Il Duello di Monica

Maffucci, Minoli e Voglino: è stato un errore cacciarlo La Guaritore e Lavia per «Taormina Teatro» Il Duello dì Monica Sarò la bionda Lutgarda TAORMINA. Monica Guerritore è contesa in un «Duello» mortale che rappresenta l'evento di «Taormina Arte teatro». Gabriele Lavia, attore e regista, si è ispirato all'omonimo racconto di Heinrich von Kleist ambientato nella Germania del 1300. Il «Duello» affronta il tema del rapporto fra la giustizia umana, tortuosa, incerta, precaria, e l'altra divina. Nel testo è rappresentata dal «giudizio di Dio»: una battaglia all'ultimo sangue per stabilire con la forza delle armi chi tra i contendenti propugna la verità o la menzogna. Littgarda è la vedova bella e da troppo tempo sola, accusata di lussuria dal cattivo conte Barbarossa (Lavia), mentre il conte Federico la difende perché casta e dunque innocente. Monica Guerritore in attesa del debutto è in lotta con ima stizzosa bronchite. «Credo di dovere passare agli antibiotici con iniezioni». Niente al confronto del «giudizio di Dio». La parte della donna contesa le è congeniale? «Che cosa intende? A quale delle due "presunte" si riferisce? Alla donna pura o all'altra ridondante lussuria?». Dica lei. «Io posso solo descrivere che cosa accade in palcoscenico. Interpreto un personaggio curioso: sono una donna misteriosa, bionda con i capelli lunghi fino alle caviglie. E professo la mia innocenza. I due cavalieri, questa idea d'innocenza se la passano a fil di spada. E' il famigerato "giudizio di Dio" in gran voga nel 1318». E vincerà il buono? «Vince invece il cattivo Gabriele che sembra avere ragione dell'altro perché lo ferisce a morte. Lui subirà soltanto una scalfittura. Ma accade che quella piccola ferita s'infetti e diventi cancrena che in breve gli divora prima un arto poi l'altro, e quindi gli altri due». E Lavia resta senza gambe e senza braccia? «Sì, un troncone d'uomo. Mentre l'altro contendente, che pareva ferito a morte, si riprende. Si capisce così che la giustizia umana che in un primo momento sembrava aver dato ragione al cattivo, viene sconfitta dalla giustizia di Dio che non sbaglia mai». Una storia d'armi e d'eroi, di quelle che suo marito ama molto: duelli, scontri veri. E questa volta resta addirittura amputato. «In quei tempi i cavalieri dovevano difendere la giustizia. Battersi per l'onore dei bambini e delle vedove era un loro dovere. Come dice Gabriele: "Per fare il teatro bisogna essere scomodi"». Se un tale giudizio di Dio avesse luogo ai nostri giorni, lei ne uscirebbe innocente? «Per fortuna non ho mai chiamato in causa Dio. Ma con la stessa accusa, risulterei innocente di sicuro. È in questo caso Gabriele sarebbe l'uomo "buono", colui che si batte per fare valere la mia innocenza». Il messaggio della giustizia divina è attuale. «Bellissimo messaggio, vero? Intuire la Verità al di là di tutte le apparenze. Ma al giorno d'oggi per scoprire la colpevolezza». Anche l'innocenza, no? «Non si deve ascoltare soltanto il grido dell'aquila sui monti ma cogliere il bisbiglio del pesce. Non solo nel clamore ma anche nel sussurro sta la verità». Sembra un volo di parole. Per tornare alle passioni terrene, quando cominceranno le riprese del nuovo film «La lupa» che aveva annunciato? «E' rimandato al 21 di settembre. Solo in quella data arriveranno i soldi e si partirà a giugno del prossimo anno. Ci sono sovvenzioni francesi, tedesche. Speriamo entri nella produzione anche la Rai». Con la carenza d'ossigeno che c'è nel Palazzo? «E perché no? La nuova gestione Rai apre spazi alla cultura che prima restavano inesorabilmente chiusi. Ma lei sa che se avessimo presentato il progetto della "Lupa" tratto dalla novella del Verg3, ci avrebbero riso dietro? Adesso sono sicura di no. Un capolavoro del verismo italiano verrà preso in considerazione». Secondo lei perché alla Rai c'era un tale andazzo? «Io non lo so. So però che se non presentavi progetti "trallallà" non ti sentivano. Erano i soliti Vanzina o Verdone ad essere ascoltati. Oggi ci si rende conto che noi, "esiliati dello spettacolo", abbiamo invece un seguito enorme». Signora Guerritore, com'è la sua vita? «Vivo una vita complicata, ma felice. Adesso ce ne torniamo ad abitare in città. Prima eravamo in campagna. Era stata una scelta demenziale. La campagna non ha più grandi famiglie, genitori, figli e nipoti a mucchi. I bambini adesso in campagna restano soli e invece devono potere giocare con altri bambini. Finalmente a Roma sarà così. Spesso si confonde la libertà con la solitudine». E poi la Rai è più vicina. Conosce il presidente Demattè? «No. Ma metterei la mano sul fuoco che oggi approverebbero "La lupa". Come torno in settembre corro a presentarmi, e a presentargli ufficialmente il mio progetto». Nevio Boni «Voglio portare "La lupa" in Rai sono finiti i tempi deiVanzina» - 'OH .... Monica Guerritore nella versione bionda per «Duello», nuovo lavoro con Gabriele Lavia (qui accanto)

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