Da Bissolati a Villetti cent'anni di socialismo

Da Bissolati a Villetti Da Bissolati a Villetti cent'anni di socialismo L'ORGANO DEL PSI IN CRISI A Bissolati e Croce a Intini e Villetti: un bel salto, non c'è che dire. Quando l'Avanti! venne fondato, a Roma nel 1896, e lanciato con una rac?' colta di fondi e una sottoscrizione di tremila abbonamenti, Leonida Bissolati fu il primo direttore e Benedetto Croce uno dei primi abbonati. Il nome si ispirava all'organo della socialdemocrazia tedesca, il primo numero tirò quarantamila copie. Ma fin dalla nascita il giornale conobbe un'esistenza travagliata, strattonato com'era fra le correnti che dividevano i socialisti, e con eterni problemi di bilancio in rosso. Agli inizi del secolo si parlava già di chiusura del giornale. E nel 1911 si decide il trasferimento a Milano, perché a Milano, spiega un editoriale, «la politica non è solo parlamentarismo e la lotta di classe è veramente di classe». Altri tempi e altri socialisti. Dopo la direzione di Benito Mussolini (1912-14), ecco il direttore con il primato di durata: Giacinto Menotti Serrati, in sella per nove anni, dal '14 al '23. Secondo in classifica Gaetano Arfè: sette anni, dal 1969 al 1976. Sei anni hanno totalizzato Tullio Vecchietti (1951-1957) e Ugo Intuii (1981-1987). A parte questi quattro nomi, l'Avanti.' è stato un giornale brucia direttori. Ne ha avuti ben trentasei in circa un secolo. Alcuni sono durati un soffio: cinque mesi Sandro Pertini, nel '46-47, e cinque mesi Riccardo Lombardi nel 1964. Un'irrequietezza testimoniata anche da alcune direzioni collegiali, come con le coppie Nenni - Saragat nel '44-45 e Arfè - Orlandi nel '6669. Solo due i direttori che non appartenevano alla nomenklatura del partito: lo scrittore ex comunista Ignazio Silone, ma durò poco (gennaio - settembre '46) e l'ex giornalista sportivo Antonio Ghirelli, in carica per due anni (tra 1' 87 e 1' 89). Una sola donna: la russa ex bolscevica Angelica Balabanoff. Nel «biennio rosso» l'Avanti! arriva a settantamila copie. Sede a Milano, con redazioni ed edi¬ zioni a Roma e a Torino. In quest'ultima Gramsci e Togliatti si staccano dalla testata nazionale e fondano Ordine nuovo. Nell'ottobre del 1926, dopo gli assalti dei fascisti alle redazioni, dopo le leggi che soffocavano la stampa, il giornale chiuse, per riprendere le pubblicazioni come settimanale a Parigi, diretto appunto dalla Balabanoff. In Italia il foglio dei socialisti ritornò nel 1944. L'album di famiglia ospita na¬ turalmente quasi tutti i personaggi di spicco del socialismo italiano, da Prampolini a Turati, da Andrea Costa ad Anna Kuliscioff, fino nel dopoguerra a Francesco De Martino, direttore nel 196466 e a Bettino Craxi, responsabile nel 1978-'81. Ma i conti restano quasi sempre in rosso, salvo un felice periodo durante il centrosinistra. Nel 1976 si chiude la sede di Milano e si passa al tabloid, per salvare il giornale che vende venticinquemila copie e ha un deficit di quattro miliardi. Nominato segretario, Craxi prende in pugno anche la gestione dell'Avanti.', di cui avvia una modernizzazione sull'onda dei ruggenti e spensierati Anni Ottanta, cedendo quindi lo scettro al fidatissimo Ugo Intini e limitandosi a comparire sotto le vesti di Ghino di Tacco. Ma la direzione di Intini inciampa nella condanna per la campagna contro il giudice Armando Spataro, pm nel processo Tobagi, accusato di coprire i mandanti dell'attentato. Caso che solleva un nugolo di polemiche, dietro il quale si profilava in realtà l'avvio della stra¬ tegia politica che ha avuto per obiettivo la magistratura. L'ultima stagione d'oro è stata la sportivissima direzione di Antonio Ghirelli, tambureggiante e insolente, con i corsivi del brigante di Radicofani e quelli ghirelliani di Slam, con Zadig e Vento dell'Est, tutte penne puntute e imperversanti. Poi, alla fine deÙ'89, con i primi traballamenti per Craxi, arrivò l'onesto ma grigio ex vicedirettore Roberto Viiletti, che prima se ne stava rintanato in un cantuccio, e come scrisse un settimanale impietoso, l'Avanti! finì in fondo alla «mazzetta» dei politici e dei giornalisti, ultima lettura, quasi per dovere. In realtà eravamo già agli sgoccioli. Nel maggio scorso il giornale uscì con una pagina bianca. Solo che non era una protesta: era una resa. In un nostalgico tentativo di riscossa, fu organizzata una festa in discoteca: danza del ventre e musica rock contro la chiusura. Ma i tempi di De Michelis erano finiti. Alberto Papuzzi Fu diretto anche da Mussolini Pertini nel '46 Poi il craxismo Tangentopoli e la resa Da sinistra Sandro Pertini e Antonio Ghirelli In alto una testata «storica» del giornale socialista

Luoghi citati: Italia, Milano, Parigi, Radicofani, Roma, Torino