesso il pianto dei bambini è più forte, più struggente. «Ieri sono salito in quella casa dove tu sei stato martirizzato e tuo padre mi diceva "saliamo il Calvario", mentre andavamo su. E' stato un calvario, come quello di Gesù. Ma questa sera abbiamo pregato insieme, e abbiamo perdonato insieme, sì. Quante volte abbiamo sentito di¬ re che il Signore celeste fa sorgere il sole e fa scendere la pioggia su tutti. Ecco, amici. Su tutti. Noi così abbiamo perdonato. Dobbiamo camminare insieme». Povero padre Egidio, la voce gli si rompe e il cuore gli trema. Ma ce l'ha fatta e la gente applaude. Lo fa ancora, in questa messa strana e dolente, quando gli altoparlanti diffondono la canzone che Lorenzo ascoltava sempre, We are the champions, e mentre le note vanno papà e mamma si stringono forte, e il brivido che passa è quello dello stordimento, della commozione. We are the champions continua ad andare, il vescovo guarda il suo popolo. «Noi offriamo alla terra il corpo del nostro fratello». E adesso tutti dietro alla bara che va ondeggiando fra due ali di folla, sotto il sole, nel vento che passa, dietro don Luigi, il vecchio parroco di Casale che trattiene le sue lacrime. «Non possiamo capire con la nostra mente umana il mistero del dolore e del male». E' quello della vita, vero, don Luigi? Pierangelo Sa pegno «We are the champions» segue la bara fino al cimitero Gli amici: «Grazie per tutte le partite di calcio che hai giocato con noi» Gd Foto grande il Vescovo abbraccia la madre di Lorenzo Paolucci (a sinistra) In alto a destra il fratellino del bimbo ucciso

Luoghi citati: Casale, Foligno, Perugia, Santa Vittoria