Addio a Libertini tra lacrime e pugni chiusi di Maria Grazia BruzzoneLucio Libertini
Ieri l'ultimo saluto in piazza del Panthepn al leader irriducibile di Rifondazione comunista 1 Ieri l'ultimo saluto in piazza del Panthepn al leader irriducibile di Rifondazione comunista Addio a Libertini, tra lacrime e pugni chiusi Presenti anche Scalfaro, Spadolini, Ciampi, Conso Cossutta: «Rivoluzionario, non ideologo da solotto» ROMA. Lacrime fra le bandiere rosse, ai funerali di Lucio Libertini in piazza del Pantheon. Si commuovono i comunisti tutti d'un pezzo Garavini e Cossutta, nell'ultimo addio al compagno di lotta, alleato e avversario. Sotto il palco con Spadolini e Conso, col capogruppo leghista Speroni e i pidiessini Chiarante e Petruccioli, con gli ex psi Ruffolo e Formica e gli ex de Radi e De Matteo, il retino Galasso e il sindacalista Bertinotti, ci sono anche Curzi e1 Funari. Pugni chiusi e molti applausi da parte del centinaio di militanti assiepati sotto il sole a picco davanti all'ex mausoleo di Marco Vipsanio Agrippa, tomba dei re Savoia. E lacrime di massa mentre l'Internazionale chiude la semplice cerimonia. Con Libertini se ne va un pezzo di storia della sinistra. In mattinata, a salutare il senatore nella camera ardente allestita a Palazzo Madama era venuto Scalfaro, che aveva scambiato qualche parola con la moglie e la figlia. Poi erano arrivati il presidente del Consi¬ glio Ciampi e il ministro della Giustizia Conso. Poi la folla di amici e conoscenti si era sciolta e un piccolo corteo si era mosso verso il Pantheon, dove era stato allestito un palchetto di legno. Fra molti drappi rossi e corone di fiori, una grandissima inviata dal Presidente della Repubblica, sorretta da due imponenti corazzieri. Parla per primo Marco Rizzo, della federazione di Rifondazione comunista di Torino. Subito dopo Bertinotti, l'eretico della Cgil. Che usa parole calde e dirette, si rivolge a Libertini con un «Caro Lucio», lo ringrazia («Ora che si vuol ridurre la politica a tecnica di governo, tu l'hai sempre voluta vedere come politica delle masse»), ne ricorda il passato di ideologo e leader «rivoluzionario». Magri, Castellina, Lucio Manisco, Cossutta e Garavini ascoltano assorti. Ma quando il sindacalista saluta ancora Lucio «amico e compagno» e, commosso, aggiunge: «Come nei funerali popolari voglio gettare un pugno di terra sulla tua bara perché la terra ti sia più lieve, questa terra sulla quale hai combattuto», Garavini guarda in alto. Il compagno di tante battaglie dimentica l'avversario che lo ha cacciato dalla segreteria e frena a stento le lacrime. Poi interviene il pittore Ennio Calabria. Chiarante porta il saluto del pds. E Gianfranco Funari, che invitava sempre il senatore scomodo a «Zona franca», strappa molti applausi ricordando che Libertini «era uno che diceva sempre la verità e spiegava tutto con grande semplicità. Aveva solo un difetto: voleva parlare solo dei lavoratori. Un chiodo fisso». Poi ec- co subito Cossutta. Che si commuove da solo mentre lo ricorda «rivoluzionario libertario», «non filologo da salotto ma combattente politico di massa». E, se Bertinotti aveva rintuzzato chi lo definiva «globetrotter» per aver cambiato molte volte partito, Cossutta lo difende dall'accusa di «essere sempre in primo piano, sempre protagonista, spesso caustico»: «Una ricerca di contatto con l'opinione pubblica che, nella censura che c'è nei nostri confronti, è direttamente politica. E ha fatto capire meglio chi siamo». Applausi. Suona l'Internazionale, i pugni si alzano. E le lacrime afflo rano sui visi dei militanti col fazzoletto rosso al collo come si usava una volta alle manifesta zioni del pei. Davanti agli stri scioni l'immagine del senatore con la scritta: «Il suo nome è legato alle battaglie politiche e sociali di questo mezzo secolo per l'emancipazione delle classi lavoratrici». Maria Grazia Bruzzone I compagni di partito al passaggio del feretro di Lucio Libertini
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