Per la piccola Irma un pianto di felicità di Foto Ansa

A Londra il padre sotto choc ripete: «Gra2ie». Nella capitale bosniaca altri 41 casi disperati A Londra il padre sotto choc ripete: «Gra2ie». Nella capitale bosniaca altri 41 casi disperati Per la piccola Irma un pianto di felicità II chirurgo la strappa alla morte LONDRA NOSTRO SERVIZIO Irma ha aperto gli occhi. Ma ha la meningite, una brutta ferita alla spina dorsale e all'addome e soprattutto non è ancora scampata al pericolo di infezioni fatali. Mosso tutto d'un tratto a compassione, il mondo tiene gli occhi puntati sull'ospedale londinese di Great Ormond Street, dove la bambina di Sarajevo sottratta a morte sicura da un Hercules della Raf combatte per sopravvivere. E intanto ieri è stato rivelato che altri 41 piccoli pazienti sono ricoverati in condizioni disperate, com'era Irma, nella capitale bosniaca, e possono essere salvati solo se vengono portati all'estero. «E' una piccola donna coraggiosa», ci ha detto ieri mattina Tony McDermatt, il dottore che lunedì è partito da Gatwick con l'aereo militare per andare a prelevare Irma a Sarajevo. Ieri mattina la piccola donna è rimasta tre ore sotto i ferri: le hanno estratto una scheggia dalla schiena, pulito la ferita dai frammenti e infilato un tubo nella testa per drenare il liquido cerebro-spinale. La sorte di Irma, straziata dal mortaio che dieci giorni fa ha ucciso la sua mamma, è nelle mani degli specialisti inglesi. «Le mani migliori del mondo ha precisato McDermatt -. La bambina non si rende ancora bene conto di quello che le sta succedendo, ma è psicologicamente traumatizzata. I prossimi due giorni saranno cruciali». Ma qual è la prognosi? «Non è un caso senza speranza. Alcuni dei suoi problemi stanno cominciando a risolversi. Per esempio, credevamo che alcune schegge le avessero perforato il cranio, mentre con la Tac ci siamo accorti che non è così». E conclude: «Se ce la farà, potrà comunque avere problemi a camminare. Mi sembra che anche suo padre abbia bisogno di cure. Ho tentato di parlargli con un interprete, ma è ancora completamente sotto choc e mi ha detto soltanto due parole». Ramiz Hadzimuratovic, operaio, 36 anni, ha accompagnato Irma in questo viaggio alla ricerca della salvezza. Si è portato dietro tutto quello che resta della sua famiglia: la figlia minore Medina, tre anni. Di lui si sa soltanto che «ha pianto di felicità quando ha visto Irma dormire dopo l'operazione»: lo ha detto Mamon Nahas, direttore del Bosnia Information Centre londinese. L'unica parola che ripete a tutti, in reparto, è: «Grazie». «Il padre di Irma è come trasognato, non si stacca mai dal letto della bambina», ha spiegato la dottoressa Alma Sarajlic, membro dell'Associazione donne bosniache, ai cronisti che attendevano notizie davanti all'ingresso dell'ospedale. Verso l'una di ieri è riuscito finalmente a prendere sonno, ma ha dormito soltanto per un paio d'ore. Non se la sente di parlare con nessuno. Il neurologo che ha in cura la piccola è uscito un paio di volte dall'ospedale per comunicare gli ultimi aggiornamenti del quadro clinico. «Le condizioni sono stabili, ma restano critiche - ha detto -. Ci vorranno molte settimane prima di avere un risultato neurologico definitivo». La pediatra Cathy Wilkinson, la prima ad aver visitato Irma a Great Ormond Street, ha precisato: «Non ha ancora ripreso conoscenza. Stanotte resterà sotto il ventilatore, domattina sarà riportata in sala operatoria per un controllo delle ferite». A fine giornata circolava la voce che la piccola è destinata comunque a restare con una deformazione ai piedi. L'accettazione dell'ospedale ha fatto fatica a contenere i mazzi di fiori, gli orsacchiotti e i dolciumi giunti da tutte le parti dell'Inghilterra. La sorellina di Irma non sopporta più il gusto dello zucchero. Quando ha ricevuto un pezzo di pane e burro, ha chiesto: «Che cos'è?». «Il padre, Ramiz, non riusciva a credere di poter mangiare un piatto di patate, fagioli e carote - ha ag¬ giunto Mamon Nahas -. Non vedeva cibo decente da mesi». Irma è sulla buona strada per farcela. «Ma che ne sarà di tutti gli altri bambini come lei? - ha soggiunto la dottoressa Sarajic -. A Sarajevo ne muoiono tre al giorno. Che ironia, portarne via solo uno dalla nostra città». Il governo irlandese ha rac¬ colto l'appello e ha offerto la possibilità di curare in particolare cinque bambini bosniaci con problemi agli occhi. Pagherà le spese necessarie per il trasferimento dei piccoli e delle loro famiglie. «Siamo un piccolo Paese - ha detto a Dublino il ministro di Stato Tom Kitt - ma vogliamo fare anche noi la nostra parte». Anche l'Inghilterra ha ventilato la possibilità di aiutare altri feriti: «Stiamo considerando la possibilità di sgomberare alcune vittime bisognose di cure», ha detto un portavoce del Foreign Office. In serata l'ospedale massonico ha confermato di aver messo a disposizione dieci letti per i bambini che hanno subito l'amputazione di gambe e braccia. Messo alle corde durante un'intervista alla Bbc, Major si è difeso: «Non siamo intervenuti soltanto quando abbiamo visto le fotografie di Irma sui giornali. La Gran Bretagna è stata la prima a fornire aiuti umanitari». Da Sarajevo Edo Jagajac, il chirurgo che ha fatto l'impossibile per Irma, l'ha ringraziato «per il bel gesto», ma ha aggiunto: «Irma è stata uccisa senza successo dalle truppe serbe e uccisa quasi con successo dalle Nazioni Unite». Maria Chiara Bonazzi La sorellina assaggia del burro e chiede «cos'è?» A destra, Irma in ospedale a Londra Qui accanto la sorellina [foto ansa]

Persone citate: Alma Sarajlic, Cathy Wilkinson, Mamon Nahas, Maria Chiara Bonazzi, Nahas, Ormond, Raf, Ramiz Hadzimuratovic, Tom Kitt

Luoghi citati: Dublino, Gran Bretagna, Inghilterra, Londra, Sarajevo