Balthus le bimbe crescono

I lavori dell'infanzia: la storia del gatto Mitsou, scoperta e pubblicata dal «patrigno» Rainer M. Rilke Losanna, adolescenza e destino secondo il maestro polacco Balthus, le bimbe crescono «Ora finirò il ritratto di Fellini» 1LOSANNA gatti sono gatti, e basta», scriveva Rilke. Ma a volte la loro presenza semssjhra un punto interrogativo. Come nei quadri del pittore Balthazar Klossowski de Rola, detto Balthus, dove compaiono ogni tanto ad accentuare l'aria di mistero. Perché lì la vena sotterranea è l'enigma, l'attesa, il sonno che aspetta il risveglio, il significato che sta dietro le cose ed è sul punto di rivelarsi (ma si rivelerà?). Un mondo espresso senza astrazione, surrealismo o concettualismo, ma nel linguaggio classico delle figure, appreso da Poussin o da Piero della Francesca, attraversato da un brivido moderno e da una visione intima. Oltre l'onda degli ismi, Balthus resta un solitario. Lo conferma la mostra al Musée Cantonal des Beaux Arts di Losanna (aperta tutti i giorni fino al 29 agosto) che riunisce una cinquantina di dipinti e altrettanti acquarelli e disegni. All'origine doveva limitarsi alle opere eseguite in Svizzera poi è cresciuta con preziosi prestiti fino a diventare una retrospettiva. Occasione importante, l'incontro con i momenti-chiave del pittore. Balthus, francese di origine polacca, 85 anni, vive in un grande chalet tra i pini a Rossinière, nel cantone di Vaud, con la moglie giapponese Setsuko. Un influsso orientale si mescola in lui alle lezioni di Piero, Cézanne e Courbet. Lavora ancora assiduamente (l'ultimo quadro in mostra, Le Chat au miroirin, ragazza con specchio e gatto, è di questa primavera), nello studio ha appeso, come nume tutelare, una fotografìa di Alberto Giacometti, compagno di passioni e discussioni. Ha trascorso fecondi periodi a Parigi, a Champrovent in Savoia, a Berna e Ginevra, ma ha anche diretto a Roma per oltre quindici anni, dal 1961 al 1977, l'Accademia di Francia a Villa Medici. Sembrava che volesse stabilirsi a Montecalvello, presso Viterbo, in quel paesaggio (evocato qui in un olio dai toni beige, ocra e lilla, Paysage de Montecalvello, 1979) aveva restaurato e arredato un vecchio maniero, poi ha preferito l'aria delle montagne svizzere. Dell'Italia gli sono rimaste profonde amicizie come quella con Federico Fellini di cui ha intrapreso un ritratto che spera di finire presto in presenza del modello. I legami con la Svizzera affondano nell'infanzia, quando andava in vacanza a Beatenberg, nella regione del lago di Thoune. Alcuni disegni in mostra rivelano la vocazione precoce e un intreccio di destini. Sono le immagini di Mitsou, storia di un gatto raccontata dal ragazzino appena undicenne. L'album forse sarebbe rimasto per sempre in un cassetto se non avesse trovato un estimatore d'eccezione, Rainer Maria Rilke, che lo fece pubblicare scrivendone la prefazione. Il poeta viveva allora una «legende d'amour» con la madre di Balthus, Baladine Klossowska, che lui chiamava Merline («Ne laisse jamais vides mes bras, Merline, ils s'ouvrent a toi plus qu'à la vie mème»). C'è una fotografia, nel catalogo edito da Skira, che li raffigura tutti e tre nei boschi di Beatenberg nel 1922: Rilke con cappello, cravatta e ghette, Baladine sorridente, il quattordicenne Balthus assorto, lo sguardo rivolto in basso. Il poeta credeva già in lui e poco più tardi scriverà: «E' un vero artista, un pittore con un dono e forse del genio». La rassegna ne testimonia il cammino. Dopo un'esperienza impressionista [Enfants jouant dans le Jardin du Luxembourg, 1928) ecco l'impennata con il celebre quadro del 1933, La Rite. Scena ipnotica, la strada è illuminata da una luce gialloocra quasi irreale, con personaggi colti in gesti diversi: l'adolescente che trattiene una ragazzina, la bimba che gioca alla palla, la domestica con il bebé in braccio, l'operaio che attraversa con una trave in spalla. C'è la fissità improvvisa di una moviola che si arresta, il mistero che ogni attimo può contenere (che cosa accadrà dopo?). La composizione ha un'armonia studiata, volumi e colori si legano, ma i personaggi non si guardano come se il destino di ognuno andasse per suo conto. Jean Starobinski sostiene che nei quadri di Balthus accade sempre qualcosa. E qui? «Un incontro decisivo con l'Estraneità» ha scritto. I paesaggi sono avvolti spesso da un'atmosfera visionaria, soggettiva, dove forse si stratificano ricordi e riflessioni. Ne La Montagne (1937), altro clou dell'esposizione, l'imponente scenario è rivissuto attraverso le figure che stanno in primo piano come la ragazza che si stira allungando le braccia al cielo accanto alla compagna che dorme mentre Le Gottéron (1943) è una parete rocciosa, un impa- sto di verdi e gialli che ingoia la minuscola figura umana. Ci sono ritratti che hanno la presenza ipcrreale delle icone, quindi si affacciano le prime bambine, o ragazzine sulla soglia dell'adolescenza (Le beaux jours, 1946), che diventeranno un tema consueto. Figure che dormono, leggono, si specchiano in un'indolenza che sembra il presagio di diventare donna. Poi diventano nudi sdraiati (Nu assoupi, 1963), in posizione di abbandono o colti dal sonno. Una raffinata sinfonia cromatica, momenti di stupore sospesi fra innocenza e sensualità. Il mistero per Balthus è carnale. Resta legato ai corpi e alla luce {Lepeintreetsonmodèle, 1981) che li illumina. Ernesto Gagliano I lavori dell'infanzia: la storia del gatto Mitsou, scoperta e pubblicata dal «patrigno» Rainer M. Rilke Due opere di Balthus esposte a Losanna. A sinistra «Ritratto della baronessa Alain de Rothschild» (1958). Sopra «La Strada» (olio su tela, 1929)