Kit Carson la storia dà ragione a Tex
lin gruppo di storici Usa riabilita lo scout che fu accusato d'aver massacrato gli indiani lin gruppo di storici Usa riabilita lo scout che fu accusato d'aver massacrato gli indiani Kit Corsoli, la storia dà ragione a Tex «Era un vero eroe, proprio come quello dei fumetti» Fino a ieri c'erano due Kit Carson, diversi come il giorno e la notte. Il «buono», nato nel 1949 dalla fantasia di Gian Luigi Bonelli e dalla matita di Aurelio Galeppini: la spalla di Tex Willer, l'amico fraterno di Tiger Jack e degli indiani Navajos che dal 1948 dividono vita e avventure con il più noto eroe del western made in Italy. E il «cattivo», quello vero, nato nel 1809 in una casa del Kentucky e subito partito con la famiglia verso il Missouri, alla conquista della Frontiera: un avventuriero senza pietà che nel 1863 non esita a massacrare decine di greggi e a bruciare cinquemila alberi di pesco pur di cacciare i Navajos dal canyon di Chelly, l'ultimo baluardo prima della deportazione in riserva. Per una strana combinazione di quello che i fumettari definirebbero «il destino», i due Carson, quello vero e quello della fantasia, si trovano oggi a cavalcare affiancati. In Italia, gli Oscar Mondadori ripubblicano L'implacabile, una delle avventure di Tex in in cui il rapporto con i Navajos è più struggente: si rivede tra l'altro la drammatica morte di Lilith, la giovane indiana sposa del ranger. Intanto, in America, nasce un movimento di storici revisionisti volto a riabilitare la figura di Carson. Un killer senza pietà? Niente affatto. Uno «scout» coraggioso, che con i Navajos passò in pace gran parte della vita. E che solo allo scoppiare della guerra civile, ormai anziano e controvoglia, fece la sua parte per cacciare gli indiani da Dinhetah, la «terra del Popolo magnifico» che i bianchi avevano ribattezzato New Mexico. Sembra quasi che, per una volta, la storia si impari meglio dai fumetti che dai libri. «Il Carson buono è un'invenzione di mio padre Gian Luigi - sorride Sergio Bonelli, editore di Tex e autore di molte sceneggiature con lo pseudonùno di Guido Nolitta -. Un errore storico che molti lettori ci hanno rinfacciato. Come è andata? Negli Anni Quaranta, quando si lanciava un nuovo personaggio, non si facevano ricerche in biblioteca. Si partiva e basta. E poi la storia del West era ancora avvolta nella leggenda. Kit Carson era un eroe famosissimo. Ce n'era già stata una versione a fumetti, firmata da Rino Albertarelli. E anche lui, profondo conoscitore della storia americana, lo immaginò buonj. Vecchio, pelato, coi baffoni. Ma buono». In America Kit Carson, il cattivo, è una specie di Garibaldi con la colt e gli speroni. La sua casa di Taos, nel New Mexico, è meta di centinaia di visitatori, che pagano sei dollari per dare un'occhiata al letto dell'eroe. «Una volta ci portai anche mio padre - ricorda Bonelli -. Ci rimase male: il suo Carson è un omone alto e robusto, quello vero un mingherlino che dormiva in un letto piccolissimo...». La «riabilitazione» storica di Carson non avrà ripercussioni sul fumetto più amato dagli italiani. La tentazione del «noi l'avevamo detto» è forte, ma Bonelli e Claudio Nizzi, l'autore che da alcuni anni scrive le avventure di Tex, preferiscono starne lontani. «La realtà storica è pericolosa - spiega Bonelli -. Condiziona troppo l'avventura. E poi i nostri lettori sono implacabili: le rare volte in cui citiamo fatti o persone reali c'è sempre qualcuno pronto a contestarci». Sul «nuovo» Kit Carson, d'altra parte, è piena battaglia. A un convegno organizzato a Taos, oltre 120 cowboy hanno preso parte alle lezioni di professori universitari che per sette ore hanno attaccato con durezza tutti coloro che hanno gettato ombre sulle virtù di Kit. «Le critiche a Carson sono fighe del '68 - dice Marc Simmons, autore di 25 libri sulla storia del West -. Molti storici politicizzati hanno trasferito le loro teorie sul movimento per i diritti civili e la guerra in Vietnam alle vicende del Vecchio West. Con ri¬ sultati devastanti». Molti, però, non ne vogliono sapere. Il seminario di Taos è stato disertato dai più noti docenti di storia americana, che pure erano stati regolarmente invitati. Eva Little, una giornalista di origine Navajo che ha «coperto» la conferenza per una rete televisiva, ha protestato duramente: «La storia americana si basa soltanto sui documenti scritti, che sono tutti dalla parte dei bianchi. Gli strumenti della tradizione orale non valgono nul¬ la. Contano solo i mezzi dei bianchi. Volete sapere come ragionano i signori di Taos? Dicono: nessun indiano ha mai scritto libri sulle stragi, nessun indiano ha mai telefonato sulle stragi, nessun indiano ha mai mandato un fax sulle stragi. Dunque le stragi non sono mai esistite. Carson amico degli indiani? E' una tesi che va bene per un racconto a fumetti». Appunto. Guido Ti berga Una striscia di «Tex», il fumetto che ha conquistato generazioni di giovani lettori e che continua a riscuotere successi. A destra, il Kit Carson immaginato dal disegnatore Aurelio Galeppini
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