Armida la vamp hollywoodiana

Pesaro: applausi e dissensi per Ronconi che ha spostato il mito della maga all'epoca delle guerre coloniali Pesaro: applausi e dissensi per Ronconi che ha spostato il mito della maga all'epoca delle guerre coloniali Armida, la vamp hollywoodiana Perfetta nel ruolo il soprano Renée Fleming PESARO, 0 prendere o lasciare: non c'è altra scelta dinanzi al geniale allestimento di «Annida» che Luca Ronconi ha ideato per il Rossini Opera Festival e che il pubblico del Teatro Rossini ha accolto l'altra sera con applausi e dissensi altrettanto decisi. 0 prendere o lasciare perché il regista parte da certe premesse e le porta avanti con implacabile coerenza, chiudendo la porta al sia pur minimo compromesso. Convinzione evidente di Ronconi è che Rossini faccia dello spirito anche in un'opera seria quale è appunto «Armida» e che da un atteggiamento fondamentalmente ironico derivi il suo giocare a rimpiattino col dramma e con i sentimenti, dapprima mettendoli a fuoco per travolgerli continuamente con scherzi strumentali e vocali di ogni genere. Ma non è facile rappresentare visivamente l'ironia con cui Rossini tratta il tassesco mito della maga Armida che, all'epoca delle Crociate, incatena Rinaldo, attraendolo nelle delizie amorose del suo giardino incantato, finché i due commilitoni Ubaldo e Carlo richiamano l'eroe ai suoi doveri militari e la maga, abbandonata, vola via in un carro tra fiamme e demoni. Ronconi ha risolto il problema spostando l'azione all'epoca delle guerre coloniali e trasformando Armida in una biondissima diva in raso nero e guanti da sera che ammalia le truppe come una maggiorata fisica dello schermo, tutta curve, hollywoodiani sorrisi e, na¬ turalmente, strepitose magie vocali. La cosa gli riesce benissimo perché il soprano Rehée Fleming sta al gioco con grande bravura, cogliendo del suo personaggio la tenerezza e la furia, l'effusione del sentimento e l'ebbrezza acrobatica che l'orchestra stimola continuamente con tratti di nervosismo delirante, alternati ad oasi liriche in cui emergono meravigliosi passi solistici. Rossini sposa qui, evidentemente, il gusto francese, connaturato al soggetto di Armida già musicato, tra gli altri, da Lully e da Gluck: tipico, a questo proposito, il balletto del secondo atto che il compositore elettrizza con una fulminante carica ritmica e Ronconi coglie nel suo fondo ironico, trasformando le ninfe che seducono Rinaldo nelle signorine semisvestite di un bordello Anni Trenta; e se l'effetto che esse fanno sul guerriero è quello di un rmcretinimento ipnotico, la parodia di un varietà televisivo ne costituisce l'esatto equivalente, con trovate magiche e spassose: lenti deformanti che alterano le figure, oblò televisivi che si muovono nel buio, riproducendo Armida che gorgheggia al proscemo, apparizioni ironico-inquietanti di diavoli e fantasmi, e così via. Ma tutto lo spettacolo, con le bellissime scene di Francesco Calcagnini, i costumi di Vera Marzot e le coreografie di Leda Lojodice asseconda l'eterna oscillazione rossiniana tra dramma e gioco: con qualche pesantezza nel balletto del secondo atto ma con molto spirito nel primo e nel terzo, dove le scene sono composte da frammenti pietrificati: architetture antichissime, azzurre onde marine, scogli a picco sull'acqua tra cui si muovono i personaggi in vestito coloniale, incrociando spade o moschetti a seconda che lo richieda la funzione ironica del gioco rossiniano. E che dire della trovata di far scambiare le maschere tra Armida e il bieco Idraote, in una evidente allusione all'eterno illusionismo dell'incantesimo? Ronconi tocca qui uno dei suoi momenti migliori. Detto questo, è ovvio che lo spettacolo non avrebbe tanta presa se l'esecuzione diretta da Daniele Gatti alla guida della orchestra del Teatro Comunale di Bologna (efficiente ma un poco imprecisa) non fosse all'altezza delle esigenze poste dalla meravigliosa partitura: i quattro cantanti che attorniano Annida Donald Kaasch (Goffredo), Ildebrando D'Arcangelo (Idraote), Gregory Kunde (Rinaldo) e Jeffrey Francis (Gernando) - e in misura speciale gli ultimi due, affrontano con stile e grande slancio le acrobazie delle loro parti; mentre l'orchestra li incalza con energia costante, sovrapponendo al loro canto i più deliziosi ricami che si possano immaginare, ossia sublimando anche il dramma e il dolore in una bellezza di cui l'arte e la musica italiana hanno posseduto, più di ogni altre, il segreto. Paolo Gallarate Il soprano Renée Fleming (foto grande con Gregory Kunde) trasformata da Ronconi (accanto) in una diva maggiorata stile Anni Trenta

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