Ultimatum ai serbi: sgomberate

Ultimatum ai serbi: sgomberate Ultimatum ai serbi: sgomberate A Ginevra trattative entro oggi o scatterà l'attacco SARAJEVO. Mentre la «marcia della pace» arriva nella capitale bosniaca con i suoi 60 ultimi, irriducibili militanti, la «guerra delle parole» sta raggiungendo il suo apice. E' un diluvio di minacce che ognuno dei contendenti riversa sull'altro. E, in questo gioco, anche l'Occidente fa la sua parte. Ieri funzionari autorevoli dell'amministrazione Clinton hanno fatto sapere quali sono le «violazioni» che farebbero scattare l'attacco aereo contro i serbi. Secondo il Los Angeles Times (che ha raccolto le «confidenze») la Nato darebbe il via ai raid in tre casi: 1) Se Sarajevo verrà di nuovo pesantemente bombardata; 2) Se alla capitale verranno tagliati acqua e gas; 3) Se verranno bloccati gli sforzi di aiuto umanitario. Ieri sera il portavoce del dipartimento di Stato Michael McCurry ha ulteriormente alzato il tiro: la Nato bombar- derà i serbi se non abbandoneranno le alture di Sarajevo perchè «la loro presenza su quelle montagne equivale a un assedio». Sembrerebbe una posizione finalmente chiara. Ma non è così. Gli stessi funzionari della Casa Bianca fanno sapere al Los Angeles Times che tra gli alleati non c'è ancora un accordo: «Quella che, dal punto di vista americano, potrebbe essere una violazione, magari non viene ritenuta tale dai francesi». Insomma, tutto è ancora incerto. Così l'Alleanza Atlantica fa sapere che ormai i piani d'attacco sono stati attivati. Ma poi aggiunge che occorrerà ancora un numero imprecisato di giorni per «procedere ai collaudi». Ieri sera, secondo un'agenzia che non ha citato le fonti, l'Onu avrebbe imposto un ultimatum ai serbi: «Dovete ritirarvi entro 12 ore dai monti Igman e Bjelasnica». In caso contrario, cosa succederà? Questo non viene detto. E' un esempio eclatante di come viene condotta la «guerra delle parole». Martedì sera un'altra agenzia aveva diffuso una notizia secondo la quale i serbi avevano rioccupato le loro po¬ stazioni sulle due montagne. La fonte della notizia era un anonimo portavoce dell'Orni. Ieri sera il portavoce della conferenza di pace di Ginevra, John Mills, ha confermato un «considerevole ritiro» delle forze serbe anche se alcune unità del generale Mladic rimangono sull'Igman. Il leader serbo Karadzic ha ammesso le «lentezze» nel ritiro delle sue truppe dalle montagne, ma ne ha dato la colpa ai caschi blu: «Siamo disposti a consegnare le nostre postazioni all'Orni, ma non a lasciarle sguarnite. Se non arriverà un numero sufficiente di caschi blu, i musulmani se ne impadroniranno senza colpo ferire». Ognuno ha la sua verità, insomma. O la sua menzogna. Il leader musulmano Izetbegovic, intanto, lancia ultimatum e appelli apocalittici: «Sono disposto a dare ai serbi ancora 48 ore di tempo per riti- rarsi dalle montagne, poi me ne tornerò a Sarajevo e le trattative salteranno». E in una intervista incita la Nato ad attaccare non solo le postazioni serbe in Bosnia, ma addirittura a distruggere l'intero arsenale dell'ex Jugoslavia. In pratica, a dichiarare guerra alla Serbia. In questo caos i due media¬ tori internazionali Owen e Stoltenberg hanno imposto un termine alla «guerra delle parole»: entro mezzogiorno di oggi la vicenda del ritiro dalle montagne deve essere risolta. Oppure dichiareranno fallita anche questa tornata di colloqui. L'aspetto più assurdo di tut- ta la vicenda è che, sul campo di battaglia vero, cioè a Sarajevo, i contendenti hanno già raggiunto un accordo. Lo ha detto il portavoce della conferenza di pace, John Mills: «I generali serbo Ratko Mladic, bosniaco Rasim Delie e croato Milivoj Petrovic, assieme al generale belga Francis Briquemont, comandante delle forze Onu in Bosnia, hanno aderito alla parte militare del piano di pace che si trova sul tavolo delle trattative di Ginevra». «E' un accordo militare - ha aggiunto un secondo portavoce, Frewer - che porta al completo ritiro delle forze e delle armi pesanti, definisce le modalità delle verifiche, prevede lo sminamento, il ripristino delle infrastrutture, il controllo dei confini». Tutto ciò, naturalmente, solo nel caso che a Ginevra i leader politici trovino un accordo. Se davvero lo vogliono, [e. st.] Gli Usa minacciano bombardamenti sul monte Igman Sessanta pacifisti arrivano nella città assediata COME SI DISTRUGGE POSTAZIONE ARTIGLIERIA Un soldato punta sull'obiettivo un raggio laser L'obiettivo viene inserito in un "cono laser" Un caccia-bombardiere lancia una bomba intelligente attraverso il "cono laser" La tecnica con cui gli aerei della Nato colpiranno le postazioni serbe intorno a Sarajevo