Salvate dal luna park la Madonna del Parto

Quale destino per Piero della Francesca Quale destino per Piero della Francesca Salvate dal luna park la Madonna del Parto L MONTERCHI O aveva già osservato sul finire degli Anni 70 Umberto Baldini: «Così com'è ormai ridotto non è Piero della Francesca: «La Madonna del Parto» che un grosso frammento: sublime, eccezionale per quel che vale ma irrimemabiimente tradito». Infelice il destino nomade e ramingo del capolavoro di Piero della Francesca, quella Madonna del Parto, continuamente rimossa dalla sua magica sistemazione nella chiesina del Cimitero di Monterchi e perennemente restaurata, nell'illusione di ritrovare una perfezione archetipica, che comunque traspare ancora dal frammento d'affresco. Certo, per portare a termine il fedele restauro, a cura di Guido Botticelli, cui ultimamente la Madonna è stata sottoposta, era necessario trasferirla nella ex scuola elementare di Monterchi, dove giace intubata in un'asettica e perfetta camera iperbarica, un acquario di luce da clinica, che la rende se possibile ancora più linda e intangibile, ma come defoliata dalla sua remota magia campagnola. Certo, era necessario: ma già s'indovinano indizi allarmanti. Il solito temibile assessore, o chissà quale munifico rappresentante delle locali Sovrintendenze, pare abbia manifestato l'intenzione-minaccia di sottrarre per sempre l'opera alla piccola chiesa e costruirvi intorno un inutile museo che snaturerebbe definitivamente l'aura dell'affresco di Piero. Nato per quella chiesa e già fin troppo disturbato in questi secoli di guerre, terremoti, strappi e scippi. Si teme, invece, per certe tracce qui e là disseminata, che già inquietano: per esempio quell'inutile chiesina ricostruita in gesso che accoglie all'arrivo di Monterchi, e che pare assai più una latrinetta di lusso, da cui dovrebbero sortire informazioni turistiche e che sembra invece alludere a una più nuova sistemazione disneylandiana del capolavoro. Quando poi non poco del fascino della Madonna del Parto consisteva proprio in quel viaggio iniziatico, quasi di pellegrinaggio, alla difficoltosa ricerca della cimiteriale chiesina sperduta nel verde, in quel gesto di scoperta e svelamento, in quel miracolo di agnizione dei colori, venendo dalla monocromia arsa della terra di Siena, che fa parte ormai intrinseca e inalienabile delle velature dell'affresco. Oggi, perfetto nella sua definizione matematico-lirica di un dodecaedro inserito nel «ventre» cosmico della tenda-tabernacolo, il gesto insieme colloquiale e ieratico della Madonna, che porta la mano grave e gravida come a accarezzare e proteggere e insieme disvelare il frutto divino che la veste azzurra cinge come di un'arca celeste, ora quel gesto intimo e un poco ritroso rischia di mancare la sua magica e serafica efficacia comunicativa: proprio grazie a questo eccesso di efficienza e pulizia scientifica. Vien meno, insomma, quello sporgersi sorpreso e comprensivo della Madre di tutti i Peccatori, scompare improvvisamente quel farsi incontro, medianico, della Madonna sulla soglia della luce, che faceva fantasticare Longhi di «una giovane montanina che venga alla porta della carbonaia». L'ostensione così clinicamente depurata dell'affresco, comunque, qui alla Scuola di Monterchi (Catalogo Marsilio), è affiancata da una piccola ma ragionata mostra di alcune opere trecentesche e prerinascimentali che dimostrano come il tema della Madonna del Parto non fosse un'invenzione assoluta di Piero, che anzi riprese una tradizione molto cara al gusto tosco-adriatico, soltanto raggiungendo, nel suo genio assoluto, un equilibrio diffìcile poi da proseguire. Anche perché certo il Concilio di Trento non poteva troppo amare quest'iconografìa popolare, la quale sottolineava il realistico curvarsi del ventre della Madonna, preferendovi decisamente l'immagine più astratta delYImmacolata Concezione, con la donna descritta dall'Apocalisse, vestita di luce, isolata nel cielo notturno, sopra la falce di luna. Il miracolo di Piero è proprio quello di non sottrarre nulla all'immagine naturalistica della maternità (il gesto delle mani, il piegare quasi buddista dello sguardo, che si fonde, quasi s'acceca - in un'apoteosi della modestia, consapevole del miracolo umano e divino che porta con sé) pur senza omaggiare i vistosi diritti della tradizione simbolica. Per esempio, l'alto cordone che cingeva il seno alludendo tacitamente alle curve invisibili della gravidanza, e che qui è sostituito mvece da un ben più umano corpetto che si schiude rivelando il bianco tepore di bucato della promessa celeste. Oppure la figura scomparsa del Libro, che deve rivelare la presenza in absentìa del Cristo, Verbo Incarnato. Se nella tradizione trecentesca toscana la Madonna del Parto privilegiava una figura frontale, le mani aperte a benedire, gli occhi fissi dentro lo spettatore, per un attimo distraendo lo sguardo dal Sacro Libro, con Piero la sua serafica madre ruota di tre quarti, come a meglio sottolineare le carnali pieghe dell'incipiente maternità. Lo sguardo fugge, in quel vuoto mistico soffuso di pudore: così sono i due Angeli, perfettamente simmetrici anche nei colori scambiati a rubare alla Madonna questo dovere contadino della buona ospitalità, e schiudono col loro gesto gentile e geometricamente perfetto il miracolo di questa apparizione assolutamente divina. Marco Valloni Dopo il restauro arrivano i rischi: una chiesetta di gesso per il capolavoro Piero della Francesca: «La Madonna del Parto»

Persone citate: Guido Botticelli, Longhi, Piero Della Francesca, Umberto Baldini

Luoghi citati: Monterchi, Siena, Trento