Ferruzzi i buchi non finiscono mai di Zeni

Il presidente Rossi scopre nuovi ammanchi. Il valore delle azioni scende da 1000 a 5 lire l'uria Il presidente Rossi scopre nuovi ammanchi. Il valore delle azioni scende da 1000 a 5 lire l'uria Ferrimi, i buchi non finiscono mai In fumo altri 640 miliardi, polverizzato il capitale MILANO. No, questa volta nemmeno i più smaliziati tra gli uomini della Borsa, quelli che in una vita a piazza Affari ne hanno viste di cotte e di crude, hanno nascosto il loro stupore. «Cosa, un altro buco da 644 miliardi?». Impossibile, rimbalza come un fulmine a ciel sereno la conferma delle nuove, immense perdite scoperte nell'universo Ferfin dagli investigatori della Deloitte and Touche. E lascia tutti di stucco l'altra notizia choc: di fronte alla perdita-record della Ferfin che dai precedenti 491,6 esplode a 1165 miliardi, il consiglio d'amministrazione presieduto da Guido Rossi ha deciso di abbattere il capitale come mai prima nessuno aveva fatto, da mille lire di nominale a 5 lire per ogni azione. Un disastro per i 50 mila piccoli azionisti della Ferruzzi che si trovano con un pugno di mosche in mano e che chissà con quale stato d'animo potranno rispondere positivamente - il prossimo 31 agosto - alla richiesta di nuovi quattrini che il vertice è costretto a fare per ricostituire il capitale. Un disastro per gli azionisti di maggioranza. Per i Ferruzzi, gli ex padroni che con la loro Serafino Ferruzzi srl controllavano il 44,9% di Ferfin, se non è il crack poco ci manca: di fatto la svalutazione del valore nominale azzera il patrimonio della cassaforte costituito per quasi 1800 miliardi dalla quota in Ferfin. Ma anche per gli altri azionisti di rilievo, per la Sai, le Generali, Mediobanca, il salasso è fortissimo: un esempio per tutti, nell'ultimo bilancio Mediobanca risultava avere in carico il suo 3,5% di Ferfin a un valore di 123 miliardi che vale adesso sì e no un paio di miliardi. No, nessuno se l'aspettava, un altro giallo simile dopo i «buchi» già emersi a fine maggio, i 320 miliardi di crediti inesigibili individuati nella Montedison International, subito dopo l'improvvisa resa dei Ferruzzi alle banche creditrici, dopo il cambio della guardia al vertice: via i Fer¬ ruzzi, via Attuto e Carlo Sama, presidenza a Rossi e bastone da amministratore delegato a Enrico Bondi. Qualcuno aveva fiutato nuove clamorose scoperte nell'indagine dei revisori della Deloitte, ma la realtà, va detto, ha superato ogni aspettativa. Hanno lavorato bene, i segugi della Deloitte sguinzagliati da Guido Rossi per capire, chiarire, spiegare. E di scoperte sgradevoli, purtroppo per i 50 mila azionisti Ferfin, ne hanno fatte parecchie. Come è nato il nuovo buco da 644 miliardi che porta il rosso del gruppo sopra i 1165 miliardi? Ecco, in sintesi, la ragnatela. Si comincia dall'Alfa holding, centrale operativa nel trading cerealicolo di Ferruzzi: qui i revisori scoprono che c'è da svalutare il patrimonio della controllata Alca per 246 miliardi. Mentre sempre l'Aifa vanta crediti inesigibili per 84 miliardi che nascono dalla cessione della società conserviera brasiliana Memphis alla società lussemburghese Lei: cessione avvenuta in cambio di un pagamento (in 4 rate) mai avvenuto. Poi ci sono 165 miliardi di perdite sui cambi a carico della Ferruzzi Trading International: perdita che nasce da un utile di 103 miliardi (per contratti a termine in valuta) che non è possibile incassare perché, scrive Rossi agli azionisti, «detto utile è stato depositato presso l'American Express su un conto corrente ordinario vincolato a favore di un beneficiario che è stato impossibile individuare». Mistero. Crediti inesigibili sono aneli e i 24 miliardi della Ferruzzi Trading International verso l'argentina High Peaks e i 10 verso la Gadfos egiziana, società misteriose, sconosciute anche in patria. Poi ci sono perdite scoperte nella Ferruzzi Italia spa: bazzecole, d'accordo, 8,5 miliardi di interest rate swaps, 6,7 miliardi per mancato adeguamento del valore patrimoniale di alcune controllate. In più, la pignoleria di Rossi ha imposto un altro sacrificio: togliere dai preventivi di bilancio '93 di Montedison i 242 miliardi incassabili nei prossimi tre anni dal gruppo per le royalties sui medicinali della Erbamont venduta agli svedesi della Kabi. Venuti meno questi 242 miliardi a Montedison (che oggi tiene il suo consiglio d'amministrazione per dare il via a un'azione di respon¬ sabilità contro gli ex amministratori), la perdita della capogruppo Ferfin si è aggravata di altri 79 miliardi. E così, ecco spiegati i nuovi 644,4 miliardi di buco. Peggio di un gniviera. «E' emersa, speriamo del tutto, la ra- gnatela segreta che stava sotto i conti ufficiali, una ragnatela che doveva coprire di tutto: perdite da non rilevare, contabihtà in nero, tangenti, fondi a disposizione degli azionisti, di tutto, di tutto», è l'ammissione (anonima) di uno dei protagonisti dell'operazione salvataggio del gruppo. ((Altro che pioggia di stelle, in questo giorno di San Lorenzo è caduto un meteorite grande come quello che ha ucciso tutti i dinosauri». La battuta, coniata lì per lì dagli uomini della Borsa, rende poco e male l'emozione nella semideserta city finanziaria milanese per quanto successo nel drammatico consiglio della Ferruzzi finanziaria. Ieri, aspettando dati certi sulle nuove perdite, la Consob aveva imposto la sospensione in Borsa dei titoli Ferfin e Montedison in attesa di notizie, di chiarimenti: oggi, alla riapertura dei mercati, se la sospensione non continuerà, che succederà? Armando Zeni Un vero disastro peri 50 mila risparmiatori Ciclone in Borsa Carlo Sama, ex amministratore delegato della Ferfin

Persone citate: Carlo Sama, Enrico Bondi, Ferruzzi, Guido Rossi, Rossi, Serafino Ferruzzi, Venuti

Luoghi citati: Italia, Milano