Trono di ghiaccio per Margherita

Trono di ghiaccio per Margherita Sulla Punta Gnifetti, a quota 4559, dove cento anni fa si inaugurava il rifugio più alto d'Europa Trono di ghiaccio per Margherita 1893, la sovrana sale sul Rosa. In portantina PUNTA GNIFETTI DAL NOSTRO INVIATO Contenti della salita? Sì, contenti, contentissimi, gli alpinisti ed escursionisti che alla spicciolata si infilano nella Capanna Margherita, ai 4559 metri della Punta Gnifetti, sopra i ghiacciai del Monte Rosa, lasciando fuori ramponi e piccozze e le folate gelide di un vento furibondo. Quello che «mai stato così felice», quello che «madonna, la faticata», quello che «a cinquantanni non pensavo», quello che «per me è la quinta volta». Si spogliano, si rilassano, i vecchi si danno rassicuranti pacche sulle spalle, i giovani schiaffeggiano le mani alla moda degli atleti. Questi si fanno la foto sul ballatoio a picco, quelli si distendono sulle panche con la testa che gli gira. Tutti comunque ce l'hanno fatta a raggiungere la capanna più alta delle montagne europee. |§|||§ Sì, ma cento anni fa... Cento anni fa cosa? 11111 Beh, qui arrivò la regina. «Quale regina?». Margherita di Savoia, consorte di Umberto. Quello che gli sparò l'anarchico, ma successe dopo. Guardano le riproduzioni fotografiche della storica salita, appese alle pareti di legno del rifugio, mentre i giovani del Cai di Varallo che lo gestiscono volontariamente servono le ordinazioni di tè caldo o limonata zuccherata. Una voce: «Ecco perché si chiama Capanna Margherita». Un'altra: «Ma la regina salì a piedi fin quassù?». No, non salì con le sue gambe regali, pure abituate alle gite in montagna: la portarono le guide, su una seggiola infilata in due sbarre. Un escursionista: «Ma pensa ,. tu ai poveracci che la reg- < < „ gevano, valligiani d'una volta, gente dura». La sua signora: «Però coraggiosa anche lei, in bilico su quella sedia. E se cadeva?». Era il 18-19 agosto del 1893. Margherita di Savoia, prima regina d'Italia, aveva allora 41 anni. Da quattro estati passava le vacanze nella Valle di Gressoney. E' la valle dei walser, che si distende ancora intatta, con le antiche case di pietra, da Pont-St-Martin alle pendici del Rosa. La salita alla Punta Gnifetti era stata decisa, in compagnia del barone Luigi de Peccoz, signore della valle, gran cacciatore e amico della regina, per visitare la capanna a lei dedicata, che era stata appena ultimata e che sarebbe stata ufficialmente inaugurata all'inizio di settembre. 1 francesi sul Bianco Bisogna fare mente locale. Pensare al significato nazionalistico ed etico della conquista delle montagne in quell'epoca. Nel 1890 i francesi costruiscono sul Bianco, a quota 4364, la Catane Vallot, tuttora in piedi. La Capanna Margherita rappresentava una sfida e una risposta della neonata nazione italiana: il rifugio e osservatorio più alto di tutto il mondo. Un primato solo temporaneamente battuto dall'Osservatorio Janssen, eretto nello stesso 1893 sulla calotta sommitale del Bianco, contro il parere di Gustave Eiffel, e sommerso dai ghiacci in pochi anni. L'audace progetto era nato in una famosa famiglia di industriali lanieri e appassionati alpinisti: i Sella di Biella. Durante una salita invernale al Monte Rosa nel 1889, l'avevano partorito Corradino, Erminio, Gaudenzio e Vittorio, figlio e nipoti di Quintino Sella, il ministro delle Finanze padre della contestatissima tassa sul macinato, fondatore nel 1863 del nostro Cai, sul modello dell'Alpine Club britannico. La Punta Gnifetti, salita nel 1842 dal parroco di Alagna Giovanni Gnifetti, era stata scelta per la facilità di accesso, lungo i dossi nevosi dei ghiacciai d'Indren e del Lys. Così questa estate si festeggiano i cento anni della Capanna Margherita, anche se la vecchia costruzione, piccola e spartana, a dire il vero non c'è più. E' stata completamente demolita nel 1979, senza troppo rispetto per la storia, per fare posto a un grosso edificio a tre piani, rivestito di rame, ancorato alla roccia con tiranti d'acciaio. E sul francobollo che commemora il centenario è effigiata la nuova costruzione, non quella originaria. Anche a 4559 metri sul mare il turismo di massa fa fuori senza troppi complimenti la storia e la cultura. «In agosto abbiamo una media giornaliera di duecento passaggi e di cinquanta pernottamenti - ci dice infatti Anna Gualdi, del Cai di Varallo, volontaria di turno nella cucina della capanna -. Quest'anno effettivamente sale molta più gente che in passato. Sarà per il centenario». Ma la montagna mantiene la sua severità, nonostante tutto. Siamo saliti il giorno in cui in tutte le chiese della valle era annunciata una messa, su alla capanna, dedicata all'anniversario. Avrebbe dovuto officiare il rito monsignor Bettazzi, vescovo di Ivrea, buon alpinista, ma era bloccato nella ex Jugoslavia, a una marcia della pace per Sarajevo. Lo ha sostituito un sacerdote dell'hinterland milanese, don Giuseppe Alloisio di Cesano Boscone, venuto in gita e pregato dai parroci di prestarsi alla bisogna. Le raffiche di vento gelato hanno impedito la celebrazione nel piazzale all'aperto. La messa del centenario è diventata pionieristica: nel magazzino della capanna, tra pacchi di lattine di Coca-Cola e bombole di gas, con il vino consacrato in un bicchiere di plastica, usa e getta, che sostituiva il calice. Della salita della regina, cent'anni fa, resta una serie di straordinarie fotografie di Vittorio Sella, alpinista, esploratore e soprattutto insuperato fotografo di montagna. Passando per Gressoney-St-Jean una piccola deviazione porta al Castello Savoia, che ospita la mostra «Regina delle Alpi», a cura di Lodovico Sella, presidente della Fondazione Sella, e Pietro Crivellare, alpinista e storico dell'alpinismo. Il titolo allude sia a Margherita di Savoia sia alla sua capanna, ma anche alla «regina» Monte Rosa che la tradizione popò) ti re contrapponeva al «re» Monte Bianco. Ecco sua maestà in posa al Colle del Lys, di profilo contro un crepaccio, gonna lunga e alpcnstock, tra la dama di compagnia, marchesa Paola Pes di Villamarina, e il fido barone de Peccoz, con i baffoni alla Vittorio Emanuele, tutti impettiti, compreso il cane, come richie¬ deva la solennità dell'evento. Invece nella fotografia scattata davanti alla Capanna Margherita, con tutto il seguito, la regina ha l'aria piuttosto affaticata e tiene lo sguardo abbassato per il sole, un grosso parapioggia nella mano destra, un curioso cappellone da cow-boy nella sinistra. La storica comitiva, partita alle 4,30 da quota 3360 - dove la regina aveva dormito, naturalmente sotto la tenda reale era giunta sulla Punta Gnifetti esattamente alle 12. Margherita di Savoia avrebbe pernottato nell'aereo rifugio, per ridiscendere a valle adagiata su una slitta. Dall'anno seguente, sotto la sovrintendenza di Angelo Mosso, medico di Chieri, figlio di un falegname, la capanna ospiterà i Laboratori scientifici Monte Rosa, famosi in tutto il mondo per gli esperimenti sulla fisiologia umana a grandi altezze. Tolstoj e la «servente» L'osservatorio scientifico esiste tuttora e occupa anzi un intero piano dell'attuale costruzione, dove si svolgono quest'anno ricerche dirette dal professor Oswald Oelz dell'Istituto di patofisiologia dell'Università di Zurigo e dal professor Peter Bertsch dell'Istituto di medicina sportiva di Heidelberg. «Stiamo facendo, in particolare, studi sul trattamento del mal di montagna - spiega lo zurighese Marco Maggiolini - basati su medicamenti per stimolare la respirazione che sperimentiamo sulla gente che arriva qui e avverte i disturbi tipici del mal di montagna come emicrania e nausea». Ma la visita alla Capanna Margherita, cent'anni dopo, è soprattutto un viaggio nel passato, tra i tanti personaggi che popolano la storia di questa impresa, giù fino ai visitatori illustri della Valle di Gressoney, effigiati anch'essi nella mostra al Castello Savoia. Come Carducci e Giacosa, come Achille Ratti, poi papa Pio XI, valente alpinista. A Gressoney capitò anche Tolstoj, nel 1857 a 29 anni, ma era interessato a cose più sostanziose delle ascensioni: all'albergo trova «una gigantesca servente», come annota in una pagina di diario. «Le ho dato 5 franchi, ma pare non sia una p...». Alberto Papuzzi |§|||§ 11111 ,. < < „ Ladi La salita della regina immortalata in una straordinaria serie difotografie: eccola in posa al Colle del Lys, poi affaticata in vetta, con un curioso cappello da cow-boy L'audace progetto della Capanna dedicata alla moglie di Umberto I era stato concepito dai figli e dai nipoti di Quintino Sella, industriali lanieri e appassionati alpinisti Ma oggi la vecchia costruzione non c'è più. L'hanno abbattuta nel 79 per fare posto a un edificio più grande: il turismo di massa non ha pietà per la storia Qui a fianco la Capanna Margherita come è oggi: un edificio ancorato alla roccia con tiranti d'acciaio. Sopra la posa delle travi per il basamento (1979). Nelle foto sotto un'altra immagine della Capanna e la cucina del rifugio La regina (con il cappello in mano), accompagnata dal barane de Peccoz e dal suo seguito alla Punta Gnifetti cento anni fa; sullo sfondo la Capanna